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Costume e SocietàLetteratura

Un mistero da trecento milioni

Il cartomante di Torre Normanna XI

Di Bruno Siciliano

⚠️ ATTENZIONE!
Scorri in fondo all’articolo per ascoltare questo capitolo del romanzo letto dalla viva voce di Bruno Siciliano!

«C’è una cosa molto strana che non mi convince per niente…» aveva affermato la PM Luisa Trombetta-Basso passando a Luciano Stracuzza le determinazioni del medico legale sul corpo di Vito Mastrangelo.
«Cioè?» chiese il Maresciallo con curiosità.
«Il Mastrangelo non s’è assolutamente difeso. L’assassino ha fatto il suo lavoro con tranquillità e precisione chirurgica e lui s’è fatto ammazzare con una calma innaturale.»
«Forse era sotto l’effetto di qualche droga o calmante.» Azzardò Stracuzza.
«Aveva preso solo il caffè del mattino e nient’altro. È la risposta che ha mi ha dato il medico legale, che ha fatto tutte le ricerche possibili. Caffè. Solo caffè e basta.»
Stracuzza imprecò, poi disse alla PM della lettera che gli era stata recapitata da Peppe al bar e aggiunse: «Per questo le volevo chiedere se non ritenesse fosse opportuno fare una rogatoria internazionale per sapere qualcosa di più sul Mastrangelo, interrogando i suoi parenti e…»
«Ma di quale rogatoria mi sta parlando. maresciallo? Il caso mi sembra così lampante che credo di averlo già concluso. Con tutto quello che c’è da fare in Procura mi vado a impelagare in un banale regolamento di conti tra delinquenti?! In settimana vedremo di chiudere l’inchiesta.»
Le parole della PM colpirono Stracuzza come uno schiaffo in pieno viso. La dottoressa Trombetta sarà pure stata un’inquirente precisa e acuta, ma lui era convinto che ci fosse dell’altro dietro quell’omicidio. Per il momento, tuttavia, preferì tacere.
Quando la dottoressa Trombetta scese dall’auto ed entrò nella casa di campagna rimase a bocca aperta e, una volta iniziata l’osservazione di ciò che vi si trovava all’interno cominciò a dire a voce bassa e intervalli regolari: «Incredibile!»
Dunque si soffermò estasiata davanti all’angolo in cui erano ammassati i reperti archeologici e, rivolta al maresciallo, disse: «E questi?»
«Sto svolgendo delle indagini per scoprire anche la loro provenienza» mentì spudoratamente Stracuzza, pur pensando che sarebbe stata una cosa che rivestiva veramente la sua importanza. Fuori da ogni abituale logica, la dottoressa Trombetta si rivolse al maresciallo affermando: «Bene. Complimenti maresciallo, continui con le sue indagini e mi faccia sapere. Adesso devo scappare. Ho un aereo nel pomeriggio, mi riaccompagni in caserma a prendere la mia auto.»
Così il PM Trombetta già del Basso riprese la sua Audi TTL nera fiammante e partì sgommando.
Il maresciallo Stracuzza rientrò nel suo ufficio e appoggiò un involto sulla scrivania. Erano due statuette in terracotta che aveva prelevato dal tesoro archeologico del cartomante. Quelle indagini che aveva detto alla PM di aver già iniziato, le voleva veramente cominciare. Chissà, forse il buon dio, di colpo, poteva essere diventato davvero buono e gli avrebbe consentito di scoprire qualcosa.
Così, prese dal cassetto della sua scrivania una vecchia rubrica e cercò: o…, q…, t: Turturro, dottor Giacomo, Ministero dei Beni Culturali, Reggio Calabria. Compose il numero sul suo cellulare e, dall’altro apparecchio udì: «… porca mignotta, vi sembra questo?! Pronto, chi è?»
«Buongiorno, professore, sono il Maresciallo dei Carabinieri Stracuzza…»
«Sì, e cosa vuole?»
Sicuramente, pensò il Maresciallo, il professore aveva una lontana parentela con la dottoressa Trombetta, perché il senso della cortesia sembrava fosse comune a entrambi. Ma, senza perdere altro tempo, continuò: «Sto seguendo un indagine di omicidio e avrei le foto di due reperti archeologici che vorrei farle vedere affinché  mi possa dare un suo giudizio.»
«Sì, sì, sì, mi scusi ma stavo curando un restauro e… cosa vuole che le dica? Me le mandi e vedrò di che si tratta.»
L’Archeologo illustre chiuse la comunicazione e Stracuzza si accinse subito a fare qualche foto alle statuette che aveva messo sulla scrivania mentre declinava la parola “vaffanculo” in tutte le lingue moderne a lui conosciute.
