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Attualità

L’Italia del Meridione: la vera Lega e la Questione Meridionale secondo Papa Francesco


Edil Merici

Torna a far sentire la propria voce l’Italia del Meridione, movimento politico fondato dall’ex consigliere della regione Calabria Orlandino Greco e da Giuseppe Ferraro che, attraverso i suoi esponenti, mette in guardia dal comportamento della Lega e commenta il discorso di Papa Francesco sulla Questione Meridionale.

Orlandino Greco: “La Lega getta via la maschera”

Per chi ha realmente a cuore le sorti del Sud ed è impegnato quotidianamente nel rilancio di una prospettiva di unità concreta del Paese, non saranno passate inosservate le ultime mosse politiche del senatùr Umberto Bossi, miranti la riorganizzazione della Lega.
Più che di Lega, infatti, si torna a parlare di Lega Nord, con quella che a tutti gli effetti diventa la prima corrente del partito nato in Veneto nei primi anni ‘90. Per il Nord riparte la battaglia è il titolo dell’iniziativa scritto nel manifesto, su sfondo verde. Un chiaro e inequivocabile messaggio evocativo delle storiche battaglie leghiste per il primato e l’indipendenza del Nord sul resto del Paese.
Una manifestazione rispetto alla quale non si sono fatte attendere le svariate adesioni di militanti e amministratori locali del Nord stanchi, a loro dire, di una gestione salviniana poco attenta agli interessi dei territori storicamente rappresentanti la roccaforte del partito. Dunque un Nord autonomista, in pieno fermento, sarebbe pronto a ripartire e a riorganizzarsi sui principi della Roma ladrona e del Sud parassitario, alla luce anche del mal digerito sorpasso di Fratelli dItalia sulla Lega.
Il silenzio che in queste ore caratterizza la neo deputazione meridionale, e non per ultimo Salvini, è imbarazzante e desta preoccupazione. Il Paese è sofferente a causa degli ulteriori danni economici inflitti dalla pandemia e dalla crisi energetica, non abbiamo bisogno di ulteriori elementi di divisione in un dibattito pubblico che già stenta di suo a trovare risoluzioni alle tante emergenze.
I parlamentari leghisti eletti al Sud conoscono il divario economico ormai insostenibile tra le due Italie? Lo sanno che il reddito medio pro capite di Milano ammonta a 29.980 € è quello di Vibo a 10.080? Hanno contezza di come la Spesa Storica penalizzi i Comuni del Meridione? Si sono mai imbattuti nei servizi minimali offerti a queste latitudini nell’ambito socio-sanitario, pur pagando le Regioni del Sud cifre che superano il miliardo per finanziare la sanità lombarda? È giusto che il denaro a un giovane che vuole aprire qualsiasi attività arrivi a costare il doppio che al Nord?
La smettano una volta per tutte di utilizzare la maschera salviniana per raggiungere solo e soltanto mere postazioni personali e lo stesso Salvini rompa gli indugi e sgomberi il campo dalle ambiguità. Ci dica se Bossi parla a nome personale o ancora rappresenta la voce del più obsoleto leghismo. Stiamo parlando di colui il quale, prima del verdetto dei riconteggi elettorali, era nell’immaginario di Salvini un candidato in pectore per il ruolo di Senatore a vita. Sostenere il manifesto di Bossi sarebbe l’ennesima beffa verso un Sud che non solo subisce da tempo l’iniqua redistribuzione di risorse per asili, scuole e infrastrutture, ma anche verso quei tanti elettori che genuinamente hanno fornito supporto elettorale a un partito che non può permettersi simili prese per i fondelli.
Oggi è tempo che i tanti cittadini meridionali, i molti sindaci e amministratori che come me sono in trincea diventino movimento, facciano de LItalia del Meridione, per le nostre ragioni fondative, lo strumento politico pronto alle barricate contro ogni forma di diseguaglianza e intolleranza verso il Sud. Il mancato rispetto verso le vocazioni territoriali rappresenta una miope visione ormai sconfitta dalla storia e dunque non avalleremo nuove forme di oscurantismo.

