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Costume e SocietàLetteratura

La Maestà delle Donne di Satriano

La Voce Letteraria

Di Luisa Ranieri

Non c’erano luoghi di divertimento organizzato, nella Satriano di allora, se si escludevano, naturalmente, quelli dell’oratorio della Chiesa Matrice o del Convento delle Monache.
Dal 1952 al 1959 aveva, per la verità, funzionato in paese anche un cinema, La Croce del Sud che, però, a causa della concorrenza da parte della (recentemente nata) televisione, aveva dovuto chiudere presto i battenti. Noi bambini, comunque, non avevamo il permesso di andarci ed era come se per noi non esistesse.
Non c’erano, dunque, per noi, luoghi di divertimento mentre, in paese o fuori di esso, c’erano abbondanti fontane di acqua che, scendendo freschissima dalla montagna, andava a riversarsi in vasconi appositamente attrezzati dal Comune per i bisogni delle famiglie che non l’avevano in casa (la maggior parte). Ed ecco che sul tardo pomeriggio cominciava una processione di donne che, tenendo per mano i figli più piccoli e dietro quelli più grandi, vi si recavano, munite di secchi e casseruole varie, per farne scorta e intanto trascorrere delle ore insieme alle amiche o alle nemiche o alle presunte tali.
E, una volta giunte a destinazione, la loro sosta si prolungava all’infinito, dando origine, attraverso chiacchiere, aneddoti, pettegolezzi e riflessioni sulla vita, a un cinema all’aperto pieno di storie personali che si svolgevano a Satriano o nei paesi  limitrofi, ma anche in quelli lontanissimi della ’Merica, della ’Stralia, della ‘Nghilterra in cui tutte avevano qualche parente emigrato.
E il mondo ai nostri occhi di spettatori si allargava all’infinito in una fratellanza che poi nella realtà delle nostre vite successive non sempre avremmo trovato.
Noi cuginetti che l’acqua in casa ce l’avevamo, anche se somministrata con oculatissima parsimonia per via delle manie del Nonno, non mancavamo mai di accodarci alla processione delle donne per stare insieme ai nostri coetanei e alle loro mamme, sorelle o zie e seguire, attraverso il racconto delle loro vite, quello più grande della Vita Universale che le comprendeva tutte.
Meglio di qualunque libro o cinema o rappresentazione teatrale.
Non erano – beninteso – tutte scene idilliache, quelle che si svolgevano alle fontane: spesso gli animi si surriscaldavano e si veniva alle mani e qualcuna usciva dalla zuffa con le guance graffiate dalle unghie di un’altra e gli occhi pieni di lacrime rabbiose.
Ripenso anche ai piedi, quasi sempre nudi, che calpestavano la fanghiglia onnipresente intorno ai vasconi, al freddo dei primi giorni autunnali, a quello intenso del pieno inverno, alle malattie reumatiche che quelle donne potevano aver contratto seguendo giorno dopo giorno quell’antico rito legato all’acqua, ma su tutto prevale la visione della loro Maestà quando se ne tornavano dritte come fusi con quei pesanti contenitori pieni d’acqua sulla testa, protette solo da una corona di stracci che le faceva assomigliare per andatura e portamento a delle vere Regine.

Tratto da Sulla scacchiera della vita pag. 69-70

Redazione

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