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Costume e SocietàLetteratura

Dalla Legge Rognoni/La Torre ai giorni nostri

Breve storia giuridica della confisca dei beni


GRF

Di Enzo Nobile e Francesco Donato Iacopino

Tale ultima legge, oltre a introdurre l’art. 416 bis del codice penale e, con esso, una definizione di associazione a delinquere valida tanto per il processo penale che per quello di prevenzione, attraverso la modifica dell’art. 1 e l’introduzione degli art. 2 bis e 2 ter della L nº 575 del 1965, introdusse nel nostro ordinamento giuridico le misure di prevenzione patrimoniali quali strumenti di lotta al fenomeno mafioso, da affiancare a quelle personali già esistenti.
In particolar modo tale legge, per come meglio vedremo successivamente, introdusse la misura patrimoniale della confisca dei beni che risultino sproporzionati rispetto ai redditi prodotti, attribuendo, a tal uopo, alla magistratura inquirente nuovi poteri investigativi riguardanti il tenore di vita del proposto sospettato di appartenenza mafiosa, la sua disponibilità finanziaria, il suo patrimonio e le attività a lui riconducibili.
Con la confisca di prevenzione, come già anticipato, oltre la confisca generale disciplinata dall’art. 240 del Codice Penale, per la prima volta sono state previste altre forme di confisca (cosiddetta allargata e per equivalente) con le quali può essere disposta la confisca dei beni del reo a prescindere dall’accertamento della sua responsabilità penale.
L’originario testo legislativo nell’anno 1988, con la L nº 327, è stato oggetto di correttivi con i quali sono stati introdotti dei parametri di accertamento della pericolosità più rigorosi e sono state ridotte a tre le categorie dei soggetti socialmente pericolosi.
La L nº 327 del 1988, al di là dei suoi propositi correttivi, modificò anche l’art. 19 della L nº 152 del 1975, dando, in tal modo, la possibilità di applicare, in via interpretativa, le misure patrimoniali previste dalla L nº 675 del 1965 anche ai soggetti portatori di pericolosità comune indicati nei numeri 1º e 2º dell’art. 1.
Detta modifica, che verosimilmente andava oltre le intenzioni del legislatore, costrinse quest’ultimo a intervenire nuovamente sulla materia con la L nº 55 del 1990 e specificare, al suo art. 14, che la L nº 575 del 1965 si applicava solo ed esclusivamente ai soggetti indiziati di appartenere a un’associazione mafiosa o dedita al traffico di sostanze stupefacenti, nonché ai soggetti indicati dai numeri 1 e 2 dell’art. 1 della L nº 1.423/1956.
Però, a condizione che i proventi derivassero dalla commissione del reato previsto dall’art. 630 del CP e, successivamente, ciò è stato previsto anche per le ipotesi di reato di cui agli art. 600, 601, 602, 629, 644, 648 bis, 648 ter del CP.
E, ancora, nell’anno 2008 con il D.L. nº 92, convertito con la legge 125/2008, venne estesa l’applicabilità delle misure patrimoniali antimafia agli indiziati della commissione di uno dei reati di cui all’art. 51, c. 3 bis del Codice di Procedura Penale, ai portatori di pericolosità sociale comune e, attraverso il nuovo c. 6 bis dell’art. 2 della L nº 575, che ha introdotto il principio di reciproca autonomia tra misure personali e patrimoniali.
Le misure di prevenzione sono poi state unificate e ulteriormente modificate dal Decreto Legislativo nº 159/2011 (Codice Antimafia) a sua volta modificato dal D.Lgs nº 218/12 e 153/2014, riguardanti le informative antimafia e l’attivazione della Banca Nazionale Unica, operativa da gennaio 2016, nonché, da ultimo, dalla L nº 161 del 2017.

Foto: editorialedomani.it


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