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Il Parco Nazionale dell’Aspromonte e la tutela dei rapaci

Di Giuseppe Putortì – Direttore del Parco Nazionale Aspromonte

Appena mi è stato segnalato l’articolo di Alfonso Picone Chiodo, intitolato I grifoni di Sergio Tralongo e pubblicato a fine febbraio su alcuni giornali online calabresi, pensavo di avere a che fare, considerata l’esperienza dell’autore, con osservazioni utili alle attività dell’Ente Parco, per scoprire, una volta letto, in margine allo stesso, una chiosa ingiustamente critica per non aver, l’Ente Parco, proseguito da tre anni a questa parte brillanti attività poste in essere dal compianto direttore dottore Sergio Tralongo, scomparso purtroppo prematuramente.
La questione riguarda il presunto abbandono di messa a dimora di carnai di alimentazione in favore di grifoni all’interno dell’area protetta.
Al di là dell’emergenza pandemica, sopraggiunta a partire dal 2020, le attività di alimentazione dei carnai sono state, in realtà, oggetto di profonde rivalutazioni tecniche atte ad assicurare, da un lato, atte a garantire a quella lontana operazione azioni più incisive e meno impattanti per la conservazione delle specie ornitiche necrofaghe, tra cui i Grifoni citati nell’articolo, che, a onor del vero, è uno scarso svernante in Aspromonte, provenendo gli individui che si osservano nell’area gracanica prevalentemente dalle Madonie, ove sono stati effettuati interventi di reintroduzione.
Si ignora o si vuole ignorare, che con il progetto Life Milvus, realizzato dall’Ente Parco capofila, nell’ambito della misura 3.2 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in partenariato con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, si stanno mettendo in atto specifiche misure per i rapaci necrofaghi tra le quali, nel breve periodo, la messa in funzione di piattaforme di alimentazione dei Nibbi Reali reintrodotti di recente in Aspromonte, nonché la realizzazione/potenziamento di carnai realizzati, rispetto al passato, secondo gli standard determinati dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale a livello nazionale.
L’Ente Parco, in particolare, ha dovuto dismettere alcuni di quei carnai al fine di evitare rischi sanitari con possibili morie dei rapaci interessati per i connessi rischi di conferimento indiscriminato di carcasse con encefalopatie oppure di carni contenenti dannosi medicinali a uso umano (tipo ibuprofene).
L’Ente Parco sta programmando, a latere delle operazioni di messa in funzione delle piattaforme di alimentazione, importanti convenzioni con le grandi catene di distribuzione alimentare per poter utilizzare gli scarti di macellazione di categoria 3, sicuri dal punto vista ambientale mettendo in sicurezza la perpetuazione delle specie.
Pertanto è facile comprendere come tali pratiche siano estremamente delicate e presuppongono estrema attenzione per la loro attuazione, poiché forte è il rischio di diffondere patogeni e creare nocumento per le specie interessate.
Non possono omettersi, a questo punto, considerati i toni critici dell’articolo, recenti interventi sui canali social, di attività escursionistiche, cui è intento, sicuramente con le migliori intenzioni, anche l’autore dell’articolo, insieme a un consistente numero di appassionati, su pareti rocciose, in evidente violazione del Regolamento del Parco e per le quali, cercando di rafforzare quanto già disposto dalla norma, proprio il caro direttore Tralongo, consapevole dei rischi di fallimento del successo riproduttivo di specie rupicole legati al disturbo da attività umane, aveva a suo tempo emesso un’apposita ordinanza di divieto di tali attività.
L’Ente Parco Nazionale Aspromonte, pur tra mille difficoltà e senza clamore mediatico, grazie al quotidiano impegno dei suoi dipendenti e funzionari, ha avviato una serie di iniziative volte a raggiungere concreti obiettivi di sviluppo e tutela della biodiversità, in armonia con i delicati equilibri dell’area protetta e confida, specie da parte di quanti, tra cui il Nostro, amano il Parco e la sua natura, in un più intenso e produttivo dialogo.


GRF

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