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Costume e SocietàLetteratura

La vedova d’oltreoceano e la visita di Don Ferrante

Il Cartomante di Torre Normanna VI

Di Bruno Siciliano

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Scorri in fondo all’articolo per ascoltare questo capitolo del romanzo letto dalla viva voce di Bruno Siciliano!

L’appuntato Cristina Del Buono era veramente una bella ragazza e la divisa non riusciva a nascondere completamente le sue forme aggraziate né l’aria civettuola e il suo carattere ribelle, sottolineato da un ciuffo di suoi capelli perennemente fuori dal berretto d’ordinanza.
Ultima di quattro fratelli era la figlia del colonnello Del Buono, ex comandante del reparto provinciale dei Carabinieri di Catania, e mentre gli altri figli del colonnello avevano preferito prendere la strada chi della magistratura e chi del commercio, lei aveva voluto seguire le orme del padre. Era stata assegnata a quella caserma dopo le note vicende occorse all’appuntato Garimberti, in sua sostituzione col grado di appuntato. Stracuzza era stato felice di quell’assegnazione un po’ per la perizia e l’acume che la ragazza aveva da subito dimostrato un po’ perché era convinto che un tocco di femminilità avrebbe fatto solo del bene alla stazione.
L’unica persona al mondo che non aveva visto di buon occhio l’arrivo di Cristina era, naturalmente, Giulia, la cui gelosia la portava sovente in caserma negli orari più impensati con la paura di sorprendere il suo bel maresciallo chissà in quali equivoci atteggiamenti con la bella militare.
Non erano ancora le otto e la piazza era ancora sonnecchiante. Giusto qualche turista mattiniero saliva sulla propria auto carica di ombrelloni, paperelle e famigliari per scendere giù al mare. Per il resto la piazza era ancora semi deserta e Cristina, in abiti civili, era seduta quasi appartata a un tavolo del bar di Peppe in quella piazza che in ogni stagione era il salotto della cittadina.
«Cosa vi porto signorina? Ehm, scusatemi, appuntato.»
«No, Peppe, signorina va benissimo, non ti formalizzare. Mi porti una mezza di caffè con panna e una brioches?»
«Subito, signorina.»
Peppe ritornò al bar per dedicarsi all’ordinazione e Cristina prese dalla sua borsetta il cellulare.
Chiunque passasse in quel momento avrebbe visto una bella ragazza sola che parlava al telefono. Nessuno, infatti, si sarebbe sognato che quella ragazzina seduta al bar portava nella borsetta una Beretta Pico da otto colpi e fosse un appuntato dei carabinieri con una gran voglia di fare carriera e un gran dolore nel cuore.
Era bellissima, Cristina, quella mattina, con il suo ricciolo ribelle color nero corvino che le scivolava sempre sul volto mentre un raggio di sole giocava tra la sua fronte e il cellulare.
«Pronto, Giovannino? Ma stavi ancora dormendo?»
«Ce l’hai un’altra domanda meno stupida?»
Rispose una voce che sembrava venisse dall’oltretomba.
«Scusami, ma a che ora sei andato a letto?»
«Alle sei e mezzo» rispose Giovannino.
«Beh, scusami ancora, ti telefono nel pomeriggio.»
Giovannino non udì le ultime parole dell’appuntato perché aveva già chiuso la comunicazione per riprendere il suo sonno interrotto e Cristina cominciò a gustare la granita con la panna inzuppando la brioches nel capiente bicchiere che la conteneva.
“Sinorina, permettete che mi sieda al vostro tavolo? Sono arrivata da qualche giorno  dagli Stati Uniti e non conosco nessuno. Siete una girl really good and very, very beautiful
«Prego, si accomodi signora, è un piacere per me… ma non si fidi mai delle apparenze!»
«Perché, you non a good girl
«Sì, non dico questo, ma le poteva capitare anche una ragazza con una pistola nella borsetta, per esempio…» Rispose Cristina sorridendo.
«No, signorina, si vede che siete una brava ragazza e mi fa piacere fare colazione con voi, questa mattina, cosa essere che state mangiando?»
«È una mezza granita di caffè con panna e una brioches calda calda appena sfornata, che fa un ottimo contrasto con il freddo della granita. La prenda anche lei.»
«Perché prendete mezza, you non hai dollari?»
«No, è solo che per fare colazione ne basta mezza» rispose Cristina sorridendo.
Convinta da Cristina, l’anziana turista seguì il consiglio della ragazza e, dopo non molto, Peppe arrivò col vassoio recante la colazione della turista.


