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Costume e SocietàLetteratura

La vera identità di Lena Meticena


Edil Merici

Di Luisa Totino

Talòs raggiunse Vera, arrabbiata, delusa e sconcertata di quello che aveva udito. Tutto quello in cui aveva sempre creduto era crollato in un attimo.
Talòs le prese il braccio e le disse: «Vera, non ho finito di dirti il resto. A questo punto devi sapere tutta la verità. Per favore, ascoltami! Poi, puoi anche odiarmi, ma hai il dovere di sapere, soprattutto per il tuo ruolo in queste vicende. Se non ti dicessi come stanno le cose, non me lo perdonerei, ho tardato anche troppo!»
Vera si liberò dalla presa e disse: «Non meriti di essere ascoltato! La mia vita è a pezzi, non sei ancora contento?»
E Talòs: «Sono orgoglioso della giovane donna che sei diventata, anche tua nonna Lena lo sarebbe se fosse qui con noi. Ora, però, devi ascoltare il resto del racconto, ti prego!»
Vera, anche se non del tutto convinta, tornò a sedersi in attesa che Talòs continuasse il discorso.
Talòs, allora, riprese la narrazione: «Non ti sei mai chiesta come mai conoscessi così bene tua nonna?»
E Vera: «Qualche volta, ma non pensavo a questo.»
«Lena, fu il nome che prese una volta giunta nel Metaverso. Ad Atlantidea, però, fu una grande Regina, la migliore che potessimo avere, e poi tutto rimase in mano al Gran Consiglio, non fu più la stessa cosa» disse, a malincuore Talòs.
Vera, allora, fece uscire a malapena le parole: «Vuoi dire che mia nonna Lena, che io ho sempre conosciuto come nonna Lena, è in realtà la Regina Altea?»
E Talòs: «Sì, Vera, è proprio così. Dopo che fu esiliata nel Metaverso, per colpa mia, cercai il modo di rivederla. E fu allora che avvicinai Argonat, il Signore dei Veggenti dell’Ovest. Sapevo delle sue capacità sensoriali e lo supplicai di aiutarmi a ritrovare Altea. Ero disperato e Argonat, mosso a compassione, decise di darmi una mano. Utilizzò, per me, qualcosa che si era perduto dai tempi passati l’occhio di Dankar. Era una pietra sferica, che Argonat custodiva gelosamente, credo che quella fosse l’ultima rimasta. Appoggiò una mano su di essa e l’altra la misi io, c’era bisogno anche del mio contatto. La pietra, allora, ci mostrò Altea. Stava presso una famiglia dove si prendeva cura del figlio piccolo della coppia. Era sempre bellissima, ma non indossava più abiti da Regina e portava i segni del diverso scorrere del tempo. Dovevo vederla. Argonat mi aiutò, in segreto, ad attraversare il portale, camuffandomi come un abitante del Metaverso. La cosa funzionò, riuscii a incontrare di nuovo Altea, recandomi dove abitava e spacciandomi per un suo lontano parente venuto in visita. La sua felicità, nell’avermi ritrovato, fu immensa e anche se non sapevamo quanto potesse durare, a noi due sembrò di sperimentare l’eternità. Amarci sembrò così straordinariamente naturale da dimenticare l’esilio che lei stava subendo. Furono giorni indimenticabili ma, purtroppo, non durarono a lungo, le mie diverse assenze furono notate dal Gran Consiglio, che mise delle sentinelle a seguirmi di nascosto e, una notte, mi videro attraversare il portale. Stettero ad aspettare il mio ritorno, e quando riattraversai il portale, all’alba, mi presero, mi legarono con una catena e mi condussero davanti al Gran Consiglio. Quando emisero la sentenza, il cuore non aveva più motivo di battere. Non avrei più rivisto Altea. Fui condannato a rimanere confinato nella mia abitazione fino a quando lo avessero ritenuto necessario e, cioè, fino a dimenticarmi di lei, ma non ci riuscirono. Comunque mi fecero un favore, perché avevo perso la voglia di vivere, di combattere, di cercare il bene per Atlantidea e per il mio popolo. Niente aveva più senso, per me. Aspettavo solo che sopraggiungesse la morte a liberarmi da quel dolore lancinante, che mi spaccava il petto. Fu solo grazie ad Argonat che ritrovai la forza per andare avanti. Venne a trovarmi, perché non aveva più avuto mie notizie. Mi aiutò a risollevarmi, come solo un vero amico sa fare, e non solo perché mi fece conoscere Afrione, il mio ippocampo domestico, ma anche perché riuscì a darmi una speranza, mi disse che aveva visto Altea nel Metaverso. Di nascosto riuscì a portare l’occhio di Dankar e a mostrarla anche a me. Con mia grande meraviglia, gioia e anche preoccupazione vidi Altea nel momento in cui stava per dare alla luce una splendida bambina, tua madre. Vidi la felicità sul suo volto, ma anche il senso di vuoto e solitudine nel guardare nostra figlia, che sarebbe cresciuta senza un padre!»
Vera interruppe la narrazione di Talòs e disse: «Non riesco a credere che mia madre possa essere figlia della Regina Altea! Non ha niente di regale!»
E Talòs: «Perché tua madre è cresciuta senza mai saperlo. Lei sa di essere figlia di Lena e di tuo nonno.»
E Vera: «Come ha conosciuto mio nonno?»
