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Costume e SocietàLetteratura

Per la via del Bosco Impossibile


Edil Merici

Di Luisa Totino

Nella Terra della Fermezza Elis stava per passare il portale per il Metaverso quando fu attratta, in lontananza, dal rumore lugubre di esseri che marciavano compatti. Atterrò, con la sua Grifenice, dietro a una grande roccia per osservare meglio, e vide l’esercito di Gòrgos, guidato da un losco figuro in groppa ad un Luspertolòs. Marciava verso est, alla volta di Albatis. Elis fu assalita dal terrore, una lunga e perigliosa guerra si prospettava per Atlantidea e il Metaverso. Nei suoi occhi di veggente passarono scene di lotte sanguinose, molti coloro che avrebbero perso la vita, per la giusta causa. Vide Vera affrontare Gòrgos, mentre Talòs era a terra morente. Chiuse gli occhi per dissipare quelle immagini. Col mutare della profezia, a causa dello Stregone Feridal, tutto ciò che aveva visto poteva irrimediabilmente accadere. Doveva raggiungere, al più presto, Vera e gli altri, per avvisarli dell’accaduto, Altinium e il suo esercito si sarebbero preoccupati di fermare le orde di Orkrai ad Albatis. Elis non si sbagliava. Andronòs, infatti, aveva radunato l’Esercito della Fratellanza nel grande piazzale antistante il Palazzo del Gran Consiglio, dove al centro si ergeva la bellissima statua bianca della Regina Altea. Dalla Loggia, che dava sulla piazza, i membri del Gran Consiglio si affacciarono, per fare il discorso alle truppe.
Uno degli dei Celesti prese la parola, a nome degli altri membri: «Soldati! Amici! Abbiamo servito questa terra dall’epoca della Regina Altea, e non siamo mai venuti meno al nostro compito di garantire pace e prosperità, nemmeno per un attimo. Oggi, però, siamo chiamati alla nostra prova più dura, sarà la battaglia più lunga che abbiamo mai dovuto affrontare. Lo so che il vostro cuore, ora, è sopraffatto dalla paura, il nemico è forte e potente, ma proprio per questo dobbiamo mettere da parte ogni timore e far trionfare in noi il valore, il coraggio e l’amore per la nostra Patria. Saremo guidati da un grande comandante, Andronòs Antripate, figlio del generale Talòs. L’obiettivo sarà quello di impedire all’esercito nemico di attaccare e distruggere Albatis, capitale delle Terre dell’Est. La città è di fondamentale importanza per la distribuzione del Kàndanium, non possiamo permettere che Gòrgos metta le mani su di esso, sarebbe la fine del nostro mondo e del Metaverso. Partiamo fiduciosi nella vittoria!»
Un unico grido a più voci risuonò nella grande Piazza. Andronòs, indossò l’elmo, si inchinò al Gran Consiglio e così fecero tutti i soldati dell’Esercito della Fratellanza. I membri del Gran Consiglio rientrarono dalla Loggia, lasciarono, scritte su un rotolo, le istruzioni a coloro che sarebbero rimasti per proteggere il Libro dei Remoti, e poi scesero per raggiungere l’Esercito all’esterno. Attraversando la sala fino al grande portone, il loro sguardo fu attratto dai Tùnnis, immobili nelle loro nicchie.
Uno dei Celesti disse: «Quando ritrovammo i primi di loro avremmo dovuto capire che nell’ombra il nemico stava tornando di nuovo!»
Il Florian, volando loro vicino disse: «Sono innocui, la nostra magia impedisce loro di toccare chiunque e sottrarne il tempo.»
E il dio Celeste, guardando lo sguardo dei Tùnnis: «Sì, è così.»
Proseguirono verso l’uscita, dove c’era il Gran Cancelliere Kòrel, che si inchinò al loro passaggio.
Uno dei Terreni si rivolse a lui e gli disse: «Kòrel, partiamo per la battaglia, ci raccomandiamo a te, perché tu faccia buona guardia, fino al nostro ritorno.»
E Kòrel, rialzandosi dall’inchino, rispose: «Non dubitate, miei signori, darei la mia stessa vita, per Atlantidea!»
Poi, uscirono all’esterno e salirono in groppa ai Dasculòs, una parte procedeva a terra, il resto in volo, per poter meglio avvistare possibili attacchi e la vicinanza dell’esercito di Gòrgos. I membri del Gran Consiglio viaggiavano in testa all’esercito con Andronòs. Durante il viaggio Andronòs pensò a come anticipare l’esercito di Gòrgos, bisognava trovare una scorciatoia, per giungere ad Albatis.
Condivise il suo pensiero con i membri del Consiglio: «Dovremmo usare una via più breve e anticipare i feroci Orkrai, se arriveranno prima di noi sarà un’ecatombe. L’esercito di Albatis non ha mai affrontato una vera battaglia, la sua funzione è sempre stata di difesa alla città. Se riuscissimo ad arrivare prima potremmo dargli aiuto anche dall’interno.»
Un rappresentante dei Tuttofare dell’Ovest, presente alla spedizione rispose: «Il governatore Bùrgos, è un tipo alquanto orgoglioso, non accetterà mai un nostro aiuto dall’interno, sarà già tanto se ci lascerà aiutarlo dall’esterno.»
Alle parole del Tuttofare, gli altri membri si misero a ridere e Andronòs chiese spiegazione: «Perché dici questo? Bùrgos ha sempre accettato le direttive del Gran Consiglio.»
