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Costume e SocietàLetteratura

Gli accordi con i russi

La tela del ragno

Di Francesco Cesare Strangio

L’esplosione fu così violenta che polverizzò l’auto dei quattro mafiosi, distrusse quelle limitrofe, frantumò tutti i vetri delle case circostanti e scaraventò detriti per oltre cento metri.
Alla notizia l’intera Nazione rimase attonita; il segnale fu così forte che mandò in crisi l’intera organizzazione dei trafficanti di droga: la morte di Bobbo fu pesantemente vendicata.
Nei giorni che seguirono, vi fu un via vai dalla casa del fratello di Bobbo, era stato riconosciuto come capo assoluto dell’intera organizzazione degli zingari.
Gli italiani, per prudenza, fecero rientro in Italia dopo una settimana, seguendo la stessa procedura dell’ingresso in Slovacchia.
Il dottor Fabrizio rimase a Košice, ospite dell’imprenditore italiano; la sua missione non era terminata con l’eliminazione dei nove mafiosi, doveva ancora portare a termine l’acquisto dello stabilimento.
Dall’Italia tutto si mosse con assoluta riservatezza, tanto che un emissario fidato, d’indiscutibile capacità intellettiva e perfetto conoscitore della lingua russa, fu mandato nella Repubblica Ceca per fissare un incontro a Innsbruck, in Austria, per gli accordi necessari al controllo del territorio dell’intera Slovacchia.
L’emissario, arrivato a Praga fu ricevuto da Sergeevič, numero uno della mafia russa nella Repubblica Ceca. L’emissario portò a Sergeevič i saluti di Ferdinando, e lo rese edotto sullo scopo della sua presenza. Il russo, con il suo tipico accento moscovita, gli rispose che, dalla telefonata fattagli da Ferdinando, si era reso conto che si trattava di qualcosa di grosso. L’emissario gli espose la volontà del boss italiano di realizzare l’incontro in Austria, lontani da occhi indiscreti e, nel frattempo, evitare tentazioni da parte di qualche gruppo di avventati.
Il russo condivise la proposta, aggiungendo: «Ferdinando non è uno sciocco e la sua prudenza è encomiabile.»
Nel frattempo Sergeevič, mandava nello stomaco quantità considerevoli di vodka.
Fuori era tutto tinto di bianco, la neve continuava a venir giù copiosa facendo presagire che quella perturbazione sarebbe durato a lungo. Mancava poco per le festività di Natale e il russo gli disse che sarebbe stato conveniente realizzare l’incontro subito dopo le feste. In ogni caso la data sarebbe stata fissata tre giorni prima, facendo riferimento a un mese dopo, questo per depistare eventuali ascoltatori indesiderati.
L’emissario, onde evitare equivoci, chiese: «Se ho capito bene, se l’incontro dovrà essere fatto il quindici di gennaio, sarà comunicata la data del quindici di febbraio?»
Il russo annuì e confermò.
Erano quasi le otto di sera e Sergeevič, per dovere, portò l’italiano a cenare nel ristorante più famoso di Praga. Il russo non badò a spese, tanto che fece convenire a tavola con loro due donne che conoscevano bene il mestiere.
Il pasto fu a base di carne, funghi e tartufi; per bevanda fece portare lo champagne più costoso.
Finito di cenare, Sergeevič fece accompagnare l’emissario all’hotel Palace, dove gli fece riservare la suite.
Era la tipica sera d’inverno e un freddo pungente imperversava per le vie di Praga. L’italiano entrò nella suite e, dopo una mezz’ora, sentì bussare alla porta; si alzò lentamente e andò ad aprire. Davanti all’uscio c’era una delle due donne con la quale aveva cenato. La fece accomodare e subito dopo prese il telefono e chiamò per farsi portare una bottiglia di Champagne.
Pochi minuti dopo si sentì bussare alla porta, il tempo di aprire e il carrello delle vivande varcò la soglia spinto da una cameriera dal sorriso accattivante. La ragazza lasciò il carrello vicino al tavolino posto al centro della grande camera e fece per uscire. Dalla lentezza con cui si muoveva, l’emissario capì che la donna aspettava la mancia. La pregò di attendere un attimo e andò verso il guardaroba, prese dalla tasca interna di un’impeccabile giacca scura un sottile portafoglio, prelevò dieci dollari e li diede alla ragazza dal sorriso accattivante.
Nel vedere il denaro, il viso della donna si allargò e con un dolce sorriso augurò una felice notte.
L’emissario aprì la bottiglia di Champagne e riempì i due bicchieri, brindarono alla salute e all’amore. La donna accennò un leggero sorriso che per un attimo indusse l’italiano a interrogarsi se fosse gentilezza o una leggera forma di timidezza; tempo un attimo ci fu il ritorno alla realtà, trattandosi di una professionista del sesso, non era pensabile alcuna forma di timidezza.
La notte passò sotto il dominio di Bacco e della dea Afrodite, verso le cinque del mattino, esausti, si addormentarono.
Era l’una del pomeriggio quando il telefono della suite fece sentire la sua voce, era Ivan ,un russo luogotenente di Sergeevič che informò l’italiano che il tempo veniva a mancare e che se non avrebbe voluto perdere l’aereo doveva darsi una mossa.
La donna stava girata di fianco immersa nel sonno; pigramente l’emissario si tirò fuori dal letto con un forte mal di schiena dovuto alla lunga e dura battaglia sostenuta quella notte.

Continua…

Foto: kiligtravelblog.com


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