La cattiva condotta e la morte di Poseidone
Quando, camminando per le spiagge – e, con tutto il cuore vorrei poter dire di star farneticando – volgo lo sguardo in giro, non posso fare a meno di imbattermi in detriti di ogni mole in natura: bottiglie vuote, bombolette spray, lattine di Coca-Cola, di birra, fustelli di detersivo, contenitori di plastica. Questo è un fatto. Una realtà imposta dalla stoltezza e dalla negligenza perpetrate negli anni passati. Quando ero ragazzino non capivo l’importanza di quanto stava accadendo, del mondo che stava cambiando, degli adulti che, per certi aspetti, agivano con totale imbecillità e trascuratezza nei confronti di un ecosistema oggi malato a causa, per l’appunto, di questo tipo di condotta. I Comuni – imperdonabile soluzione! – avevano adibito a discarica le fiumare o alcune colline di delle quali avevano l’usufrutto. Ogni paese possedeva una sua discarica, era un dato di fatto. Ciò, immancabilmente, comportava che i detriti accumulati durante tutto l’anno, all’arrivo delle prime piogge, e con l’insistere del maltempo, prendevano la via del mare. Nessuno considerava, allora, il danno che tutto ciò avrebbe causato all’ecosistema, che la plastica era inquinante e che ci sarebbero voluti millenni affinché venisse assorbita dalla terra, che le pile o le batterie delle auto fossero altamente tossiche e che i componenti elettronici erano di un altissimo livello di nocività. Si guastava una televisione, una radio, una lavatrice? Andava a finire nella spazzatura e, a sua volta, nelle discariche. In quel tipo di discariche! Senza norme di sicurezza, prive di sistemi di impermeabilità e senza che fosse eseguito nessun lavoro di smaltimento del percolato. Questa condotta è stata reiterata per oltre cinquant’anni e basta recarsi nei terreni adiacenti alle fiumare, in quelli nei pressi delle colline che fungevano da discarica o ai margini delle spiagge per riscontrare le prove di quanto sostengo. Per questa ragioni, alcuni anni fa, o realizzato una scultura di sabbia che non voleva tanto rappresentare un atto di accusa nei confronti di qualcuno o denigrare una spiaggia o una comunità particolare, quanto rappresentare l’atteggiamento tenuto nel passato e farci riflettere sulle ripercussioni che queste condotte hanno sul presente e avranno sul futuro non tanto (o non solo) del mare, ma dell’intero ecosistema. Questo era il messaggio di cui si faceva portatrice quell’opera: una legittima contestazione affinché in futuro non debba più ripetersi nulla del genere.