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Attualità

Una polemica a parti invertite

Pensieri, parole, opere… e opinioni


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Anche se tocca il nostro comprensorio in maniera soltanto marginale, la notizia della settimana è stata certamente la nuova condanna inflitta al sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà nell’ambito del processo Miramare. La notizia, che dovrebbe di per sé occupare una spalla quanto meno perché già nell’aria da tempo, è risultata invece interessante per il dibattito che ne è scaturito e per il singolare rovesciamento delle posizioni di chi l’ha alimentato.
Ma andiamo con ordine.
Per chi non si fosse fino a oggi interessato alle tribolazioni giudiziarie di Falcomatà, ricordiamo che il processo in questione nasce da un’inchiesta sulle irregolarità nelle procedure di affidamento a un’associazione, che sarebbero avvenute senza bando, del Grand Hotel Miramare da parte della giunta Comunale di Reggio Calabria. A finire sul banco degli imputati, per i procuratori Walter Ignazitto e Nicola De Caria, oltre al sindaco Falcomatà dovevano essere anche gli assessori Saverio Anghelone, Giuseppe Marino, Giovanni Muraca, Rosanna Maria Nardi, Armando Neri, Agata Quattrone e Antonino Zimbalatti, tutti successivamente condannati in primo grado per abuso d’ufficio nel novembre del 2021. A causa di tale condanna viene immediatamente applicata nei confronti degli amministratori la cosiddetta Legge Severino che, ricordiamo, prevede incandidabilità, ineleggibilità e decadenza automatica per tutti i rappresentanti delle istituzioni che abbiano subito condanne processuali anche se ancora in attesa di sentenza definitiva.
A partire da quel momento il centrosinistra si è trovato in una posizione a dir poco scomoda: da sempre fervido sostenitore della Severino e in tempi recenti attivissimo nella contro campagna referendaria per l’abolizione della norma, pur rimarcando la piena fiducia nella giustizia ha cominciato a soffrire le implicazioni della condanna di Falcomatà, esponente di spicco di un Partito Democratico che ha fatto di Reggio Calabria l’ultimo baluardo della sua resistenza alla destra che avanza in tutto il Paese. Bisogna tuttavia dare atto alla corrente politica di aver saputo pazientemente attendere i lunghi mesi trascorsi da quella condanna dello scorso anno alla sentenza del Processo di Appello, arrivata, appunto, la scorsa settimana.
Al netto di una rideterminazione della pena, poi sospesa, infatti, la condanna inflitta in primo grado al sindaco dem e agli amministratori con lui accusati è stata confermata in blocco dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, rendendo chimeriche le speranze di un ritorno e, soprattutto, scatenando un’ondata di rabbia e indignazione che si è concretizzata in una vera e propria tempesta di comunicati stampa.
Al centro delle numerosissime note che hanno intasato le caselle di posta elettronica di tutte le redazioni reggine, un concetto molto semplice: la Legge Severino va abrogata immediatamente il Ministro della Giustizia Carlo Nordio dovrebbe agire al più presto in tal senso.
In altre parole, la stessa sinistra che qualche mese fa invitava a non far raggiungere il quorum al referendum sulla riforma della giustizia perché altrimenti “la destra avrebbe fatto ciò che avrebbe voluto” chiede adesso al Ministro della Giustizia (di Fratelli d’Italia!) di abrogare una legge che avremmo potuto riformare con lo stesso referendum che hanno contribuito a far andare deserto.
Sorvolando sulla montagna di soldi che sono andati in fumo per organizzare quell’inutile tornata referendaria, la pretesa ha veramente dell’assurdo e dimostra che aveva ragione (ahi noi) chi affermava che lo spartiacque del sostegno alla Legge fosse l’appetenza politica del rappresentante che rischiava di esserne colpito. Ma a rendere ancora più prodigiosamente paradossale tutta questa storia, a dire vero, ci si mette anche l’atteggiamento degli esponenti del centrodestra che, dalla militanza comunale a quella nazionale hanno fatto da contraltare alle richieste degli avversari sottolineando, nel caso di specie, la giustezza dell’applicazione della Legge Severino e implorando Falcomatà e i suoi di trasformare la dichiarazione di decadenza in dimissioni affinché Reggio possa tornare a essere governabile (cosa che, a onor del vero, sta facendo egregiamente il facente funzioni Paolo Brunetti).
«Cioè, si sta riballando la situazione!» affermava Giovanni Storti in una celebre scenetta del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo, citazione che descrive perfettamente la condizione di una sinistra che fa emergere tutta la sua destrosità e di una destra che, pur di contrapporlesi, scopre invece le delizie dell’essere mancini.
E Carlo Nordio?
Il Ministro della Giustizia non si è espresso direttamente sulla questione (come invece ha fatto il Sottosegretario al Ministero della Cultura Vittorio Sgarbi, che ha esplicitamente plaudito all’operato di Falcomatà allineandosi alla richiesta di cancellazione della Legge Severino), ma ritengo che sia significativo il suo allineamento a posizioni più moderate (come del resto fatto da molti esponenti del Governo Meloni) una volta assunto l’incarico alla Giustizia.
Se a febbraio 2021, infatti, in un’intervista rilasciata a Il Dubbio, Nordio dichiarava “sono anche favorevole, sempre nell’interesse degli amministratori, all’eliminazione immediata della legge Severino, che non serve assolutamente a nulla e confligge con la presunzione di innocenza che è prevista dalla Costituzione”, in tempi più recenti (24 ottobre scorso) il Ministro ha invece dichiarato a Il Corriere della Sera che non eliminerà la Legge Severino, creando peraltro del malcelato malcontento tra gli alleati di Forza Italia, tra i più strenui sostenitori dell’eliminazione della norma (assieme al PD, a questo punto!), sottolineando, per di più, che questo punto, nel programma del centrodestra «non c’è. Quindi non la abolirò. Lo stesso vale per l’ergastolo, anche se penso che vada abolito.»
Che fosse stata posta una pietra tombale sulle ultime speranze di ritorno di Falcomatà & Co. già prima del fermento di questa settimana?

Foto: youtube.com


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Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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