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Attualità

Sospensione del Reddito di Cittadinanza: un dramma per la Calabria


Edil Merici

Dai Segretari Regionale di CGIL e FP CGIL

Saranno 14.384, in Calabria, i destinatari del famigerato messaggio con cui l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale comunicherà o ha già comunicato la sospensione del Reddito di Cittadinanza che ha rappresentato l’ancora a cui i cittadini più deboli socialmente ed economicamente si sono aggrappati per non sprofondare dalla povertà alla disperazione.
In una regione come la nostra, in cui le opportunità di trovare un lavoro stabile, dignitoso e a tempo indeterminato sono rarissime, tanto che sono attualmente ancora presenti consistenti bacini di precariato o tempo parziale involontari anche nei servizi pubblici, è una misura che colpirà in maniera pesante chi in questi anni è riuscito a fatica a sbarcare il lunario.
Va precisato, a chi fosse sfuggito, che il RdC non è stato solo una misura di sostegno per disoccupati e fragili (ovvero chi non può lavorare), ma ha ristorato anche chi ha un lavoro talmente povero da non raggiungere la soglia minima di sussistenza.
La disposizione di sospensione allo scadere del settimo mese prevede che, in presenza di un componente nel nucleo famigliare minore, disabile o ultra 60enne, per continuare a percepire il RdC fino a dicembre, si venga presi in carico dai servizi sociali e che, in caso di sospensione, sia prevista la riattivazione comprensiva degli arretrati non percepiti se la presa in carico sia effettuata dai servizi sociali entro il 31 ottobre.
Questo è il primo scoglio pressoché insormontabile, atteso che in Calabria gli ambiti territoriali e i comuni sono particolarmente carenti di queste figure professionali, nonostante i fondi stanziati e la possibilità di assumere e stabilizzare anche in deroga ai vincoli di contenimento della spesa del personale al fine di conseguire il previsto livello di garanzia di erogazione dei servizi, ovvero un assistente per ogni 5.000 o 6.500 abitanti a seconda della grandezza del Comune, finanziato strutturalmente dal Ministero del lavoro.
Insieme alla grave carenza di personale che andrebbe colmata al più presto, sono da considerare le difficoltà tecniche della presa in carico (i sistemi dei Comuni non dialogano con quelli dei Centri per l’Impiego) dopo la valutazione che, certamente, richiederà il tempo necessario, un tempo di sospensione che potrebbe generare gravissimi disagi per chi è in condizioni di assoluto bisogno di un sostegno economico semplicemente per vivere.
La sospensione ricade anche sui nuclei famigliari che non presentano caratteristiche di fragilità, ma che al loro interno hanno un membro tra i 18 e i 59 anni, quindi occupabile, in tal caso dovranno rivolgersi ai CpI per sottoscrivere il patto di servizio e a cui, a partire dal 1º settembre, potranno richiedere il Supporto per la formazione e il lavoro per cui è prevista da gennaio un’indennità di partecipazione per 12 mensilità, pari a 350 €, in presenza di Indicatore della Situazione Economica Equivalente non superiore a 6.000 €.
In questo caso, non meno profonda è la nostra preoccupazione, per due motivi: innanzitutto i CpI della Calabria non sono attrezzati ancora a fronteggiare con celerità questo drammatico carico di lavoro, a cominciare dalle sedi non ancora sistemate, sovraffollate di personale e utenti perché carenti delle caretteristiche strutturali necessarie, almeno nei grossi centri di Cosenza e Reggio Calabria, con sistemi informatici non aggiornati alla normativa vigente e strumentazioni carenti; in secondo luogo perché conosciamo bene l’esigua offerta di lavoro in Calabria, in ragione della scarsa presenza di attività produttive, ma anche della debolezza delle politiche attive che, seppur rafforzate dalle recenti nuove assunzioni ancora in via di completamento, non hanno mai strutturato efficaci percorsi di formazione e riqualificazione delle persone che hanno necessità di rientrare nel mercato del lavoro.
Ignorare questo contesto di allarmanti vulnerabilità significa abbandonare alla disperazione migliaia di persone che comunque resteranno senza un minimo reddito per fronteggiare le necessità quotidiane e mettere in difficoltà le lavoratrici e i lavoratori che dovranno occuparsi di loro, un grave attacco alle persone più deboli che ancora una volta segna il profilo di questo Governo.
La Confederazione Generale Italiana del Lavoro e la sua Funzione Pubblica hanno chiesto al Governo di prorogare i termini almeno fino al momento in cui si siano create le condizioni di continuità per non lasciare indietro nessuno, alle istituzioni locali, Regione per i CpI, i Comuni e l’INPS chiediamo di attivare con urgenza tavoli di confronto per superare le criticità che si presenteranno.


GRF

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