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Costume e SocietàLetteratura

Il Tesoro della Montagna – 3ª parte

Novelle Ioniche


GRF

Di Luisa Totino

Andò avanti il professore Benjamin, gli altri dietro. Entrarono in un cunicolo, stretto e buio, e dovettero subito accendere le loro torce. Quello che videro sulle pareti fu strabiliante. Scene di vita a palazzo, dipinte con una pittura contenente oro.
Elvira, dopo aver toccato gli affreschi, disse: «Sono stati dipinti da non molto tempo!»
Il professore disse: «Credo che le sue allusioni siano esatte! Qui, nella montagna, c’è ancora qualcuno che ci vive!»
E Roberto: «Incredibile, non vedo l’ora di dirlo a scuola!»
Lisa, invece, preoccupata della cosa, chiese: «Questo qualcuno può essere pericoloso?»
Ed Elvira le rispose: «Non lo sappiamo. Potremo dirlo quando lo incontreremo.»
Appena ebbe finito di parlare sentirono un rumore, come di un oggetto che cadeva. Seguirono quella direzione, giunsero a un’imponente scalinata. Scesero, cercando di tenersi l’uno all’altro. Al termine si ritrovarono in un salone immenso. Ai lati c’erano i segni del cataclisma che colpì il palazzo, guglie di pietra spuntavano dal pavimento, insieme a ramificazioni un po’ dappertutto. Attraversarono la sala, mentre i rumori aumentavano sempre più. Erano metallici e accompagnati da voci. Il gruppo arrivò nei pressi del trono, scolpito nella roccia, che manteneva ancora tutta la sua solennità con le due bocche ruggenti di leone che spuntavano nella parte terminale dei braccioli.
Il professor Benjamin disse sottovoce: «Le voci provengono da dietro il trono, sembra ci sia una stanza! Facciamo piano.»
Camminarono molto lentamente fino a una porta socchiusa, da cui proveniva un’intensa luminosità, si affacciarono appena per vedere e incredibilmente scoprirono ciò che non avrebbero mai pensato di trovare lì. Un uomo dai capelli lunghi e incolti e le vesti di rami e foglie intrecciate, stava picconando con una grossa pietra contro la parete. Dopo diversi colpi zampillò dell’oro liquido, che l’uomo raccoglieva in contenitori di argilla. Elvira iniziò a guardarlo più attentamente. Si distacco dagli altri e si avvicinò all’uomo con uno strano luccichio negli occhi.
Quando gli fu abbastanza vicino disse a bassa voce: «Papa!»
L’uomo si voltò: «Elvira? Che ci fai qui? Dopo tutto questo tempo!» e abbracciò la figlia.
Elvira disse: «Come è possibile che tu sia vivo? Sono stata al tuo funerale!»
E il padre: «Lo so, ma tu non mi hai visto nella bara! Ho fatto credere a tutti che fossi morto. Era l’unico modo per entrare qui e scavare indisturbato. Non mi avrebbero mai dato il permesso dalla Sovrintendenza.»
Elvira, finito il momento emotivo, disse: «Hai voluto far soffrire volontariamente la tua famiglia, ma soprattutto me!»
E il padre: «No, non volevo questo! Ti ho lasciato degli indizi, sapevo che saresti riuscita a trovarmi, e vedo che non sei da sola!»
Il professor Benjamin disse: «Professor Santi, è davvero straordinario che lei sia ancora vivo! Come ha fatto a sopravvivere qui?»
E il padre di Elvira disse: «All’inizio non è stato facile, soprattutto con il cibo. Poi ho cercato di uscire di notte, e in una di quelle ho fatto una foto, che ho cercato di far pervenire a mia figlia.»
Elvira disse: «La foto con il fumo!»
Poi suo padre proseguì: «Stando qui ho scoperto una vena di oro liquido, e penso che sia stata quella a rendere ricco e prospero il regno di Askam. Mi sono preso cura di questi resti e della loro storia millenaria. Ringrazio tutti voi di aver aiutato Elvira e di avere avuto il permesso di scavare.»
Elvira, estraendo la chiave che aveva trovato nella casetta degli uccelli, disse: «E questa?»
Il padre rispose: «La chiave, lo sapevo che l’avresti trovata!»
E poi, aggiunse: «Venite con me, vi faccio vedere! Ho trovato la stanza del tesoro! La chiave che avevo trovato, per caso tempo fa, e ho nascosto, perché mi sarebbe potuta servire un giorno, è quella giusta, da inserire nella porta situata nell’ ambiente sotto il trono! Ci sono delle scale strette da scendere.»
Tutti lo seguirono dove aveva indicato. Giunsero davanti ad una porta che sembrava quella di una rudimentale cassaforte.
Il padre di Elvira disse: «Inserisci la chiave, Elvira, lì, al centro della porta!»
Stava per inserire la chiave, quando una voce alle sue spalle disse: «Quella chiave la prendo io, e anche il tesoro!» Dietro di lei il professor Benjamin e Roberto stavano puntando una pistola ai presenti.
Elvira disse: «Lo sapevo che non dovevo fidarmi!»
Roberto le prese la chiave e la inserì per aprire la porta che, con qualche cigolio, si aprì. Entrarono il professor Benjamin e Roberto e, davanti a loro, uno straordinario spettacolo di ori, gioielli, diamanti e montagne di ricchezza infinita. Ma a un tratto spuntarono da quell’oro delle orribili mani che presero le caviglie dei due malcapitati trascinandoli nel gorgo degli oggetti preziosi, per sempre. Elvira si coprì gli occhi e si strinse a suo padre. Lisa si unì a loro.
Il padre di Elvira disse: «L’avidità comandava i loro cuori, non avrebbero potuto godersi il tesoro. Noi non cadremo nella stessa malattia. È stata proprio tutta quella ricchezza a far ammalare il re Askam e a distruggere il suo popolo. Tutto questo deve rimanere qui, come monito, per chi volesse profanarlo. Andiamo via. Nessuna scoperta vale la vita dei propri cari!»
Uscirono all’aperto e chiusero il passaggio per sempre. Nessuno seppe mai di quella scoperta. Rimase solo la leggenda e le tre cime…

Fine

Foto: palermoviva.it


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