Edil Merici

Era un’anziana signora ultrasettantenne vestita in evidente stile d’oltreoceano, con una leggera camicetta fantasia che faceva a pugni con la gonna anch’essa troppo colorata. Uno sgargiante foulard le adornava il collo, sottolineando la sua sfiorita bellezza. Sotto il braccio aveva delle riviste di gossip e una di archeologia che poggiò sulla sedia libera accanto a Cristina.
Un po’ per deformazione professionale, un po’ perché la curiosità è donna, l’appuntato Del Buono imbastì una cordiale conversazione durante la quale apprese che l’anziana turista era vedova, che avrebbe dovuto fare questo viaggio col proprio consorte deceduto qualche anno prima e che da lì a qualche giorno avrebbe continuato il suo viaggio alla volta della Sicilia, sua regione natale.
Dopo aver finito la colazione e dopo essersi scambiati il numero di cellulare, le due donne si salutarono e Cristina tornò in caserma.
Quella mattina, al maresciallo Stracuzza poteva comparirgli il diavolo in persona e non si sarebbe per nulla scomposto.
Lo andò a trovare, invece, don Ferrante, l’arciprete della Cattedrale.
Era ormai anziano, don Ferrante, la cui caratteristica principale era l’uso esagerato dell’enfasi nelle sue funzioni religiose, si commuoveva fino alle lacrime nelle prediche per i cristi in croce e i santi martiri e piangeva pure calde lacrime nel descrivere i Bambini Gesù e le opere di carità. Ma i fedeli si erano tanto affezionati a lui e ai suoi modi che non avrebbero saputo più farne a meno.
Era veramente un uomo di cuore, don Ferrante, che si preoccupava anche della salute fisica dei suoi parrocchiani, oltre che di quella dell’anima e, quella mattina, era andato in caserma proprio per questo.
«Maresciallo – iniziò, guardandolo negli occhi,- donna Rosina, adesso, è rimasta sola e senza sostentamento, sicuramente avrà da parte qualche soldo ma le potranno bastare si e no per un mese, e poi? Morirà di inedia, per cui vorrei informarla che dalla prossima settimana avevo pensato di farla ospitare dalle suore del Divino Amore, con le quali ho già parlato e che sono entusiaste di fare questa ennesima opera di bene.»
«Certo, sono d’accordo e vi ringrazio, don Ferrante, di avermene parlato, è una cosa giusta, che andava fatta e a cui solo un sant’uomo come voi poteva pensare. Solo vorrei che domani l’accompagnaste da me, donna Rosina, perché avrei in mente di interrogarla e, con voi presente, sono sicuro che sarà più facile.
Non l’ho fatto ancora perché era troppo scossa, quando siamo andati a fare la perquisizione.»
«Va bene – rispose don Ferrante, – siamo d’accordo. Domani mattina alle nove?»
«Sì – ribatté Stracuzza. – Alle nove va bene.»
Don Ferrante uscì mentre il telefono di Stracuzza cominciò a suonare:
«Pronto, carabinieri», disse, come da prassi, Stracuzza.
«Buon Giorno, sono la dottoressa Trombetta-Basso, il comandante?»
«Buon giorno dottoressa, sono il maresciallo Stracuzza, comandi.»
«Mi aspettavo un suo rapporto sul prosieguo delle indagini, a che punto è?»
«Non c’è molto da riferire, dottoressa, ho fatto la perquisizione a casa del Signor Vitaliano ma non ho riscontrato nulla degno di nota perché, infatti, non ho trovato, come mi sarei aspettato, alcuna somma di danaro né alcun documento che mi faccia risalire alle sue attività. Tutte le indagini si stanno basando solo sulle chiacchiere del paese e non c’è nulla di certo. Dottoressa? Pronto?»
Senza troppe cerimonie, la dottoressa aveva chiuso la comunicazione denotando la sua contrarietà alla conduzione delle indagini del maresciallo Stracuzza che, d’altro canto, nella sua mente, aveva mandato la PM in un posto da dove non sarebbe più dovuta tornare, particolarmente per il fatto che la stessa non si rendeva conto che lui veramente non sapeva a quale santo votarsi.
Ma tante volte proprio i santi ti fanno percorrere le vie più strane e contorte per farti  arrivare dove devi.

Foto: lastampa.it

Redazione

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