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Costume e SocietàLetteratura

Ambiti di operatività della ratio legis

Breve storia della Confisca


Edil Merici

Di Enzo Nobile e Francesco Donato Iacopino

Come già detto in precedenza, l’individuazione del bene giuridico tutelato da una norma è fondamentale al fine di predeterminare quali fra le condotte umane siano dalla stessa sanzionabili.
Orbene, essendo questa la funzione del ben giuridico protetto, non ci si può esimere dal constatare che, accanto all’anzidetta violazione del principio di nominatività del reato, sussiste una determinata giurisprudenza che, soggettivizzando i suddetti scopi (lotta ai patrimoni illeciti) e in violazione del principio di tassatività, sanziona con articolo 12 quinquies della Legge 356/1992 le interposizioni provate come fittizie, prescindendo dall’accertamento della provenienza illecita dei capitali impiegati (In tal senso confronta Cassazione Penale, Sezione V nº 39.837 del 2/07/2013; Sez. II nº 13.448 del del 16/12/2015; Sez. V nº 5.990 del 25/10/2013; Sez. II nº 11.692 del 8/03/2016).
Rispetta, invece, le finalità perseguite dalla norma, quella parte di giurisprudenza che considera la sola disponibilità di un bene in capo a un soggetto come elemento insufficiente ai fini del riscontro del reato in questione, ritenendo invece necessario anche l’accertamento della provenienza delle risorse utilizzate per l’acquisto o la realizzazione del bene.
E, in tal senso, di recente, la Cote Suprema di Cassazione, VI sezione penale, con la sentenza nº 26.931 del 29/05/2018, ha affermato che “ai fini dell’integrazione del reato di intestazione fittizia di beni, di cui all’art. 12 quinquies, comma 1, del Decreto Legge nº 306 dell’8 giugno 1992, non è sufficiente l’accertamento della mera disponibilità del bene da parte di chi non ne risulta essere formalmente titolare, in quanto occorre la prova, sia pur indiziaria, della provenienza delle risorse economiche impiegate per il suo acquisto da parte del soggetto che intenda eludere l’applicazione di misure di prevenzione.
Infine, sempre attorno al rispetto della ratio legis, si richiama un’ulteriore corrente giurisprudenziale che, riscontrando le finalità elusive previste dalla norma, anche laddove si trova in presenza di “soggetti solo potenzialmente sottoponibili a misura di prevenzione”, rischia di applicare la norma a condotte non previste dalla stessa come reati (Cass. Pen., Sez. I, nº 17.546 del 6/04/2017; Sez. V, nº 39.837 del 02/07/2013; Sez. II, nº 45 del 24/11/2011; Sez. V, 13.083).
Invero, integra il reato di trasferimento fraudolento di valori solo la condotta elusiva di chi si trova concretamente nelle condizioni di essere destinatario di una misura di prevenzione di natura patrimoniale o di chi, perlomeno, ha conoscenza della pendenza di un procedimento penale a suo carico per reati da cui può conseguire l’ablazione del suo patrimonio.
E, al riguardo, la Corte di Cassazione, II sez. penale, con la sentenza nº 12.871 del 9/03/2016, ha asserito che “il delitto di trasferimento fraudolento di valori di cui all’art. 12 quinquies del DL 8 giugno 1992 è un reato di pericolo astratto, essendo sufficiente, per la sua commissione, che l’agente, sottoposto o sottoponibile a una misura di prevenzione, compia un qualsiasi negozio giuridico al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali; ne consegue che la valutazione circa il pericolo di elusione della misura va compiuta ex ante, su base parziale, ovvero, alla stregua delle circostanze che, al momento della condotta, erano conosciute o conoscibili da un uomo medio in quella determinata situazione spazio/temporale. (Fattispecie relativa a intestazione di quote fiduciarie alla figlia dell’imputato, nella quale la Corte Suprema ha annullato la decisione della corte territoriale per difetto di motivazione in ordine al pericolo, non essendo stati indicati gli elementi di fatto idonei a far temere all’imputato di essere sottoposto a misura di prevenzione, avuto riguardo al carattere risalente dei precedenti, per i quali era in parte intervenuta la riabilitazione, ed alla sentenza di assoluzione pronunciata).
A tal proposito si osserva che chi scrive, pur non condividendo la qualificazione del reato di trasferimento fraudolento di valori come reato di pericolo astratto, per come sarà specificato successivamente, non può negare che i limiti della norma e, più in generale, del diritto penale vengono, comunque, rispettati.
Invece, essi non vengono più rispettati quando si prescinde anche dal dato processuale dell’indagine penale e si ritiene sufficiente il semplice timore dell’autore della condotta di essere sottoposto a misura di prevenzione (diritto penale delle intenzioni) senza che sussistano tali condizioni finendo, così, per sconfinare nella figura del reato impossibile, ovvero nel diritto penale delle intenzioni.

Foto: lefisco.com


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