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Livio Macchia: “Ecco la mia… camaleontica storia artistica”

I Camaleonti, precedentemente denominati Mods e Beatnicks, sono un complesso musicale italiano nato negli anni ’60 come parte del movimento musicale del beat italiano. Le origini dei Camaleonti vanno ricercate al Santa Tecla di Milano, nel gruppo musicale di Memo Remigi e nella formazione Le Ombre di Augusto Righetti. È il chitarrista Riki Maiocchi che, sul finire del 1963, nella prima interpella il giovane tastierista Tonino Cripezzi e nella seconda il chitarrista Gerry Manzoli, il batterista Paolo de Ceglie e il bassista Livio Macchia, proponendo loro di creare un nuovo gruppo musicale. Il genere scelto è la musica beat, nata poco prima in Inghilterra e rapidamente diffusasi in Europa e negli Stati Uniti. Coerentemente con l’intrapresa strada musicale, il nuovo gruppo si specializza nel confezionare ed eseguire cover in lingua italiana di brani celebri, frutto di un’abile ricerca nelle classifiche inglesi e americane.
Per capire meglio questa storia e la passione che cela, abbiamo intervistato per voi Livio Macchia, icona della musica italiana con oltre 50 anni di storia della musica sulle spalle.
Presentati brevemente ai nostri lettori.
Sono nato nel 1941 ad Acquaviva Delle Fonti, in provincia di Bari. Fiero di essere pugliese. Nei primi anni ’60 intraprendo l’avventura nel mondo della musica con gli amici Cripezzi, De Ceglie, Maiocchi e Manzoli con il gruppo musicale I Camaleonti. Il primo grande successo fu L’Ora Dell’Amore, cover del brano dei Procol Harum del 1967 che mantenne la vetta della classifica per 10 settimane e vendette oltre 1.500.000 copie, successo bissato da Applausi con 900.000 copie vendute, che rimase in classifica per 12 settimane, piazzandosi (e rimanendo) al primo posto per le 3 settimane.
Hai un figlio che, oltre ad avere lo stesso tuo nome ha ereditato anche passione per la musica.
Sì. Sono orgoglioso di mio figlio. È un ottimo musicista e un bravo ragazzo.
Su Cripezzi, che ci ha lasciato un anno fa, cosa puoi dirci?
È morto all’età di 76 anni in un momento di rinascita per noi Camaleonti. Un vero dispiacere. Eravamo da poco ritornati a suonare sul palcoscenico, dopo il periodo segnato dalla pandemia. Ho perso un amico, un collega e un fratello. I nostri sono stati praticamente 60 anni di serena convivenza insieme, mica pochi. È morto nel sonno. La sera prima ci eravamo esibiti in concerto a Pescara, nulla lasciava presagire un addio. Tonino è morto come tutti vorremmo morire: in pace, dopo una bella serata di musica. Ma questa perdita, per me, è un dolore grande. Davvero grande da sopportare.
Passato, presente e futuro: vogliamo fare un bilancio di questi lunghi anni di carriera?
In passato eravamo sicuramente più giovani (ride) ma, in fondo, non siamo cambiati granché. Direi che, guardandoci indietro, cosa che nel corso della carriera abbiamo fatto diverse volte, rifaremmo le stesse cose. E se in passato eravamo giovani, cosa dire del presente se non che siamo solo più vecchi? Sembra una battuta, e lo è, ma in fondo la verità è proprio questa: non siamo cambiati. Abbiamo mantenuto lo stesso entusiasmo di un tempo. La musica è il nostro lavoro, ma anche la nostra passione, il nostro passatempo. Questo ci fa vivere e lavorare bene. Questo ci fa apprezzare tuttora dal pubblico.
Tanti anni di successi e riconoscimenti più o meno importanti. Hai (avete) dei rimpianti?
