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«Da Cappuccetto Rosso a Giuseppe Berto, ecco come i libri mi hanno cambiato la vita»

Nel suo carniere, Luca Martini ha il premio Arturo Loria (vinto nel 2008 nella sezione Miglior racconto inedito) e ottenuto altri riconoscimenti: tramite il progetto Sorprese Letterarie, promosso dalla scuola Holden di Torino, un suo scritto è finito tra le sorprese di migliaia di uova di Pasqua. Nella sua produzione, tra gli altri, anche il romanzo Il tuo cuore è una scopa (Tombolini Editore, 2014), le raccolte di racconti L’amore non c’entra (La Gru, 2015), Manuale di sopravvivenza per bambini invisibili (Pequod, 2018), ma anche la raccolta collettiva di memorie Il nostro due agosto (nero) (Tombolini Editore, 2015) e il libro per bambini Il coccodrillo che voleva essere drago (D Editore, 2017). Insieme a Gianluca Morozzi ha curato, tra le altre, le antologie Più veloce della luce (Pendragon, 2017) e Vinyl: storie di dischi che cambiano la vita (Morellini Editore, 2017). Sempre per quest’ultimo ha lavorato insieme a Barbara Panetta alla raccolta On the Radio: storie di radio, DJ e Rock’n’Roll (Morellini Editore, 2018), mentre nel 2019 ha partecipato come autore a Mosche contro vetro: Racconti sull’autismo. Lo stesso anno è uscito il romanzo Mio padre era comunista. Lo abbiamo intervistato per voi.
Quando è iniziata la tua passione per il mondo dell’editoria?
Se intendi per la scrittura, fin da piccolo. In classe, alle superiori, la professoressa di italiano leggeva i miei temi come esempio agli altri compagni e io morivo di imbarazzo. Se invece parliamo di pubblicazioni, il mio debutto risale ormai 15 anni fa con la raccolta di racconti La geometria degli inganni.
Ricordi il primo libro che hai letto? E la prima storia che hai scritto?
Sicuramente Cappuccetto Rosso. Ma, se escludiamo i testi per bambini (ai miei tempi erano pochi anche quelli) il primo libro che ho letto credo sia stato Ragazzo negro. La prima storia che ho scritto era invece un orribile racconto di cinque ragazzi che si incontrano dopo vent’anni a San Luca, il colle più alto di Bologna, nella notte dell’ultimo dell’anno, dopo essersi dati appuntamento due decenni prima. Un orrore che forse da qualche parte ho ancora ma che ho timore anche solo ad aprire!
Quando hai scritto il tuo ultimo libro?
L’ho scritto tre anni fa, durante il confinamento: mio figlio stava facendo la scuola in Didattica A Distanza e io, di fianco, lo controllavo e intanto sul portatile davo vita ai miei personaggi. Il libro è poi uscito un mese fa e si chiama Il corpo della medusa, edito da Reader for Blind e lo sto presentando in questi giorni. Venerdì 24 marzo, per esempio, sarò a Guidizzolo e domenica 26 sarò alla Ubik di Ferrara.
Desideravi fare lo scrittore sin da piccolo?
Macché! Da bambino sognavo di fare il detective privato, sul genere Philip Marlowe. Poi i miei interessi sono virati verso l’archeologia: sognavo di andare in Egitto e di scoprire la nuova tomba di Tutankhamon.
Cosa hai apprezzato dei tuoi ultimi libri?
Sono un giudice troppo severo per apprezzare davvero i miei scritti. Difficilmente rileggo quello che ho pubblicato ma, quando mi capita, non sono mai contento. Anche perché la scrittura è sempre in corso d’opera. Il capitolo di un libro scritto oggi in un certo modo già una settimana dopo nascerebbe in maniera differente. È il problema di chi è sempre curioso e in cerca di qualcosa di nuovo da raccontare.
Chi è il tuo scrittore preferito? Puoi sceglierne più di uno e di tutte le epoche…
Dico sempre nelle interviste che il mio padre putativo letterario è senz’altro Raymond Carver. I suoi racconti mi hanno cambiato la vita e probabilmente mi hanno fatto decidere di scrivere. Tutta la scuola americana è straordinaria: Philip Roth e Don de Lillo per dirne solo due. Poi ci sono tanti scrittori anche italiani che amo particolarmente. Due su tutti: Carlo Emilio Gadda e Giuseppe Berto.
Quali sono i tuoi generi preferiti?
Purtroppo non amo molto i libri di genere, sono più per il mainstream, per le storie intimistiche raccontate con dolcezza, delicatezza, con poche parole ma necessarie.
Quale scrittore o libro ha influenzato il tuo lavoro di autore?
Ritorno a Raymond Carver e a Cattedrale, una raccolta di racconti che sarebbe da imparare a memoria. E aggiungo anche Trilobiti di Pancake e Il male oscuro, di Berto, che hanno in qualche modo influenzato il mio modo di scrivere e di vedere la vita.
Hai qualche passatempo preferito, quando non si tratta di scrivere o leggere
Musica, musica, fortissimamente musica: suonata (mi piace suonare il pianoforte, la chitarra e l’armonica a bocca) e ascoltata. Quando scrivo, amo gli accompagnamenti non troppo impegnativi: Cesare Picco, Ludovico Einaudi e Max Richter su tutti, autori di melodie soffuse e rarefatte in grado di solleticare la mia fantasia e accompagnare la scrittura in maniera discreta.
Descriviti usando solo tre aggettivi.
Generoso, tenace e passionale.
Un tuo sogno nel cassetto?
Essere il sogno che viene nascosto nel cassetto di qualcuno.


GRF

Ilaria Solazzo

La pugliese Ilaria Solazzo risponde in pieno alla definizione di “multitasking”. Giovane donna, ha alle spalle mille differenti attività: la redazione di libri, una buona esperienza nel campo della grafica, la pubblicazione di vari testi e non solo! È anche appassionata di lettura (specie la fantascienza), moda, costume e poesia. È giornalista pubblicista, blogger… e tanto altro. Dal decennio di nascita - gli anni ‘80 - ha ereditato la passione per la televisione che, per lei, si incarna nel binomio Carrà/Cuccarini. Dinamica, professionale, seria, ama la vita a colori.

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