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Costume e SocietàLetteratura

Leggi e punizioni per l’adulterio a Locri: un confronto con le norme semitiche

La Repubblica dei Locresi di Epizefiri

Edil Merici

Di Giuseppe Pellegrino

Per le donne adultere era la gogna pubblica, ma la legge proibiva azioni violente o mutilanti. A Dyme, si dice che la donna venisse messa a dorso di una asino nell’agorà e poi dovesse percorrere le strade della città, tanto che veniva detta detta onobàtis, cioè cavalcatrice di asini.
Sempre per privileggiare il confronto con le leggi semitiche, che sono un punto di riferimento costante in questa opera, posta la tesi dell’influenza semitica sulla legislazione locrese, è bene ricordare il divieto assoluto della legge di Dio(Non desiderare la donna di altri),che trova pure nell’Antico Testamento i suoi principi (“Non commettere adulterio”, Esodo 20:14). Dunque vige il divieto assoluto, per uomini e donne sposate, di avere rapporti sessuali con persone diverse dal coniuge. A titolo di pena, il Levitico 20:10 commina la morte sia per l’adultero sia per l’adultera: la sanzione è uguale per entrambi ed entrambi dovevano essere puniti.
L’inflizione della pena capitale è giustificata dall’importanza centrale del rapporto matrimoniale nel pensiero di Dio (vedi per esempio i divieti di matrimoni misti di Numeri 36), e dalla gravità di ogni mancanza alla fedeltà coniugale, che è il fondamento del matrimonio stesso (confronta Genesi 2:24; Matteo 19:6). Gesù ha radicalizzato l’adulterio, estendendolo a qualunque pensiero impuro, compiuto anche da persone non sposate (Matteo 5:27-28).
E tuttavia quest’ultimo concetto non è del tutto vero se si richiama l’episodio dell’adultera che i sacerdoti portano davanti a Gesù perché ne disponesse per la lapidazione. E Cristo disse: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra.” Nessuno osò. E la donna si rivolse a Gesù per sapere della sua sorte; e Cristo le rispose che nessuno l’aveva condannata e neppure lui lo avrebbe fatto (Papa Francesco avrebbe detto: chi sono io per giudicarti?), ma la invitava sulla giusta via.
L’episodio non viene richiamato quasi mai nelle letture, per la ragione che in questo modo, oltre a smentirsi Matteo, si darebbe adito ad affermare che Gesù Cristo verso l’adultera avesse un concetto tollerante. A dire il vero anche il Vangelo apocrifo di Filippo (ma tutti i vangeli sono apocrifi) sul rapporto uomo-donna, Gesù ha una visione diversa, se egli, si dice nel testo, sposò la Maddalena, e la passione per la donna lo portò a trascurare i compagni di viaggio.
Come si vede, ancora una volta vi è corrispondenza tra norme semitiche e norme locresi.
Nella storia del diritto occidentale si è sempre previsto questa figura criminosa, ma in realtà erano solo le donne a essere punite, con la morte o l’infamia sociale: il diritto dell’uomo all’adulterio (purché con donne non sposate) era contemplato nel diritto romano, mentre solo col diritto canonico (che qualche riferimento alla Bibbia lo ha sempre fatto), si affermò la parificazione dell’infedeltà del marito a quella della moglie. Il codice penale italiano, fino al 1968, prevedeva due figure criminose distinte: l’adulterio della moglie e il concubinato del marito. Nel primo caso (articolo 559 del Codice Penale) la pena, anche per il correo, era fino a un anno di reclusione e di due in caso di relazione adulterina; nel secondo caso (art. 560 del CP), l’uomo e la sua concubina erano puniti con la reclusione fino a due anni.L’adulterio era comunque solo quello della moglie, ed era considerato come fattispecie criminosa più grave da quasi tutti gli studiosi. L’errore farisaico, raccontato in Giovanni 8:3-5, non esiste, evidentemente, solo nelle menti di uomini antiquati. D’altro canto il perdono di Dio, che non nasconde il peccato commesso e nello stesso tempo redime la donna pentita (verso 11), s’innalza al di sopra di ogni imperfetta legge umana, che da sempre ha teso a perseguire le donne, spesso considerandole streghe o esseri diabolici e non persone umane, creature amate da Dio, come fa il Pentateuco. Per inciso, anche se l’esclusione della rilevanza penale dell’adulterio è conseguenza di un più ampio processo di disgregazione della famiglia e del matrimonio, si può notare come l’adulterio abbia oggi in Italia ancora rilievo civilistico: sotto il nome tecnico di violazione del dovere di fedeltà coniugale, esso rappresenta uno dei fatti che possono rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, e che costituiscono eventuali presupposti della separazione e successivamente del divorzio dei coniugi (Confronta art. 151 del codice civile).
L’unico elemento a variare nel tempo è stata la pena: morte, fustigazione, reclusione, perdita del rango civile. La gravità della pena è determinata sulla base di variabili disparate, culturali e sociali, che vanno attentamente esaminate prima di esprimere giudizi frettolosi.
Le conclusioni sono ovvie. A Locri vigeva una legge semplice, severa e punitiva, come tutte le leggi di Zaleuco. In definitiva la pena data ad uomo e donna contemporaneamente. Pur nella sua crudeltà, era anche una forma di rispetto, per un soggetto che veniva ritenuto degno anche di diritti, seppure al passivo. Altrove, oltre ad avere leggi ben più crudeli, vi era sempre la possibilità per il ricco di cavarsela.

Foto: premiovittoriobachelet.eu

Redazione

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