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Claudio Sottocornola in libreria con “Fiorire nel deserto”

Dall’Ufficio Stampa

È uscita per le edizioni Velar Fiorire nel deserto, antologia che seleziona alcuni fra gli scritti filosofici più significativi di Claudio Sottocornola relativi alle grandi domande esistenziali, al confine fra teologia, pensiero critico, attualità, spiritualità. Proprio come la vita, tali riflessioni sono varie e diverse, in quanto diversa era la destinazione dei singoli libri da cui sono tratte: il minimo comun denominatore è tuttavia il tentativo di valorizzare la pars construens della ricerca, piuttosto che la pars destruens, perché, come dichiarato dall’autore nella Introduzione, in tempi difficili come quelli che viviamo si ha bisogno soprattutto di speranza per ridare fiato a esistenze sempre più sfiduciate, disorientate, fragili.
Per questo i temi affrontati sono riparativi e terapeutici, nel tentativo di alimentare proprio tale attitudine di speranza, che appare tanto negletta nella vita delle persone come nella cronaca collettiva della declinante civiltà occidentale, che sembra abbondare di violenze, sopraffazioni, cinismo e indifferenza, ai quali Sottocornola intende contrapporre le opzioni alternative dell’amore, del dono, della relazione, della bellezza, della cura, dell’equilibrio, della gioia, della virtù, della preghiera. Tassello dopo tassello, l’autore va costruendo una visione nella quale tout se tient, in nome di una armonia o caritas, le cui coordinate conducono a una lettura possibilista delle alternative in gioco, a un approccio gentile alle sfide della vita, a un’ermeneutica inclusiva e flessibile.
Tale habitus, che è gnoseologico prima che etico, deriva a Sottocornola anche dalla sua lunga attività di insegnante di Filosofia nei licei (ma è stato anche docente di Religione Cattolica, Materie letterarie, Scienze dell’educazione, Storia della canzone e dello spettacolo alla Terza Università di Bergamo), che egli descrive come “una straordinaria occasione per esercitare la mente alla lucidità: focalizzare, destrutturare certezze banali, riorientare al senso o, con parola desueta, al valore e, attraverso di esso, a una vita autentica”, ponendo le grandi domande esistenziali: che cos’è il bene? Come si conosce la verità? Che cosa è bello? Che cos’è la giustizia? E altre.
Così, egli si è sempre più convinto che “un dolore, un sogno, un’aspirazione, un lutto, l’amore e l’esperienza del male sono un bagaglio universale della nostra umanità, che da lì vuole partire per riflettere sul senso del proprio esistere nel mondo”, calando la teoria nella pratica, ma ancor più teorizzando a partire dalla pratica, cioè dalla vita e dal suo mistero.
Il libro spazia così dagli scenari di un giardino, accudito con cura dalla madre mancata e simbolo della bellezza che si può generare nel mondo con disciplina e impegno, all’esperienza dei non-luoghi del contemporaneo, da riscattare attraverso l’umanizzazione dei rapporti, dall’accidia nichilista al rendimento di grazie per il dono del qui e ora, dal sogno dell’evasione all’accettazione paziente e benigna di un imperfetto amore per il proprio quotidiano, nella consapevolezza del tempo che fugge, in cui occorre decidersi per la gloria, come titola un capitolo.
Rifacendosi a Sant’Agostino e a tanta filosofia medievale, ma anche all’esistenzialismo di Jean-Paul Sartre e Karl Jaspers, Sottocornola parte così non di rado da elementi autobiografici per giungere a considerazioni teoretiche di vasta portata, come accade nel saggio mémoire, oggi sempre più frequentato perché obbedisce a un’esigenza di verità e autenticità che l’astratta teoresi accademica di solito non riesce a soddisfare.
Il risultato è uno sguardo ermeneutico che vorrebbe esprimere “un’attitudine di rispetto e venerazione per tutto l’esistente, e dunque anche per le diverse forme di consapevolezza e manifestazione che lo accompagnano, che si esprimono attraverso i più svariati modelli culturali, teoretici, estetici, spirituali, senza però implicare una sorta di sradicamento dalle proprie origini o ambiente culturale, e anzi cogliendo in esso l’unica occasione autentica di assunzione del proprio vissuto, un’intersezione spazio/temporale evocata proprio nella geometria della croce cristiana, come luogo dell’accettazione del tutto nella parte, ovvero come luogo manifestativo dell’Assoluto nel relativo”, segnala ancora l’autore nella sua Introduzione.
Le riflessioni contenute in Fiorire nel deserto, che implicano habitus e linguaggio filosofico, attingendo al grande patrimonio della spiritualità occidentale, “non presuppongono la fede ma la attraversano con la non modesta ambizione di renderne fruibili i contenuti nella forma più universale possibile, dunque a credenti e non credenti (categorie ormai fluide e opinabili: tutti crediamo in qualcosa…), stimolando negli uni e negli altri un processo di revisione nell’ottica di una più profonda consapevolezza, propedeutica, se possibile, a una vita più autentica e a una fede (qualunque essa sia per ciascuno di noi) più felice e matura – conclude Sottocornola, –  perché troppo spesso siamo distratti, procediamo per cliché e luoghi comuni, ma se ci sforziamo (come voleva Agostino) di essere presenti alla nostra vita, ma soprattutto al suo fondamento, vedremo crescere in noi lucidità, libertà, amore”.


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