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Costume e Società

Le spese dello Stato per gli sfollati di Africo

Africo, un'altra storia


GRF

Di Andrea Morabito

In quel 1954 erano assistite dalla Prefettura 653 famiglie con un numero complessivo di 2.635 persone. Per il solo Africo c’erano 173 famiglie per un totale di 656 persone, assistiti con vitto e alloggio, e 4 famiglie con un totale di 14 persone che usufruivano dei centri solo a fine abitativo. 158 famiglie già trasferite nel nuovo Africo in contrada Maglie di Bianco, con un totale di 723 persone. Per Casalnuovo erano assistite in quell’anno 272 famiglie per un totale di 1.019 assistiti con vitto e alloggio e 46 per un totale di 223 persone assistite ai soli fini alloggiativi. La spesa mensile per assistere a tutta questa massa di persone è per l’epoca esorbitante. A titolo d’esempio, la spesa occorsa nel mese di ottobre fu con i seguenti numeri, ed è una media che si mantenne costante da novembre 1951 fino alla fine del 1955:

Per somministrazioni di vitto in ragione di 250 ₤ pro capite giornaliere12.987.500 ₤
Per assegni e salari ai responsabili dei Centri949.141 £
Per spese varie compresa l’assistenza sanitaria600.000 £
Totale14.536.641 £

In aggiunta vi erano altre spese mensili per il funzionamento dei Centri alloggiativi; fitto dei locali, energia elettrica, pulizia, i custodi dei Centri, eventuali lavori di manutenzione.
Nel mese di giugno furono 40, il 1º luglio quelli di cui sopra, il 21 luglio si toglieva l’assistenza ad altri 31 Capi famiglia, a settembre altri 35 assistiti si videro togliere la distribuzione di viveri e il 1º ottobre ancora venne tolta l’assistenza ad altri 34. Erano tutti di Casalnuovo.
Gli interessati presentarono addirittura una petizione al Presidente della Repubblica, lamentando di essere stati privati dell’assistenza, ritenendola un loro diritto in quanto privi di altra possibilità di sostentamento. Lamentavano la non veritiera relazione del Commissario Prefettizio circa le loro condizioni di benestanti, spiegando che tutto avevano perso: casa, terreni distrutti e non coltivabili, compresi i loro armenti, perché avevano dovuto svenderli non potendoli più accudire. Il Ministro chiese al Prefetto di Reggio Calabria delucidazioni circa le circostanze che avevano determinato il malcontento dei casalnovesi, e quali provvedimenti intendeva prendere al riguardo.
Il Capo Centro di Bova Marina Eugenio Chiriaco, era perfettamente conscio che le notifiche agli alluvionati interessati dal provvedimento di sospensione di ogni forma di assistenza avrebbero creato dei problemi, e si attivò presso la Prefettura e il Comando Provinciale dei carabinieri per chiedere adeguato servizio d’ordine. Ciascuna famiglia diffidata (18 in tutto) fece presente che, nel caso avesse dovuto lasciare il Campo, non avrebbe dove andare ad alloggiare. Temendo che la sorte capitata alle 18 famiglie potesse toccare a tutte le altre famiglie, il provvedimento adottato dal Prefetto destò un generale malcontento in tutti i ricoverati, che si ripercosse sulla tranquillità e l’ordine pubblico del campo. La preoccupazione, creata dalla decisione di cancellare nei confronti di quelle famiglie il diritto all’assistenza, arrivò fino all’esasperazione e alla decisione che, nel caso si fosse proceduto all’allontanamento forzato di quelle famiglie, si sarebbe reagito. Anche per questa situazione che la sua decisione aveva creato, il Prefetto, il 3 luglio, decise come detto sopra.
Il 27 settembre 1954 si ebbe la prima di tante agitazioni di sfollati per protestare contro la decisione del Prefetto di togliere a molti rifugiati l’assistenza e contro la decisione di rimandare i casalnovesi, dopo tre anni di centro Profughi, al proprio paese. Quella mattina, la popolazione si portò verso il Municipio di Bova Marina per protestare per il motivi sopradetti e, come si può intuire, si venne a creare una situazione allarmante e molto tesa.
La giornata di protesta fu molto intensa e movimentata: intorno alle 7, una Commissione si recò dal Sindaco di Bova, al quale consegnarono un’istanza diretta al Prefetto e, per conoscenza al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio dei Ministri, pregandolo di consegnarla al Prefetto.
Erano arrivati da Bova Superiore altri casalnovesi per dare man forte ai colleghi dell’ex Seminario e dare una mano a sostenere le loro richieste. La situazione, per quanto poteva apparire calma, non poteva però dirsi tranquilla. Gli scioperanti avevano intenzione di non fermarsi alla sola protesta a Bova Marina, ma di portarsi fino a Reggio. A tale scopo erano stati preparati dei cartelloni.
Il Commissario di Polizia di Stato, considerata la situazione, dispose un servizio di vigilanza e un servizio di sbarramento in prossimità del Campo e pattuglie di avvistamento. Arrivò quella mattina, non si sa se perché allertato dalla protesta o per una visita già programmata, il Viceprefetto Scordamaglia. Questi, il Sindaco, il Vicequestore e il Capitano dei Carabinieri si recarono al Campo alluvionati, ove espressero il desiderio di trattare la questione con una Commissione.
Si diffidava tutti gli altri di non muoversi dal Centro, altrimenti si sarebbero interrotte le trattative, e sarebbe stato eseguito l’eventuale arresto di chi non si sarebbe attenuto alle disposizioni impartite.

Foto: africo.net


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