Una volta inviati gli scatti al professore emerito, aprì l’anta del mobile blindato e si versò in un bicchiere una generosa quantità di quel J&B che così gelosamente teneva riposto tra una carpetta e l’altra, si accese un sigaro e si sedette sulla sua poltrona. Il whisky non era ancora finito che il suo cellulare squillò.
«Commissario? Sono Turturro, della Sovrintendenza. Mi vuol dire dove diavolo ha scovato quei reperti?! Sono incredibili, sono meravigliosi, e varrebbero almeno una decina di milioni ciascuna se si trovasse qualcuno a cui venderle. Domattina alle nove sono in caserma!» Il dottor Giacomo Turturro chiuse la comunicazione senza dare a Stracuzza neanche il tempo di realizzare che il suo interlocutore non aveva ben chiara la differenza tra Polizia e Carabinieri né tantomeno di dire “arrivederci”.
«Cristina!» urlò Stracuzza.
«Comandi» disse l’appuntato, entrando.
«Quante erano le statuette archeologiche del cartomante?»
«Erano almeno una trentina, più degli strani oggetti simili a pugnali, dei bracciali e…»
«Moltiplichi tutto per dieci milioni.»
Vedendo il volto stravolto di Cristina e che era rimasta senza parole, il Maresciallo riprese, mostrando il cellulare: «Me l’ha appena detto il dottor Giacomo Turturro della Sovrintendenza alle belle Arti di Reggio Calabria. Domattina sarà qui per vederli di persona e poi credo che ci potrà spiegare tutto.»
«Ma è sicuro?»
«Lui si. Molto sicuro!»
«Ma è assurdo! Possedere tutto questo ben di dio e vivere come viveva lui! C’è qualcosa che mi sfugge» disse Cristina prendendo congedo dal Maresciallo.
Fuori dalla Caserma dei Carabinieri il sole continuava a picchiare e al bar non avevano ancora smesso di parlare del cartomante.
In paese si sa sempre tutto di tutti e, in effetti, era già stato appurato della casa di campagna e del tesoro che i Carabinieri avevano rinvenuto in quella abitazione.
Il cellulare del Maresciallo riprese a squillare: «Amore, sono io.»
«Ciao, tesoro, dimmi.»
«Ti arrabbi?»
«Di cosa?»
«È che io, Rosa, Claudia e Betta, avremmo deciso di andare a mangiare una pizza, stasera, ma se t’arrabbi non ci vado e resto con te.»
«No, ma chi te l’ha detto che mi arrabbio? Vai, divertiti, che ne hai bisogno di svagarti un poco.»
«È che con te non si esce mai, sempre quelle indagini e tutti i tuoi impegni e allora avremmo deciso di andare al Lulu’s a Gioiosa dove fanno una pizza spettacolare. E poi pensavamo di farci una passeggiata sul lungomare…»
«Vai.»
«Ecco, lo sapevo che t’arrabbiavi. Allora non vado, telefono alle amiche e glielo dico che non si fa niente!»
«Non sono arrabbiato! T’ho detto di andare, perché dovrei essere arrabbiato?»
«Non sei geloso?»
«No, non sono geloso.»
«Certo che non sei geloso, perché non mi ami, ecco perché non sei geloso!»
Luciano Stracuzza pregò velocissimamente Santa Veneranda e Sant’Antonio del castello, quello a mezzobusto sull’altare di sinistra nella cattedrale, di non farlo bestemmiare, poi con una calma così serafica che si meravigliò di se stesso, riprese:
«Non sono geloso perché ho fiducia in te e poi il mio amore è tanto grande che cancella qualunque barlume di gelosia, perché so che anche tu mi ami.»
«Quando mi dici queste parole mi mandi in estasi! È vero che ti amo anch’io, patatone, più di me stessa. E allora perché non facciamo più l’amore come una volta? Ti addormenti sempre e mi sento rifiutata.»
«Tesoro, sono in ufficio e questo non è il momento di parlare per telefono di queste cose, lo sai che ti amo ma quando torno a casa sono sempre stanchissimo, io vorrei…»
«Sì, le conosco le tue scuse, va bene. Io per le sette scendo, prendo la Yaris, ciao.»
Il maresciallo Luciano Stracuzza chiuse anch’egli la comunicazione e, senza prendere la mira, lanciò il suo cellulare che atterrò sull’altra scrivania tra carte e carpette, poi, mentalmente, elaborò, probabilmente in aramaico antico, quella bestemmia che aveva fino allora trattenuto tra denti, lingua e palato e si accese un sigaro.

In foto: statuetta femminile di terracotta del Santuario di Demetra Malophoros, Selinunte


Edil Merici

Redazione

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