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Brook

Наталина - Solo due mesi d’amore


GRF

Di Bruno Siciliano

⚠️ ATTENZIONE!
Scorri in fondo all’articolo per ascoltare questo capitolo del romanzo letto dalla viva voce di Bruno Siciliano!

Ringraziai ancora la petulante signora con la promessa che mi sarei fatto sentire fra qualche giorno e la congedai con non pochi salamelecchi.
Un solo pensiero d’improvviso aveva preso la mia mente: Natalina. Chissà come stava? E Monica? Chissà se la gamba le faceva ancora male? Accelerai il passo maledicendo i momenti che la signora Cornelia mi aveva fatto perdere con il suo ciarlare. M’era d’improvviso presa una voglia incredibile di vedere il mio amore. Cercai nelle tasche il mio cellulare ma non riuscii a trovarlo, evidentemente l’avevo dimenticato in ufficio. Lo avrei ripreso l’indomani, non era proprio il caso, in quel momento, di tornare indietro.
Era il pomeriggio del 21 di maggio, un magnifico pomeriggio di primavera. Io mi sentivo felice. Finalmente arrivai sotto casa. Suonai perché avevo dimenticato anche le chiavi, come al solito.«Chi è?» mi chiese Monica al gracchiante citofono.
«Sono io, ho dimenticato le chiavi!»
«Bruno! Finalmente! Sali su subito! Abbiamo un problema!»
Non ebbi la forza di rispondere nulla. La frase che Monica mi aveva appena detto mi aveva di colpo messo addosso una preoccupazione incredibile e, non so perché, il suo accento brasiliano aveva aggiunto tragicità alla sua comunicazione. Il pesante portone si aprì con uno scatto metallico, lo spinsi, entrai e con una forza e una velocità che non riconoscevo e feci in un lampo i quattro piani che mi separavano da Natalina. La porta era aperta, in sala non c’era nessuno. Le due erano nella stanza da letto. Natalina era sdraiata e Monica, che trascinava a stento la sua gamba dolorante le stava intorno per cercare di calmarla e d’infonderle coraggio.
«Cos’è successo?»
«Ha rotto le acque e fra poco deve partorire!»
«Oh, Madonna della Lettera! Oh Madonnina Mia! Oh, Santi del Cielo e adesso come facciamo? Ma proprio adesso deve partorire?»
Monica mi guardò accigliata e, con il fare di una persona spaventata almeno quanto me, mi disse sarcastica: «Per queste cose non si prendono appuntamenti, se hai finito le preghiere, dovremmo darci da fare!»
«Vi porto la buona fortuna. Avete qualcosa da darmi? Ho cinque figli orfani che hanno fame.»
Avevo scordato la porta d’ingresso aperta e una donna era entrata senza fare alcun complimento e adesso era là ritta in piedi a guardarci incredula.
«Chi sei?» le chiese Monica bruscamente.
Sono Brook, ed ho bisogno di mangiare e anche…»
«Vatti a lavare bene le mani e dacci una mano – le rispose Monica. – Questa ragazza deve partorire.»
Accompagnai la zingara in bagno assicurandomi che si lavasse le mani a dovere. anche se avrebbe avuto urgente bisogno di una doccia più che di una semplice abluzione delle sole mani.
Tornammo nella stanza da letto dove Monica cercava di darsi da fare a suo modo anche se non aveva probabilmente la minima idea di che cosa bisognasse fare.
«Fatemi spazio, lasciatemi vedere a che punto è questa bella signora” disse la zingara rimboccandosi le maniche dell’ampia veste e scostando le lenzuola per visitare Natalina. Evidentemente lei aveva tutta l’esperienza di cui avevamo bisogno, perché seppe subito valutare convenientemente la situazione.
«Ma no! – sentenziò alla fine. – Qui c’è ancora tempo! Piuttosto questo bel giovanotto mi darebbe qualcosa da mangiare? Ho fame»
«Ma come hai fame! E Natalina?» l’apostrofò Monica alquanto irritata.
«Ancora non è tempo, poi te lo dirò io, bella signora, quando sarà venuto il momento giusto»rispose la zingara con sicurezza rivolgendosi a Monica, che era alquanto preoccupata e il dolore che provava alla faccia e alla gamba non aiutava certamente il suo umore.
Accompagnai la zingara in cucina, le misi davanti una tazza di latte e, accanto, dei biscotti che lei ignorò decisamente per andare ad aprire da se il frigo e prendere del salame e una bottiglia di vino e poi del pane che trovò nella credenza dopo aver aperto uno a uno tutti gli sportelli della cucina. Poi si sedette al tavolo e, con un largo sorriso che fece intravedere i suoi premolari d’argento mi disse: «Siedi anche tu, mangia con me e non ti preoccupare, partorire è la cosa più normale del mondo! Non è una malattia, siediti con me giovanotto, prendi anche tu un pezzo di pane e tienimi compagnia.»
Guardavo la zingara mangiare con una foga e un appetito inimmaginabile e mi sforzavo di credere che quanto stava avvenendo non era un incubo, ma stava veramente avvenendo sotto i miei occhi. Monica, intanto, fece irruzione in cucina: «Presto, venite! Ha di nuovo i dolori, aiutatemi, vi scongiuro!»
La zingara alzò appena il viso e, con la bocca piena di pane e salame e bofonchiò: «Te l’ho detto, bella signora, ancora è presto, i dolori stanno avvisando che la bambina vuole nascere e quando sarà ora vedrai che ce l’avrà di seguito i dolori e non ogni tanto come adesso. Siedi anche tu e mangia con me. Non hai fiducia di Brook?»
«Senti, Cosa, se succede qualche cosa a Natalina ti strappo a uno ad uno quei capelli unti e poi ti uccido con le mie mani. Ti affogo nell’acqua bollente così soffri di più!»
«Sei troppo nervosa, bella signora, e questo non aiuta la signora che deve partorire. Vedrai che andrà tutto bene. Siedi qua con me». Evidentemente la calma della zingara condita con un abbondante dose di strafottenza irritò moltissimo Monica, che le disse: «Non voglio sedermi con te e non voglio mangiare, voglio che Natalina non soffra più e tu devi fare qualcosa!»
«Se tu non hai fiducia in Brook, Brook va subito via!» disse ancora la zingara alzandosi e mettendo in una capiente tasca della sua ampia veste il pane e il salame che stava mangiando. «No, non te ne andare, abbiamo fiducia in te. Vero, Monica, che abbiamo fiducia in lei?»
Monica fece spallucce, le voltò la schiena e tornò da Natalina che, intanto, l’aveva chiamata.
«Non mi piace quella donna, non mi piacciono le persone che sono nervose e non hanno fiducia in Brook.»
Non sapevo se ridere a crepapelle o mettermi a piangere per non finirla più. Molte volte avevo immaginato il giorno della nascita di Lara, ma neanche il più pazzo dei romanzieri avrebbe potuto farmelo immaginare così. Natalina stava soffrendo nella stanza da letto e l’unica persona che poteva darle una mano stava mangiando pane e salame in cucina e si stava scolando un’intera bottiglia di Cirò rosso.
“Madonnina del Porto, stavolta aiutami per davvero e giuro che per l’avvenire non ti chiederò mai più niente!”

Continua…

Foto: doncurzionitoglia.com

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Gedac

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