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Costume e SocietàLetteratura

Un giro in città tra vanità e riflessioni

Storie d’altri tempi

Edil Merici

Di Francesco Cesare Strangio

Dopo i convenevoli, Salvatore invitò il parente al bar, dove erano seduti i quattro compagni di mestiere. Sergio aveva un fare spavaldo; all’anulare della mano destra portava un grosso anello con una pietra che contraddistingueva la sua posizione in seno all’onorata società. Fatte le presentazioni, prese posto al tavolino assieme agli altri. Con la scusa dell’acquisto dell’auto, volle offrire lui un giro di birra.
«Che ne dite dell’auto? Dalla sua categoria è la più veloce al mondo». Disse, con orgoglio, Sergio.
I quattro rimasero ammirati dal bolide parcheggiato a pochi metri da loro. Nessuno, pur desiderandolo, osava manifestare il desiderio di fare un giro per il paese per mettersi in mostra.
Era il giorno delle meraviglie. La giornata l’aveva aperta Rocco con la Kawasaki 500, poi, per continuare, il cugino di Salvatore con il GT Junior 1300.
Marco, come sempre attento, osservava le cose e rifletteva: “Chi si guadagna da vivere con il sudore della propria fronte non può lasciarsi andare a spese oltre il limite delle proprie capacità finanziarie.”
Solo Rocco poteva osare giacché era un babbione fottuto, capace di spendere più di quello che guadagnava.
Il comportamento di Rocco nello spendere, spesso portava mastro Filippo a rimproverarlo.
Rocco ribatteva al rimprovero, dicendo: «Sono un povero orfano sfortunato. Se la fortuna fosse stata dalla mia parte, papà e mamma non sarebbero morti prima del tempo».
Quelle parole toccavano nel profondo mastro Filippo che, in silenzio, se ne andava al bar per smaltire la rabbia mandando giù un paio di bicchieri di bianchetto.
Le lacrime di Rocco facevano calare sul posto di lavoro un silenzio surreale. Salvatore, reduce della sventura abbattutasi sulla sua casa, si accompagnava, per il resto della giornata, da cupa malinconia.
«Andiamo a fare un giro!».Disse Sergio.
Il gruppo lasciò il bar e si diresse verso la macchina.
«Come facciamo a entrarci tutti?»osservò Antonio, che nel frattempo si era messo in disparte per lasciare il posto agli altri.
«Effettivamente l’auto è omologata solo per tre passeggeri più l’autista.»
«Facciamo così: andate per primi Marco, Antonio e Cosimo
» propose Salvatore, riservandosi di andare per ultimo assieme ad Agazio.
Saliti in auto, partirono per soddisfare la propria smodata ambizione.
Nel mentre appagavano la propria vanagloria, incontrarono Rocco che parlava con Eleonora detta a sicca.
«Ferma un pò!» disse Marco.
Tirò giù il finestrino e chiese a Rocco: «Cosa stai facendo?»
Rocco si girò e, nel vedere il GT Junior, disse: «Dove l’avete rubato?»
«Perché tu la moto l’hai rubata?» controbatté Marco.
«Scherzi? L’ho pagata in contanti! Solo che il costo tra la moto e l’auto è molto diverso!» rispose Rocco, ridendo.
«Non è mia, è del cugino di Salvatore!» nel sentire il nome di Salvatore, si avvicinò allo sportello per vedere di chi si trattasse.
Rivolgendosi al forestiero disse: «Sei il cugino di Salvatore?»«Sì! E tu chi sei?»«Sono Rocco Valpreda, il nipote del titolare dell’impresa dove lavora tuo cugino!»
«Bravo! Vedo che sei una persona importante!
»«Certamente! Quando manca mio zio prendo io il comando!»«Complimenti! Quando finisci con la ragazza, vieni al bar, che ti offro da bere!»
«Tra dieci minuti sarò al bar Carducci, solo che offro io!»
Rocco, quando gli veniva offerto da bere lo percepiva come un’offesa. Era come se lo considerassero un povero straccione.
«Che razza di personaggio è, Rocco?» domandò Sergio.
«È un tipo particolare. Si racconta che, quando aveva poco meno di tre anni, sia caduto dal letto ed è andato in coma. In fin dei conti è una gran brava persona.» specificò Cosimo.
«Questo vuol dire che non posso pagare io?»«Basta solo assecondarlo lasciando a lui l’onore del primo giro, poi si mette in riga lasciando pagare gli altri.»
«Non c’è nulla da fare: ogni testa è un tribunale!
» soncluse Sergio Altomonte.
La macchina stava per completare il giro del paese usando solo la prima marcia poiché non c’erano vie tali da poter dare la possibilità al propulsore di sfogare la sua potenza. Il rombo cupo del motore dell’Alfa echeggiava lungo le strade. In prossimità del bar la strada era larga una decina di metri: Sergio ebbe così la possibilità di affondare il piede sull’acceleratore, facendo sentire ai passeggeri l’effetto dell’accelerazione. Salvatore e Agazio Loiero sentirono il rombo possente del GT Junior e subito si alzarono per andare a fare il loro giro.
I tre fecero per scendere, ma Sergio disse: «Scende solo uno e sale Agazio. Mio cugino resta per ultimo così, alla fine, andiamo a casa sua: desidero salutare i parenti.»
Dall’auto scese Marco; entrato nel bar prese posto al tavolino dove c’era Seduto Salvatore. Con l’arrivo di Marco Fera, Salvatore fece cenno al Carducci che da lì a poco gli servì due birre Peroni.
Salvatore aveva abbandonato da qualche tempo i giochi e la semplicioneria della fanciullezza; su di lui era calata l’impietosa mannaia del tempo, nulla aveva più il sapore di una volta, quando tutto era limpido come la luce del sole in un giorno dal cielo terso.

Foto: car-shooters.com

Redazione

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