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Costume e SocietàLetteratura

La ratio legis o bene giuridico tutelato

Breve storia della Confisca


Edil Merici

Di Enzo Nobile e Francesco Donato Iacopino

Il legislatore, sin dalle origini, con l’emanazione del delitto di trasferimento fraudolento di valori, come d’altronde con ogni altra norma, ha inteso tutelare un determinato bene giuridico.
Dunque, prima di attribuire alla norma una certa identità e portata sanzionatoria, occorre necessariamente individuare le ragioni che indussero il legislatore, dapprima a emanare il Decreto Legge 306 del 1992 e a convertirlo in legge e, successivamente, a codificarla all’articolo 512 bis del Codice Penale.
Quindi, ancor prima di affrontare i temi collegati agli elementi costitutivi di tale norma, al fine di predeterminarne gli ambiti e i limiti di operatività, si ritiene necessario individuarne lo scopo della leggechei fautori della teoria metodologica del reato identificano con il bene giuridico tutelato.
Perciò, al fine di determinare quale sia lo scopo della leggeo bene giuridico tutelato, occorre, necessariamente, individuare le ragioni che indussero il legislatore dapprima a emanare il DL 306 del 1992 e, successivamente a convertirlo in legge.
Tali ragioni sono da ricercarsi nella necessità e volontà del Parlamento Italiano, all’indomani delle stragi di Capaci e Via D’Amelio, di introdurre nuovi e più efficaci strumenti di lotta alla criminalità organizzata.
Tra tali nuovi strumenti di lotta, l’art. 12 quinquies si collocava tra quelli tendenti a combattere la criminalità organizzata sul piano economico, attraverso l’aggressione ai suoi patrimoni.
In particolar modo, esso, qualificando come reato la condotta, non soltanto di chi fittiziamente attribuisce ad altri la titolarità o disponibilità di valori ma anche quella di chi acconsente di acquisire la titolarità formale tali beni mira, da un lato, a contrastare l’aumento esponenziale degli escamotage aventi quale finalità quella di annullare gli effetti della L. 646 del 1982 (le finalità elusive cui fa riferimento la norma), cercando di emarginare tali organizzazioni, dall’altro lato, ad ostacolare il potere economico discendente a tali organizzazioni dall’inserimento nel mercato legale dei capitali illecitamente acquisiti (le finalità agevolatrici).
Sicché, considerato che tale norma opera su due diversi livelli, si può asserire che l’attuale art. 512 bis del codice penale persegue due diversi scopi, ovvero:

  1. impedire, o per lo meno contrastare le schermature dei patrimoni illeciti, miranti a vanificare gli effetti della L. 646 del 1982 e del Testo Unico della Legge Doganale sul contrabbando, tutelando in tal modo il bene giuridico della regolare amministrazione della giustizia (fine o bene giuridico immediato);
  2. impedire o contrastare il riciclaggio e l’impiego nel mercato legale dei capitali così ripuliti, con conseguenze nefaste per l’economia legale, tutelando in tal modo, quale bene giuridico mediato, la genuinità delle transazioni economiche e finanziarie.

E solo questi sarebbero i beni giuridici ricavabili dalla dizione letterale dell’originario art. 12 quinquies, L. 356/1992 tuttavia, negli anni successivi alla sua emanazione, la giurisprudenza di legittimità ne ha individuato un altro che poi è stato codificato nel reato di autoriciclaggio.
In sostanza, la giurisprudenza, antecedente alla legge 186 del 2014 che ha introdotto il reato di autoriciclaggio (Art. 648 ter. 1), considerato che le condotte di cui agli articoli 12 quinquies della L. 356/1992, oggi 512 bis del CP, e 648 bis del CP sono quasi sempre sovrapponibili, con l’unico distinguo che l’art. 12 quinquies L. 356/1992 non contiene la clausola di salvaguardia per l’autore del reato presupposto, ha ritenuto di attribuire a tale norma anche lo scopo di perseguire penalmente tale soggetto (Sezioni Unite della Cassazione nº 25.191 del 27/04/2014; nº 18.496 della Sez. VI del 09/11/2011 e nº 39.303 della Sez. II del 09/07/2009).
Tale ultima finalità, però, rappresenta un ulteriore esempio di come coloro che sono deputati alla sola applicazione delle leggi, contravvenendo al principio di nominatività del reato, impropriamente si surrogano al legislatore per riempire i vuoti legislativi che, tra l’altro, potrebbero essere espressione di una precisa scelta di politica criminale.

Foto: btstudiolegale.it


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