E Talòs: «Non è stato difficile. La famiglia in cui viveva Altea aveva anche un figlio molto più grande d’età, che viveva lontano, per lavoro. Durante le festività di una ricorrenza invernale, che voi chiamate Natale, ritornò a casa, e in quella occasione la conobbe e ne rimase folgorato, e a ragione, perché Altea era la cosa più bella che si potesse vedere.»
Vera, sorridendo, disse: «Questo sì che è vero amore, quando qualcuno è visto dalla persona che lo ama come qualcosa di unico e straordinario, oltre qualsiasi scorrere del tempo.»
Vera, poi, chiese a Talòs: «Come facevi a sapere queste cose se eri distante da lei?»
E Talòs, commosso, rispose: «Attraverso il Raccoglistorie, lo specchio, per voi. Argonat ci mise dentro una scheggia dell’occhio di Dankar e così potevo vederla in qualsiasi momento avessi voluto.»
Poi, Talòs continuò: «Certo, non fu facile, per me, vederla formare una nuova famiglia, e non perché non mi amasse più, ma perché nostra figlia non poteva crescere senza un padre. So che lei mi ha amato fino all’ultimo minuto, ma so che ha voluto bene anche a tuo nonno, ne sono sicuro. Purtroppo, però, non sono riuscito a vedere in tempo chi la stesse uccidendo… Ma ti giuro, Vera, che la pagherà per quello che ha fatto! È il mio pensiero costante!»
E Vera, crucciata, disse: «Tu sai chi è stato?»
E Talòs, con le lacrime agli occhi e sospirando, disse: «È stato Gòrgos, con l’aiuto di un complice, molto probabilmente il Luogotenente che ora sta guidando il suo esercito verso Albatis. È stato lui in persona a dirmelo, durante la mia prigionia. A quanto sembra, il suo complice è stato abile a nascondersi sotto mentite spoglie. Non c’era qualcuno vicino alla vostra famiglia che, in qualche maniera, poteva avvicinarsi indisturbato a Lena? Non ricordi nessuno?»
E Vera, pensierosa, rispose: «C’era una persona, il nostro medico di famiglia, il dottor Versanti. Solo lui, come estraneo, poteva avvicinarsi alla nonna, per visitarla, e cambiarle la flebo. Ma certo! È stato lui, ha messo qualcosa nella flebo e l’ha avvelenata, e penso che l’abbia fatto un po’ alla volta per non dare nell’occhio. Mia nonna deve aver capito qualcosa, ma era troppo tardi, per chiedere aiuto, così mi ha rivelato di Atlantidea o, almeno, quello che è riuscita a comunicarmi, prima di morire. Maledetto! Non preoccuparti, lo prenderemo insieme!»
E, presa la mano di Talòs, disse: «Nonno!»
Talòs, allora, abbracciò Vera, e disse: «Grazie, Vera, di aver capito, in te rivedo l’audacia di Altea e la sua meraviglia verso tutto quello che la circondava. Sarai una grande Regina anche tu.»
Poi, guardandola negli occhi disse: «Ora, però, dobbiamo provvedere alla tua iniziazione nella Confraternita Fulgente. Anche Mattia, sai, dovrà essere iniziato. Credo che ci stiano aspettando, per fare gli onori ad Argonat con canti e storie. Da oggi in poi sarà ricordato per sempre come un eroe di Atlantidea, e verranno scritte leggende su di lui, e magari sarai tu a farlo.»
E Vera, sorridendo: «Magari!»
Tutti e due presero la via del rientro al castello. Fu una serata memorabile in ricordo del grande Signore dei Veggenti dell’Ovest. Elis espresse il desiderio di portare la salma del Padre al Palankrir, per tumularlo nel Santuario. Le venne concesso. La giovane si congedò da Vera, con la promessa che si sarebbero riviste presto. Insieme alla sua Grifenice riportò suo padre a casa. Ora, tutto era pronto per l’iniziazione di Vera e Mattia.
Alla presenza della Confraternita Fulgente e ai Custodi della Cittadella con il Sommo Mentore, Vera e Mattia ascoltarono a testa bassa le solenni parole di Talòs: «Vera! Mattia! In questo giorno di guerra e di gloria, chiedo a voi con orgoglio e gratitudine: Volete far parte della Confraternita Fulgente?»
E Vera e Mattia: «Lo vogliamo!»
E Talòs: «Giurate di servirla con onore, a costo della vostra stessa vita?»
«Lo giuriamo!» risposero Vera e Mattia.
E Talòs continuò: «Promettete di essere sempre disponibili, in qualsiasi momento, per ciascun suo membro si trovi in difficoltà?»
E Vera e Mattia: «Lo promettiamo!»
E Talòs: «Da questo momento entrate a far parte della Confraternita. Alzati, consorella Vera, ricevi su di te l’eliodoro, la polvere degli astri d’oriente, che possa renderti forte, saggia, consapevole e coraggiosa, e che ti protegga sempre!»
Vera si alzò in piedi e fu cosparsa di polvere dorata sul capo, poi fu la volta di Mattia. Una volta terminato il momento, Aldàrin consegnò due pugnali, simbolo della Confraternita, e ognuno di loro dovette pungersi il dito sulla punta della lama, affinché il loro sangue si mescolasse a essa. Costruiti dai Tuttofare dell’Ovest, avevano il potere di avvertire di un imminente pericolo. L’iniziazione era conclusa, Vera e Mattia abbracciarono, uno a uno, tutti i presenti. Fu una gran festa, ma, lontano, le ombre della guerra avanzavano…

Continua…


Varacalli

Redazione

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