Alessandro Crocco: “Nel messaggio di Papa Francesco la risoluzione della questione Meridionale”

«La questione meridionale è universale, riguarda il futuro del mondo», è una delle affermazioni di Papa Francesco durante un’accorata intervista rilasciata al Mattino per i 130 anni del quotidiano partenopeo, e su cui è necessario soffermarsi e riflettere.
Una lunga disamina, quella del Pontefice che, partendo da quei mondi di mezzo, descrive la disperazione dei tanti costretti a fuggire dalle proprie terre a causa della guerre o semplicemente emigrare in altri luoghi per realizzarsi, dei nuovi oppressi e di quella povertà che in un mondo globalizzato aumenta a dismisura, in modo quasi inversamente proporzionale all’opulenza di una società che insegue sempre più l’apparenza perdendo di vista la sostanza e il senso delle cose e quindi anche l’essenza umana e il suo rapporto con la natura, sempre più intossicata, e arriva a toccare temi e questioni di un Paese, l’Italia, ancora oggi di difficile risoluzione.
La disuguaglianza diventa allora questione, questione meridionale che torna sempre in auge in determinati periodi, come quello delle elezioni politiche e alla soluzione di quella mancanza di equità e perequazione che hanno reso, a torto, il Meridione la Cenerentola d’Italia, si fanno avanti gli slogan di partiti e politici di turno. Ed è politico il discorso del Papa, ma la politica intesa come politiké, cioè l’arte di governare insieme e per il bene comune. E allora Francesco guarda al sud d’Italia ma pensa a tutti i sud del mondo, che vivono vicende diverse ma condividono la stessa storia: di un mancato sviluppo, di un progresso che tarda ad arrivare, di occasioni e opportunità mancate o defraudate, di realtà dove diritti e doveri non trovano compimento, di inefficienze ataviche che generano rassegnazione, di quel malcontento che trova ascolto nell’illegalità. A pagarne le conseguenze e a scontarne la pena sono sempre i giovani, i figli di quelle realtà dove il diritto allo studio è un privilegio, l’educazione dipende dall’esatta collocazione geografica, dove le scuole sono un miraggio o non godono di quei requisiti degni di un Paese democratico. Ed è la politica chiamata in causa, anche quando Papa Francesco riprende la citazione di Carlo Levi in Cristo si è fermato a Eboli:

Non può essere lo Stato, a risolvere la questione meridionale, per la ragione che quello che noi chiamiamo problema meridionale non è altro che il problema dello Stato.

Una trasfigurazione fantastica della cruda e per certi aspetti drammatica realtà e che attraverso una falsa storiografia imposta dall’alto ha generato confusione e mistificazione di quella che Carlo Borgomeo definisce «uninvenzione che si è risolta in equivoco del Sud» e che ha mostrato un’Italia a doppi, tripli binari ma che, in verità si muoveva in direzione diametralmente opposta. Un’invenzione che ha trovato nel tempo, governo dopo governo, giustificazioni di scelte calate dall’alto che hanno compromesso lo sviluppo e la crescita di una intera parte del Paese che oggi chiede solo quella detassazione dal pregiudizio che non ha più ragione di esistere. Pregiudizi e stereotipi che continuano a seguire quel filo rosso mai reciso del depauperamento di forze, risorse e valide alternative che partendo dal Sud possono offrire un’inversione di rotta nella gestione non solo ma soprattutto dell’economia e dell’impoverimento dell’Italia tutta, che si trova ad affrontare una delle crisi più grandi della propria storia. Un sud, quindi, che diventa risposta e soluzione proprio attraverso quel cambio di rotta a cui fa riferimento il Vescovo di Roma: «siamo noi a tracciare la rotta. Passo dopo passo. Con i nostri pensieri e con le nostre azioni». Quelle azioni atte al superamento di uno schema (Nord e Sud) che ha determinato il fallimento di un’intera classe politica e di scelte che non hanno certo seguito l’unità o, meglio, l’unione, ma al contrario hanno creato sempre più divari.
Ma c’è anche un sud che non si vede ma esiste ed è quello che Papa Francesco definisce come doti: «L’allegria. Il pensare positivo. La resilienza. La generosità», tutto ciò che unito alle potenzialità, ai grandi patrimoni, alle ricchezze di terre che hanno molto da offrire e su cui investire, diventano la chiave di volta di una anacronistica questione.
Il sud c’è, quindi, con la sua bellezza e la sua disperazione, c’è con quel l’infinito senso d’identità, appartenenza e felicità che è altro rispetto al metro di misura dell’Unità, dei dati statistici che ne falsano le reali capacità, è espressione di principi e valori che permangono e permeano territori e comunità e che esigono oggi più che mai di ritornare a essere il movente di azioni rivolte al recupero non soltanto della storia, dei patrimoni ma del senso vero della Politica. Quella Politica che, recuperando concetti come democrazia partecipata, comunità sociale, militanza, ascolto, non ha bisogno di programmi che invano promettono ma diventano essi stessi espressione di gestione della res publica e quindi del bene comune. Questo è il messaggio del Pontefice ma è la voce che si alza unanime per un Meridione fuori questione.


Gedac

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