Di Luisa Totino
Nella Sala del Gran Consiglio, i suoi membri stavano cercando di riprendersi dall’accaduto, curandosi le ferite inflitte durante l’aggressione dello stregone Feridal. Più del dolore fisico bruciava la notizia dell’imminente attacco ad Albatis. Bisognava intervenire subito. Tutti ascoltarono con grande attenzione le parole di Andronòs relative ai piani di Gòrgos.
Un rappresentante dei Celesti, alle parole di Andronòs, disse: «Siamo stati ciechi, eppure avevamo avuto delle avvisaglie da parte del generale Talòs, ma non abbiamo voluto credere alle sue parole. Il nostro stupido orgoglio è stato più forte del bene di Atlantidea»
E Andronòs: «Non c’è tempo di piangere sul passato, pensiamo al presente, per salvare il nostro futuro. Mi offro di guidare l’esercito della Fratellanza ad Albatis per fermare le truppe di Gòrgos!»
Il dio Celeste rispose: «E noi ne siamo onorati, comandante Andronòs. Ma se, come ci hai detto, non sarà Gòrgos a guidare le sue truppe, le sue intenzioni quali saranno? Non resterà di certo ad aspettare l’esito della battaglia, rinchiuso nella sua tana. L’attacco su Albatis potrebbe essere un diversivo, per qualcosa di più terribile. Dobbiamo prepararci al peggio!»
E Andronòs: «Mio padre Talòs, in questo momento, si trova nel Metaverso, e ha già sventato l’assedio alla Cittadella, sulla Rupe del Rapace. È convinto che Gòrgos, voglia sferrare un brutale attacco a tutto il Metaverso, nei luoghi più indeboliti dalla sottrazione del loro tempo. Conoscendolo, cercherà di mettere in piedi un’armata, anche utilizzando persone comuni che andranno a rafforzare la Confraternita Fulgente e l’esercito del Palankrir.»
Il dio celeste non lasciò terminare Andronòs e disse: «La Confraternita Fulgente! Ecco che cosa ha messo in piedi tuo padre in tutti questi anni, e solo perché il nostro comportamento lo aveva allontanato da tutti e tutto. Ha cercato il riscatto personale e il bene di Atlantidea, e noi non abbiamo fatto niente per capirlo. L’esilio della Regina Altea, non è stata una decisione facile, tanti di noi non erano d’accordo, ma in quel momento ci era sembrata la soluzione migliore, anche per allontanare la regina dal conflitto che si era creato e scoprire come erano andate veramente le cose. Solo che tuo padre fu vinto dal dolore e non ci perdonò mai, per quello che avevamo fatto. Ma queste cose te le può spiegare meglio lui.»
E poi aggiunse: «Comandante Andronòs, acconsentiamo che tu parta subito, ma una parte di noi ti seguirà in battaglia, gli altri rimarranno qui, perché il Libro dei Remoti va difeso e custodito con la vita!»
E Andronòs: «Partiremo subito! Solo una domanda: come avete fatto a nascondere il Libro dei Remoti allo stregone Feridal? Con le sue capacità sensoriali avrebbe potuto scoprirlo facilmente»
E il dio Celeste, sorridendo, disse: «Mio caro Andronòs, sei tanto valoroso quanto inesperto di arti magiche e di rimedi contro le stregonerie! Il Kàndanium è uno di questi rimedi. Fra i tanti suoi poteri ha anche quello di celare qualcosa o qualcuno, quando c’è una situazione di pericolo, a qualsiasi occhio umano e magico. Sapevamo che Feridal stava per entrare in questa sala, uno dei Florian, allora, ha prontamente cosparso il Libro con polvere di Kàndanium. Quando Feridal è sopraggiunto, sul leggio non ha visto nulla, solo dei fogli vecchi e strappati, credo che questo lo abbia fatto andare su tutte le furie»
E Andronòs: «Incredibile! Ci sono molte cose ad Atlantidea che ancora mi stupiscono!»
E il dio celeste: «Come ti stupisce Vera Kalendra?»
Colpito dalla domanda, Andronòs cercò di cambiare discorso: «Credo che dovremmo prepararci a partire per la battaglia!»
«Sì, hai ragione, comandante! Raduniamo l’esercito della Fratellanza nella piazza circolare di Altinium, voglio fare un breve discorso, prima di partire. Molti di loro potrebbero non ritornare alle loro famiglie. Il rischio è molto alto» disse la divinità celeste.
E Andronòs: «Bene! Penserò a radunare l’esercito. Manderò a chiamare quando sarà pronto»
Andronòs lasciò la sala, scendendo nel grande atrio.
Fece per uscire quando venne fermato dal Gran Cancelliere Kòrel: «Andronòs, come sta tuo padre? Non ho avuto più sue notizie. La situazione è grave, vero?»
E Andronòs: «Sì, Kòrel, tanti di noi moriranno in questa guerra, forse anche io, forse anche tu.»
E Kòrel, mettendo la mano sulla spalla di Andronòs, gli disse: «Ricava la forza dal presente, essa è più vicina di quanto immagini. Il tuo destino si deve ancora realizzare, ragazzo. Alla fine non sarai solo in questa storia.»
Andrònos, sorridendo e mettendo la sua mano su quella di Kòrel rispose: «Grazie.»
