La giocosità di Falstaff e le porte del palcoscenico della vita
Di Luisa Ranieri
Tre porte che si aprono e si chiudono sul palcoscenico della Vita per rappresentarla in tutte le sue sfaccettature, ma in un’ottica gioiosa, che ce la rende non solo accettabile ma anche e persino simpatica.
E, soprattutto, la maestria recitativa di Edoardo Siravo che raccoglie ed esalta tutte le voci della sgangherata umanità sua e di tutti i personaggi sulla scena.
Uno spettacolo, quello del 13 Agosto al Palatium di Quote San Francesco, fatto seguendo le regole del migliore Teatro di sempre e di quello Elisabettiano in particolare, anche se i costumi degli attori erano quelli degli anni ‘20 del secolo scorso condensati nella frenesia del charleston di apertura.
Una pausa dalle tragedie dei nostri tempi, dalla pandemia, dalla guerra e dalla minaccia nucleare, pausa che ci riporta al potere taumaturgico di quella leggerezza che è salvifica anche se dura solo poche ore: sotto le stelle anche se in lontananza il cielo veniva ogni tanto solcato dal residuo di qualche fulmine temporalesco.