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Costume e SocietàLetteratura

La magistratura in Grecia

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri

Di Giuseppe Pellegrino

È bene premettere che era al di fuori della mentalità greca prevedere Forme stituzionali senza alcun controllo. La ragione stava nel fatto che non vi era alcuna propensione a delegare il potere a terzi: tutto doveva essere deciso dal dèmos, il popolo. Ad Atene, in materia giudiziaria, in virtù di tale principio, la stessa Magistratura aveva una funzione solo coordinatrice (iscrivere la causa a ruolo, fissare il processo, istruire la causa e coordinare la discussione), mentre le decisioni venivano prese dal Popolo sorteggiato in giuria. Cento erano, nella norma, i giurati. Pensare che in una simile situazione un processo fosse gestibile e la conclusione (decisione) conforme a giustizia era velleitario. D’altronde si è accennato ad Aristofane e alla sua satira sui processi ad Atene, dove nel suo Le api (rectius: I calabroni), un cane, inchiodato con prove certe alle sue responsabilità per il furto di formaggio, viene assolto, appunto per il sistema farraginoso di istruzione e di discussione del processo.
Non si pensi che un simile problema sia da relegare al periodo greco antico di Atene: problemi simili ve ne sono sempre stati. Sempre per essere politicamente scorretti o per la serendipità,fino a non molto tempo fa il sistema giudiziario italiano prevedeva in penale due forme di sistema giudiziario: il collegio del Tribunale e il Collegio della Corte di Assise (oggi c’è anche il Giudice Monocratico). Il primo, ovviamente, era composto da tre giudici (un presidente e due giudici a latere); la Corte di Assise da nove (un presidente, un giudice a latere e sette giudici popolari sorteggiati tra i cittadini che ne hanno diritto, retaggio storico della rivoluzione francese: il potere al popolo!). La domanda che i vecchi avvocati ponevano ai giovani praticanti per metterli in imbarazzo era sempre la stessa: “Sai quale è la differenza di composizione del Collegio tra il Tribunale e la Corte di Assise?”E il giovane praticante avvocato, preso sempre alla sprovvista, non rispondeva quasi mai, timoroso di una brutta figura. Oppure declinava il numero. E l’anziano avvocato, beffardo: “In Tribunale decidono tre giudici, alla Corte di Assise due. La giuria popolare, composta da sorteggiati ignoranti, mai poteva entrare in dettagli tecnici giuridici e, allora, erano i soli togati a decidere, seppure la decisione sottoscritta da tutti. Anche nei tribunale odierni, se il furto fosse di competenza della Corte di Assise, il cane sarebbe stato prosciolto e anche gli Aristofane odierni avrebbero materiale per le loro opere.
Per tornare al tema principale, poiché alla fine, per ragioni pratiche, occorreva scegliere i responsabili di una attività amministrativa e giudiziaria, i Greci avevano instaurato un sistema di controlli che lasciavano poco o niente a un’attività che non fosse conforme alle direttive del Popolo, poiché vi era la delega popolare all’Arconte a esercitare una funzione, ma appunto in nome del popolo greco e non solo come principio, ma addirittura come rendiconto della stessa attività delegata. In definitiva, il termine demu kràtos i greci lo avevano di fatto sostituito con quello di demu femis, “voce del popolo”. Dunque, un potere in nome e per conto del Popolo che aveva diritto di censura.
Si capirà meglio quando si spiegherà l’etimologia del termine eutunai,che viene tradotto in italiano rendiconto e il termine arconte,tradotto giudice: così non è.
Per esemplificare, Erodoto, quando parla di tre tipi di forme di governo con chiaro riferimento alla sua epoca, critica la forma monarchica per la ragione che al monarca “è permesso fare quello che vuole”,per poi specificare, nel prosieguo, che “bisogna sorteggiare i magistrati, la carica che si esercita deve essere sottoposta al rendiconto e ogni decisione deve essere sottoposta alla comunità.”Ciò, in materia contabile sicuramente, come si vedrà quando si parlerà nell’Erario e nel sistema di tassazione, ma anche nelle altre attività dei Magistrati. Prima si accennerà alla responsabilità giudiziaria dei Magistrati in Grecia, poi a Locri.
Lo stesso fatto di remunerare i Magistrati rientrava nella logica della delega. Remunerare il magistrato significava ricordargli che egli non decideva in virtù di un proprio potere di decisione, ma perché delegato e remunerato. Diversamente, secondo la conformazione della liturgia presso i Greci, tale funzione poteva ben rientrare negli oneri della cittadinanza (in quanto cittadino hai l’obbligo di prestare la tua attività per la Giustizia).
In ogni caso, per completezza, ma anche come asseveramento delle osservazioni fatte, è bene partire dal significato del termine Arconte, che non è univoco e non si limita alla sola funzione giudiziaria.
Arconte deriva dal greco arko,che significa precedo, guido, conduco, mostro il cammino, ma anche (soprattutto) se lo si fa derivare da arconteuo, presiedo, comando, conduco.
Nell’una o nell’altra etimologia (meglio la seconda) sta a indicare una carica che è di natura amministrativa, giudiziaria e anche militare. Dunque Arconte era il Magistrato che giudicava, ma anche il Magistrato che governava e che controllava. Arconte era il Polermarco (il coman-dante dell’Esercito), Arconte il Giudice, ma anche chi aveva funzioni di controllo specifiche.
In definitiva, nella costituzione politica greca l’arconte/magistrato è il cittadino investito di un potere di comando e che agisce nell’interesse della pubblica cosa, senza distinguere se eserciti una funzione militare o civile, legislativa o esecutiva, giudiziaria o amministrativa.

Foto di superprof.it


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