Quando fu all’esterno, prima di dirigersi alle scuderie, il suo sguardo si rivolse lontano, verso le cupe nuvole nere che incalzavano minacciose e il suo pensiero corse al Metaverso e a quello che stava succedendo a suo padre e agli altri, soprattutto a Vera, adesso che lui era distante. Alla Cittadella, infatti, fremevano i preparativi, per cercare di fermare il possibile attacco che Gòrgos avrebbe sferrato al Metaverso, soprattutto sulla costa, dove la popolazione era più indebolita dalla perdita, sempre più evidente, dei loro ricordi. Vera, in disparte, cercò di dare un’occhiata sul display del suo cellulare, per vedere cosa stesse succedendo nella sua cittadina e ai suoi genitori. La scena che si presentò ai suoi occhi la rattristò molto: le strade, i luoghi che lei conosceva da sempre erano sbiaditi, come una vecchia cartolina di un secolo fa. I suoi genitori erano diventati inespressivi, la loro volontà si era affievolita, sembravano automi senza più vitalità. Fu orribile, per Vera, che corse da Talòs, il quale era alle prese, insieme ai Custodi della Cittadella, con l’addestramento degli abitanti del luogo, o almeno ci stava provando.
Giunta da Talòs, Vera, allarmata, gli disse: «Talòs, i miei genitori hanno perso i loro ricordi, guarda!»
Talòs guardò sul cellulare di Vera e sbiancò: «Teresa! Mio Dio. Tra non molto non riconoscerà più nessuno e ho ancora molte cose da dirle.»
Poi, urlò, con tutta la forza possibile: «Maledetto Gòrgos!»
Si gettò, in ginocchio, a terra, per cercare di calmarsi. Vera, però, gli fece notare un’altra cosa sul cellulare, che tante persone sembravano dirette tutte nella stessa direzione, e cioè verso la spiaggia. Talòs, allora, si alzò in piedi ed esclamò: «Attaccherà dal mare. Quel verme viscido ha creato un’Armata del mare! Dobbiamo dirigerci verso la costa, presto!»
Suonarono le campane della Grande Chiesa e si riunirono tutti nella piazza di fronte a essa. Talòs parlò loro: «Gòrgos ha intenzione di attaccare dal mare. Coloro che vivono vicino alla costa hanno perso quasi del tutto i loro ricordi e sono molto più vulnerabili. Dobbiamo anticipare le mosse di Gòrgos e portare in salvo tutte quelle persone!»
Il sindaco rispose: «Per portarle dove? Da quello che ci hai detto ci sarà una battaglia contro qualcuno di una potenza smisurata, con le nostre capacità, quanti di noi hanno possibilità di sopravvivere? Rispondici, Talòs!»
E Talòs, dopo un breve silenzio, disse: «Non lo so, non so darti una risposta, ma anche noi che combattiamo da tempo non abbiamo certezza alcuna. Solo il presente è certo e noi siamo qui con tutta la volontà possibile di salvare i nostri mondi e quello che ci sta a cuore. La riuscita di una battaglia non sta nel numero di soldati impiegati, ma nel valore di ciascuno, nella speranza, nella volontà di andare avanti, di sognare, di amare. Nel tempo in cui vi ho conosciuti, ho visto in voi tutte queste cose, mai ho potuto desiderare sostegno migliore. Confido in voi e insieme riusciremo a vincere.»
A quelle parole scoppiò un applauso scrosciante da parte dei presenti. Il sindaco, allora, invitò al silenzio e disse: «Grazie per le belle parole, Talòs. Non ti deluderemo, vedrai. Noi abbiamo a cuore questa terra e le sue antiche storie, anche se diverse da come le ho sempre conosciute.»
E Talòs: «Bene! Dopo la vestizione vi troveremo una cavalcatura alata, così arriveremo prima sulla costa!»
E il sindaco: «E’ vero che i racconti mitologici hanno dello straordinario, ma non avrei mai pensato che la realtà potesse superare la fantasia!»
Mentre gli altri parlavano di queste cose, Vera si accorse che Mattia se ne stava in disparte. Gli si avvicinò e gli chiese: «Qualcosa non va, Mattia?»
E Mattia: «Dici che i nostri genitori ci riconosceranno?»
E Vera: «Spero proprio di sì, perché ho tante cose da raccontare a loro e anche a te.»
Mattia, sorridendo, le disse: «Anche io a te, Vera, soprattutto di Bea»
Vera rimase incuriosita da quelle parole: «Bea? Cosa sai su Bea?»
La sua domanda, però, rimase senza risposta, perché Talòs li chiamò a sé: era giunta l’ora di partire. Tutti salirono sulle cavalcature alate, con qualche difficoltà per gli abitanti della Cittadella. L’Armata del Metaverso prendeva vita in quel momento. La Confraternita Fulgente, l’esercito del Palankrir, i Custodi della Cittadella e gli Arcieri di Kòlion, insieme ai semplici civili, erano pronti ad affrontare Gòrgos e la sua Armata del mare. Talòs, che li avrebbe guidati nell’impresa, disse: «Miei valorosi amici, il giorno è giunto. Il giorno del valore e del riscatto. Riprendiamoci la nostra libertà, la nostra storia, il nostro tempo e tutto ciò che ci appartiene! Alla battaglia!»…