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Costume e SocietàLetteratura

I mutamenti strutturali della norma che regolamenta la confisca

Breve storia giuridica della confisca dei beni

Di Enzo Nobile e Francesco Donato Iacopino

Dinanzi ai radicali mutamenti strutturali apportati alla confisca dopo il 1982, la dottrina, per come già anticipato, mise in discussione il criterio della ragionevolezza al quale, nel corso degli anni, ha più volte fatto ricorso la stessa Corte Costituzionale, onde giustificare le evidenti compressioni di diritti costituzionalmente garantiti e, conseguentemente, riesplosero le mai disinnescate tensioni costituzionali.
E, difatti, la dottrina, partendo proprio dai predetti mutamenti strutturali, che ben rimarcano la natura sanzionatoria delle misure ablative successive al 1982, è giunta ad affermare apertamente che esse sono state introdotte o qualificate, come misure di sicurezza, esclusivamente al fine di aggirare il divieto di retroattività.
In particolar modo tale dottrina, per giustificare una così radicale affermazione, ha posto l’accento sul fatto che, sul piano oggettivo, con tali nuove misure, l’ampliamento delle categorie di beni confiscabili non è più limitato ai beni legati dal vincolo di pertinenzialità col reato giudizialmente accertato, bensì è esteso a tutti i vantaggi patrimoniali, ivi compresa la mancata deminutio patrimoniale.
Estensione della confiscabilità che, secondo costoro, contrasterebbe, apertamente, col principio di determinatezza, per un verso, normativizzato, dagli articoli 14 Preleggi, 1 e 119 del Codice Penale, per altro verso, costituzionalizzato col comma 2º dell’art. 25 della Costituzione.
E la dottrina, nel suo continuo argomentare in merito alle ragioni di tale chiara presa di posizione ha, anche, posto l’accento sul fatto che, sul piano soggettivo, la confisca di un bene o di un intero patrimonio, poggiata solo sulla pericolosità sociale o sulla presunzione di pregressa reità, confligge apertamente con il secondo c. dell’art. 27 della Costituzione.
La posizione della dottrina in ordine a tali nuove tipologie di confisca, però, non è univoca, coesistendo con essa altra corrente dottrinaria propugnante la natura amministrativa di tali misure ablative.
E, pure, con specifico riferimento alla confisca introdotta con l’art. 12 sexies del Decreto Legge nº 306/92, vi è da evidenziare che anche in tale caso la dottrina dominante, mettendo in dubbio le finalità preventive che erano state riconosciute a tale misura, ne evidenzia quelle afflittive, ponendo l’accento sull’assenza del nesso di pertinenzialità e, soprattutto, sulla sua applicabilità esclusivamente sulla scorta della commissione di un reato presupposto.
In netta contrapposizione con chi, onde ravvisare ed evidenziare le finalità afflittive della confisca allargata, sostiene che suo unico effettivo presupposto sia la condanna per un reato spia, altra corrente dottrinaria è dell’avviso che tale misura non operi automaticamente in caso di condanna ma, solamente, dopo che il condannato, provata la sproporzione, non riesce a dimostrare la provenienza lecita dei beni.
A tale specifica obiezione, i fautori della natura sanzionatoria della confisca prevista dall’art. 240 bis del CP, controbattono che l’elemento della sproporzione non può essere qualificato come presupposto applicativo e giustificativo della misura, essendo un dato assolutamente muto, giacché nulla specifica in ordine alla provenienza illecita dei beni, ovvero in ordine all’illecita accumulazione di ricchezza.
In conclusione, secondo la dottrina maggioritaria, la confisca allargata, sganciata dal nesso di pertinenzialità e irrogabile sulla mera scorta della condanna per un reato spia (attivante la presunzione di reità pregressa al riscontro della sproporzione) non sarebbe altro che una sanzione accessoria.
Quanto sin ora detto, però, vale esclusivamente per il mondo accademico, atteso che nel mondo giudiziario la qualificazione della confisca allargata come sanzione accessoria non trova spazio alcuno.
Difatti la giurisprudenza dominante, incurante delle varie obiezioni e osservazioni dottrinarie, consequenziali alle modifiche strutturali apportate all’istituto della confisca, dopo il 1982, ha considerato e continua a considerare la confisca allargata, al pari delle altre nuove misure ablative, come misura di sicurezza patrimoniale, pur seatipica in quanto, rispetto alla confisca tradizionale, presenta delle diversità di tipo strutturale e funzionale, che la portano ad avere, oltre a finalità preventive, anche quella di dissuadere dalla futura commissione di reati.
Un’icona della posizione della giurisprudenza sulla confisca allargata è certamente la sentenza nº 26.654 del 02/07/2008, con la quale le sezioni unite della Corte di Cassazione, considerata l’atipicità delle nuove misure di natura patrimoniale, senza scostarsi dalla qualificazione tradizionale di misure di sicurezza patrimoniali, ebbero a specificare che l’istituto della confisca ha una natura ambigua, sospesa tra funzione preventiva e vero e proprio intento punitivo.
La non ben definita natura giuridica di tale nuova forma di confisca a opera della giurisprudenza, atteso il principio di determinatezza della norma previsto nel nostro ordinamento, può essere considerata come espressione delle contingenze del momento che, come accade in diversi casi, portano l’operatore giudiziario del diritto a far prevalere l’efficienza del diritto sulla tutela dei diritti.
D’altronde a ben guardare, in virtù di quanto fin qui detto, i veri motivi per cui si continua a disquisire energicamente in merito alla qualificazione giuridica dell’istituto della confisca come sanzione o come misura di sicurezza, sono da ricercarsi nel fatto che, oltre a incidere sulla tenuta costituzionale della misura, tale qualificazione assume dei risvolti pratici assolutamente rilevanti.

Foto: dirittodelrisparmio.it


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