Il dio Terrestre disse: «Sì, è vero, ma in un tempo lontano, quando Albatis scoprì i poteri del Kàndanium, venne stipulato un accordo con i Remoti. Il governatore di allora si impegnò a fornire il Kàndanium ad Atlantidea periodicamente, per un tempo illimitato. In cambio i Remoti si impegnarono a difendere Albatis con un presidio stabile nella città stessa. Per un certo periodo le cose andarono per il verso giusto. Tutto cambiò nei giorni di regno della Regina Altea, durante la battaglia del Grande Sconvolgimento. Il padre di Bùrgos, quando seppe dell’esilio della Regina decise di partecipare, per liberarla, insieme a Talòs e ai suoi seguaci, e così partì con il drappello di soldati, messi a disposizione dal Gran Consiglio, verso il portale, alla Terra della Fermezza, sicuro che Albatis sarebbe rimasta al sicuro, mentre lui era via, sua moglie avrebbe preso il suo posto, prendendosi cura de loro piccolo figlioletto, nato da poco. La città aveva visto secoli di pace e serenità, senza mai uno screzio o una minaccia, ma accadde l’impensabile. La notte seguente, mentre la madre di Bùrgos dormiva nelle sue stanze, qualcuno vi entrò e la soffocò con un cuscino. Nessuno riuscì a sentire un lamento né un urlo. Il piccolo Bùrgos, che era nella culla, vicino al letto di sua madre, fu svegliato dai suoi flebili gemiti, mentre cercava di dimenarsi per liberarsi, e iniziò a piangere forte. L’assassino, che ormai aveva raggiunto il suo scopo, si dileguò nelle tenebre. Accorsero, nella stanza, i servitori, che dormivano nelle stanze al piano terra, ma inutilmente. Di fronte alla macabra scena una delle inservienti prese il piccolo dalla culla e lo portò via con sé. Le disgrazie, però, non finirono: la mattina seguente arrivò la notizia del morte del governatore in battaglia, la salma venne riportata ad Albatis dai soldati superstiti. Nello stesso giorno vennero celebrate le esequie di entrambi i genitori di Bùrgos, che crebbe, fino alla maggiore età, con Sibilla, l’inserviente che lo aveva accudito da quella orribile notte, mentre il fratello di suo padre governava nell’attesa che suo nipote prendesse il posto che gli spettava di diritto, non senza influenzare il giovane Bùrgos sulle responsabilità del Gran Consiglio, per la morte dei suoi genitori. L’assassino di sua madre rimase impunito, ma metterei la mano sul fuoco che suo zio c’entri parecchio. Sta di fatto che quando arrivò per Bùrgos l’ora di governare, la prima cosa che fece fu quella di istituire una scuola militare, per formare un suo esercito, indipendente da Altinium, da cui non volle più nessun aiuto militare, rimase l’impegno nella distribuzione del Kàndanium, in cambio di pelli e stoffe pregiate da parte della città. Il tempo dei grandi ideali è ormai giunto al termine, le ricchezze materiali hanno preso il sopravvento.»
Il Tuttofare aggiunse: «Come hai sentito, comandante Andronòs, non sarà facile avere a che fare con il governatore Bùrgos, ma può essere che tu riesca a convincerlo, magari donandoli qualcosa di prezioso!»
E Andronòs: «Si convincerà da solo di fronte a un pericolo che potrà porre fine al suo popolo e a tutta la terra di Atlantidea, e proprio per l’abuso dell’uso del Kàndanium. Sono sicura che non rimarrà insensibile a tutto ciò.»
I membri del Consiglio si guardarono uno con l’altro, e rimasero in silenzio a quelle parole, così cariche di convinzione e di valore, poi Andronòs continuò: «Potremmo prendere il sentiero, attraverso il Bosco Impossibile, arriveremo molto prima dei guerrieri di Gòrgos.»
Subito il Tuttofare rispose: «Il Bosco Impossibile? Si chiama Impossibile proprio perché non si riesce ad attraversare. Chi ha tentato di entrarvi non ne è più uscito! Nebbie e fumi nauseabondi avvolgono il cielo e la terra dove sorge. Credetemi, moriremo tutti prima di combattere!»
Andronòs sospirò e disse: «Dobbiamo tentare, è l’unica via per arrivare velocemente ad Albatis!»
Poi, si girò verso l’Esercito alle sue spalle e disse a voce alta: «Fermi!»
Una volta fermati i soldati disse: «Passeremo attraverso il Bosco Impossibile, così anticiperemo le oscure armate di Orkrai, e raggiungeremo Albatis prima di loro! È un’impresa ardua e molto rischiosa, ma quando saremo in prossimità del luogo ci fermeremo e ci prepareremo ad attraversarlo.»
Non ci volle molto per raggiungere la destinazione, situato oltre le Colline Selvagge, popolate da uomini irsuti, gli unici capaci di cacciare le belve che proliferavano da quelle parti, e a nutrirsi di esse, il Bosco Impossibile era al centro di una vallata satura di fumi e nebbie grigiastre. Alcune antiche storie narravano che si poteva perdere il senno in esso e non recuperarlo più, fino a quando la pazzia portava all’esasperazione e al suicidio.
Giunti sulla collina più alta si fermarono e Andronòs diede le disposizioni all’esercito: «Dobbiamo coprirci il volto con un lembo di stoffa dei nostri indumenti, e lasciare solo un piccolo spazio per gli occhi, lo stesso dobbiamo fare per i Dasculòs. Procederemo tutti a piedi, con i Dasculòs al nostro fianco, così da non perdere l’orientamento!»
Uno dei Celesti disse: «Nella vostra mente potreste sentire delle voci, non seguitele, per nessun motivo, potreste perdere la concentrazione e l’anima…»

Continua…


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