L’onere di allegazione e l’inversione dell’onere della prova
Breve storia giuridica della confisca dei beni
Di Enzo Nobile e Francesco Donato Iacopino
Accertata la sproporzione tra beni posseduti e redditi prodotti, per come più volte osservato, opera la presunzione di illecita accumulazione di ricchezza.
Presunzione che viene qualificata come iuris tantum, in quanto vincibile con le allegazioni difensive.
In ordine alle allegazioni difensive, l’articolo 12 sexies testualmente recitava:
È sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza.
Malgrado appaia alquanto chiaro il tenore letterale della norma, la giurisprudenza di legittimità e la dottrina dominante continuano a negare che la presunzione di illecito accumulo di ricchezza in assenza di allegazioni difensive comporti l’inversione dell’onere della prova giacché, a loro dire, la norma si limiterebbe a porre a carico del condannato solamente un onere di allegazione, ovviamente da valutarsi alla luce del principio del libero convincimento del giudice (in tal senso si è pronunciata anche la Consulta con la sentenza nº 48 del 1994).
Sulla questione le Sezioni Unite, con la già citata sentenza Montella, la nº 920 dell’anno 2004, oltre che stabilire il criterio di accertamento della sproporzione, specificano che l’art. 12 sexies non introduce alcuna ipotesi di inversione dell’onere della prova, giacché al condannato le allegazioni vengono richieste esclusivamente per i beni risultanti sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati o prodotti e solamente dopo che la magistratura inquirente si è prodigata per dimostrare la sproporzione, rispetto al tempo dell’acquisto, dei singoli beni (Conformemente a quanto pronunciata dalla Cassazione Penale, Sezione I, sentenza nº 240.471 del 05/06/2008, sent. nº 21.357 del 13/05/2008 e sent. nº 27.189 del 28/05/2013.
In buona sostanza, le Sezioni Unite e la giurisprudenza maggioritaria, al fine di rafforzare la tesi dell’assenza di un’inversione dell’onere della prova e la sola presenza di un’equa distribuzione dell’onere probatorio, evidenziano che, a fronte dell’onere di allegazione a carico del condannato, vi è tutta l’attività d’indagine della pubblica accusa, mirante ad accertare o escludere la sproporzione nel momento del singolo acquisto.
Aggiungendo, anche, che tale attività della magistratura inquirente, in qualche misura, agevolerebbe il condannato nell’assolvimento del suo successivo onere di allegazione, visto che questi, dopo le indagini della magistratura, sarà poi tenuto solamente ad allegare in ordine al periodo di acquisizione del singolo bene e non anche fornire la prova diabolica della lecita provenienza del suo intero patrimonio.
Allegazione che, oltre a dover essere circostanziata e tracciabile, per come pretende la giurisprudenza di legittimità, neanche potrà poggiarsi su eventuali redditi da evasione fiscale.
Divieto di allegazione dei redditi da evasione fiscale che, però, opera solamente per il condannato, non potendo certamente tale divieto essere esteso anche al terzo estraneo al reato spia.
Allegazione, ancora, resa molto più ardua dalle scorciatoie probatorie individuate in via interpretativa, attraverso il ricorso a interpretazioni analogiche, in mala partem, le quali, mutuando dalla confisca di prevenzione, rendono più agevole la prova della fittizietà dell’intestazione quando sussistono rapporti parentali o quando l’acquisizione del cespite è a titolo oneroso.
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