Avremmo dovuto scrivere più pezzi nostri. Oggi avremmo messo in conto guadagni differenti, invece, all’epoca, abbiamo preferito fare riferimento ad autori esterni al gruppo. D’altronde, abbiamo avuto i migliori e ci hanno dato dei pezzi splendidi. Forse noi non saremmo stati capaci di fare altrettanto, ma sarebbe stato bello provare.
Cosa ricordi con maggior nostalgia degli inizi?
La Libertà di fare musica divertendosi, spostandosi per l’Italia in carovana a raccontare storie. Si improvvisava ed era coinvolgente sia per noi che per il pubblico. Oggi questo raramente accade ai cantanti. In fondo, noi imparavamo a suonare, proprio esibendoci nei vari concerti. C’era dell’emozione vera, spontanea. Questa emozione, lo devo ammettere, fortunatamente per noi è ancora viva. Quando ci esibiamo in piazza, nelle tante manifestazioni dedicate agli anni ‘60, siamo ancora uno dei pochi gruppi che si esibisce dal vivo, sperimentando e coinvolgendo il pubblico. A volte facciamo degli errori, magari il pubblico non li percepisce ma noi li sentiamo e ne apprezziamo il valore. Quegli errori rendono ogni esibizione unica. La musica non è tutta perfetta. Non deve esserlo.
Vi piacerebbe essere più presenti in TV?
Oggi c’è poco spazio, in televisione, per musicisti come noi. È strano. Malgrado la passione per il revival sia sempre molto forte tra la gente, la televisione sembra, purtroppo, negarlo. Un tempo c’era Una rotonda sul mare, trasmissione che faceva fronteggiare i cantanti italiani dell’epoca. Era bella, divertente, seguita. Oggi che spazio abbiamo? La musica sembra essere solo per i giovani e parlare esclusivamente il linguaggio dei reality o dei talent.
Vi hanno paragonato a gruppi musicali differenti da voi e ci siete rimasti molto male. Perché?
Abbiamo una storia e una tradizione importanti. Diciamo che ci possono paragonare, a mio avviso, giusto ai Nomadi. Un gruppo davvero senza età. Musica, la loro, che è fatta non solo di note e voci, ma anche di vite vissute, di cose che accadono anche a noi artisti.
Nella lunga e, scusami il gioco di parole, camaleontica storia musicale del gruppo trova spazio anche un curioso aneddoto…
Nel 1972 siamo stati esclusi da Un disco per l’estate perché avevano portato la canzone Tempo d’inverno.
Ultimissima domanda: ma perché Camaleonti?
I nostri inizi furono come quelli di tutti gli altri, lavoro nelle balere, nei night e nei dancing, come si usava in quegli anni, quando la figura del DJ non era stata ancora inventata. L’importante di quelle serate era far ballare il pubblico, farlo divertire con polke, mazurke, tanghi e, per i più avanti d’età, coi classici della tradizione americana. I ragazzi volevano shake, twist e rock. Proprio da questo nostro suonare per locali che era un continuo compromesso artistico, decidemmo di chiamarci Camaleonti per la capacità di passare da uno stile di musica all’altro secondo le esigenze e secondo i locali. Era il 1963. Sembra un sogno a pensarci oggi, che siamo nel 2023!
Grazie, Livio, per il tempo dedicatomi e speriamo di vederci presto.
Grazie a te per questa piacevole chiacchierata e sempre… W i Camaleonti!


GRF

Ilaria Solazzo

La pugliese Ilaria Solazzo risponde in pieno alla definizione di “multitasking”. Giovane donna, ha alle spalle mille differenti attività: la redazione di libri, una buona esperienza nel campo della grafica, la pubblicazione di vari testi e non solo! È anche appassionata di lettura (specie la fantascienza), moda, costume e poesia. È giornalista pubblicista, blogger… e tanto altro. Dal decennio di nascita - gli anni ‘80 - ha ereditato la passione per la televisione che, per lei, si incarna nel binomio Carrà/Cuccarini. Dinamica, professionale, seria, ama la vita a colori.

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