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Costume e SocietàSpettacolo

Ti mangio il cuore


GRF

Di Bruno Siciliano

Ti mangio il cuore, con la regia di Pippo Mezzapesa, è uscito nelle sale il 22 settembre scorso ed è ambientato sul promontorio del Gargano negli anni ‘60.
Una storia vera di faida violenta e cupa, accentuata dall’ottimo bianco e nero fotografato da Michele D’Attanasio. La sceneggiatura, serrata e potente, è tratta dal libro inchiesta di Carlo Bonini e Giuliano Foschini che descrissero una delle tante storie di una mafia sconosciuta, violenta e bestiale, che spara al volto per far dimenticare anche le sembianze di chi ha ucciso e che fa spesso sparire anche i cadaveri dandoli in pasto ai porci. È una mafia che ha puntato alla politica per governare le istituzioni. Il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, la definì nel 2019 “La più grande emergenza criminale italiana, perché la meno conosciuta.” Il libro Ti mangio il cuore era stato una grande inchiesta sulla mafia meno raccontata d’Italia. Da qui il film violento, cupo e spietato di Pippo Mezzapesa, ambientato nelle masserie pugliesi del Gargano tra uomini che hanno il cuore e la bestialità degli stessi animali che governano.
In particolare la sequenza della processione, congegnata tutta in un lungo gioco di sguardi e sottolineata dalla bellissima Stava Maria Dolente ben amalgamata nel contesto scenico è una parte del film che difficilmente lo spettatore riuscirà a dimenticare. Nulla ci fa vedere il regista delle bellezze della Puglia e anche il mare delle saline è una tragica pozza color petrolio che fa contrasto con il biancore delle rocce salmastre che lo racchiudono. Tutto, infatti è bianco o nero, con poche mezze tinte, tanto da farci risultare tragico anche l’allegro cinguettare del bimbo affetto da sindrome di down della famiglia Malatesta. Bravi gli attori, da Michele Placido a Francesco di Leva a Elodie, che ci regala una bella prova di recitazione anche se non sempre riesce a stare al passo con la drammaticità e l’intensità del personaggio interpretato. Un encomio a parte è da attribuire alla bravissima Lidia Vitale, intensa e misurata e sempre all’altezza della situazione.
Un film, dunque, cupo, recitato e diretto molto bene, che difficilmente dimenticheremo.

Foto di Maxpoto


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