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Costume e SocietàLetteratura

La dicotomia tra costituzione formale e costituzione materiale


Edil Merici

Di Stefania Mantelli

In quest’epoca di continue emergenze e conseguente schizofrenica decretazione d’urgenza, risuona alla mente il pensiero di Costantino Mortati in merito alla distinzione tra Costituzione formale e Costituzione materiale. Egli intese la Costituzione formale come l’insieme di norme di cui al documento storico-politico solenne, contenente i principi supremi dell’ordinamento giuridico e la Costituzione materiale come concetto che richiama, direttamente, il ruolo delle forze politiche, e quindi quei principi effettivamente portati avanti dai rappresentanti delle Istituzioni, come scelte concrete, espressione di quel nucleo di fini e di quell’insieme di principi e prassi che guidano la classe politica dominante in un certo periodo storico che può arrivare a colmare le possibili lacune della Costituzione scritta, adattandola alle necessità e contingenze del momento, senza con ciò modificarne formalmente il testo. Dal suo pensiero nasce l’idea che la Costituzione materiale possa, nella sua applicazione concreta, anche essere parzialmente difforme da quelle scritta, ma quest’ultima non deve perdere perciò solo il suo ruolo di guida, onde porre limiti a tentativi di revisione costituzionale, su spinte in spregio ai dettami fondamentali in essa tracciati. Da fine giurista si trovò, quale componente della Assemblea Costituente, a dare concreta applicazione alla sua idea del funzionamento di uno Stato democratico e, difatti, era ben convinto che il proporzionale fosse l’unico sistema elettorale proponibile poiché questo meccanismo poteva rispecchiare maggiormente la realtà sociale, avversando ogni proposta di tipo presidenziale della forma di Governo. Fin da principio denunciò le disfunzioni nel rapporto tra partiti e Assemblea, in quanto il pluralismo dei partiti stessi si manifestava in forme disordinate, indebolendone la compagine e creando instabilità di Governo. E quindi comprese la necessità di dare forma concreta alla sua intuizione e, preso atto dei difficili rapporti di forza all’interno della classe politica e delle spinte sociali createsi nel dopoguerra, tentò, senza riuscirvi, di introdurre forme di controllo sui partiti da parte della Corte Costituzionale. La politica italiana stava lasciando emergere, sin da allora, i problemi legati alla mancanza di una precisa determinazione di competenze tra Governo e Parlamento e alla disattenzione rispetto all’individuazione di un sistema di diritti immediatamente tutelabili. Queste preoccupazioni, nell’ultimo decennio, sono venute prepotentemente a galla. Davanti alla fragilità della Costituzione e del suo complesso (e non immediato) sistema di tutele, a fronte del potere oligarchico-economico che impera e che modella le forme della democrazia alle logiche liberiste sovranazionali, con una erosione della rappresentatività tanto per logiche di spartizione interne al Paese, quanto per le limitazioni di sovranità sempre più evidenti, sta prendendo piede una nuova Costituzione materiale, in cui le decisioni politiche sono marginalizzate rispetto all’incalzare di dogmi scientifici in ogni ambito. Da qui un generale sovvertimento delle fonti del diritto, un eccessivo utilizzo della decretazione d’urgenza e una confusione di ruoli tra le varie Istituzioni. Tale torsione interpretativa, di fatto una nuova specie di Costituzione materiale, appare sempre più staccata dal testo costituzionale, e quindi dalla Costituzione formale, e parimenti sempre più sconnessa dalla realtà, deformata dalle esigenze del mercato, laddove la politica dimostra la sua incapacità di fare una sintesi tra valutazioni tecnico-scientifiche e valori culturali nazionali. Questi timori trovano forma nelle parole del costituzionalista Fulco Lanchester “tra costituzione formale (documentale o non documentale, rigida o meno) e costituzione materiale esiste […] un gioco interpretativo, cui cooperano vari soggetti, che individua l’elasticità del testo costituzionale formale”, allorquando “la tensione interpretativa con il testo formale diviene insostenibile, si producono fenomeni plastici che possono comportare non soltanto la deformazione irreversibile, ma anche il superamento del cosiddetto punto di rottura ovvero la non osservanza esplicita o implicita dei precetti costituzionali fondamentali”. Del medesimo atto solenne sono pertanto possibili diverse interpretazioni, le quali possono “arrivare a zone limite in cui l’elasticità del testo individua o una torsione plastica, con mutamento indelebile all’interno dell’area costituzionale, o un punto di rottura che rende il testo solo una forma priva di connessione con la realtà” (La Costituzione tra elasticità e rottura, Milano, Giuffrè, 2011). Può dirsi, quindi, che questa continua forzatura interpretativa del dato formale del testo costituzionale ha forse incontrato già il suo punto di rottura, divenendo un permanente stato di eccezione, (concetto caro a Carl Schmitt che, però lo considerava un caso limite, poiché di sospensione del diritto), determinato da un potere economico-finanziario difficilmente contenibile perché esercitato su scala mondiale, ponendosi al di sopra delle Istituzioni dei vari Paesi, che nelle Costituzioni nazionali vede un inutile, o comunque non più sostenibile, limite.

Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 28/10/2022


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