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Costume e Società

Monsignor Francesco Oliva: “Sogno un’Azione Cattolica al servizio del mondo”

Il messaggio che il Vescovo della Diocesi di Locri-Gerace lancia in occasione della festa di San Giuseppe.

Di ✠ Francesco Oliva, Vescovo di Locri-Gerace 

Desidero manifestarvi la mia vicinanza in questo delicato momento che appartiene all’ordine delle ‘cose nuove’ da comprendere alla luce dello Spirito, che ci guida nel cammino della storia. Pur tra incertezze e paure, andiamo incontro alla Pasqua del Signore. Con la speranza di essere da Lui trasformati. Mendicanti di vita nuova, c’è in noi la speranza di ritrovare ragioni vere, per andare avanti e non rimanere prigionieri delle cose, dell’ansia o, peggio ancora, della rassegnazione.
Nel cammino verso la Pasqua, la Chiesa ci affida a San Giuseppe, al quale Papa Francesco ha dedicato la Lettera Apostolica Patris Corde in occasione del 150º Anniversario della sua proclamazione a Patrono della Chiesa universale. Nello Sposo di Maria abbiamo un vero testimone di fede, “che non cerca scorciatoie, ma affronta a occhi aperti quello che gli sta capitando, assumendone in prima persona la responsabilità”. Ecco l’uomo giusto, che ha amato Gesù “con cuore di padre”, mostrandoci che “avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza, che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca.”
Consegno alla vostra riflessione la figura di San Giuseppe, “l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà”. È, l’uomo del popolo, un vero laico. Fate affidamento su di lui, condividendone la testimonianza di laicità, il modo da affrontare le difficoltà con lo sguardo fisso sulla sua missione di custode del Redentore. Accoglietelo come patrono del nostro tempo, custode della nostra speranza e delle nostre attese. Con lui possiamo imparare ad attendere e a sperare, a essere attenti alla realtà che ci sta attorno.
Siate custodi, attivi e vigilanti, della missione ricevuta: vivere nel mondo senza essere del mondo (cfr. Giovanni 17, 14). Cosa comporta la custodia di questa missione, se non l’essere comunità in movimento, che condivide le lotte e le speranze degli uomini di oggi? Anche in tempo di pandemia! Appartenere all’Azione Cattolica contraddice con lo stare lontano dal popolo: voi stessi venite dal popolo e siete chiamati a stare in mezzo al popolo. È un’appartenenza che vi fa riscoprire la bellezza dell’essere popolo di Dio, parte di una comunità più grande. Voi siete uomini e donne che formano comunità nuove, “realmente e intimamente solidali” (Gaudium et spes 1), che vivono nella quotidianità il carisma laicale e popolare. Entrate nell’orizzonte della Pasqua, che porta a ribellarsi, ovvero a tornare al bello, a ciò che rende bella la vostra vita e quella della comunità con le sue prassi di accoglienza, di laboriosità, di sacrificio nelle situazioni di crisi, di amore per la propria terra. Questa è la vostra vera sfida: tornare al Bello, vivere un’esperienza pasquale che segni il passaggio dall’umiliazione, dalla sofferenza e dalla paura del contagio e della morte alla vita nuova in Cristo Risorto. Una narrazione, questa, che merita di essere vissuta, prima ancora che raccontata.
Tornare al bello è per voi essere comunità di uomini e donne interiormente rinnovati dall’incontro col Signore, che vivono ogni giorno l’esperienza della Pasqua passando dall’essere individui chiusi e autoreferenziali al formare una comunità di persone libere, amanti della vita propria e altrui. Uomini e donne mostrano con i fatti e nella verità che “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” (Gaudium et spes 1).
“Nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” definisce bene la vostra identità! Condividete, perciò, la vita degli uomini e delle donne di oggi, partendo dalla scoperta dei loro interessi e delle loro speranze, dei loro drammi e delle loro attese, dei loro aneliti e delle loro ferite profonde. Sappiate cogliere quanto l’uomo di oggi si attende da chi ha scoperto la gioia dell’essere discepoli missionari. Più che assumere atteggiamenti proselitistici, camminate con loro, ascoltate, soffrite con loro: senza sentirvi degli alieni, siate partecipi del comune orizzonte che ci porta a guardare oltre. È la sfida a vivere “la maternità ecclesiale” dell’AC in un atteggiamento inclusivo e mai esclusivo, accogliente anche di coloro la cui vita è una via crucis della sofferenza, di quanti, appesantiti dalle loro debolezze e cadute, sono però disponibili a camminare con ciò che hanno e secondo le proprie possibilità e condizioni. Non ergetevi a giudici severi del fratello rimasto ai bordi della strada, ma siate uomini e donne cirenei, che alleviano la fragilità altrui.
Siate custodi del vostro carisma, che è quello di una Chiesa incarnata profondamente nell’oggi di una terra in difficoltà, con le sue ferite, i suoi fallimenti e le sue lacerazioni. Sappiate cogliere i segni di Dio presenti nella realtà di questa terra. Sono tanti i segni del Dio che ama la nostra terra con un Amore senza limiti. In un incontro di qualche anno fa, papa Francesco raccomandava all’AC:

Evitate di cadere nella tentazione perfezionista dell’eterna preparazione per la missione e delle eterne analisi, che quando si concludono sono già passate di moda o sono superate. L’esempio è Gesù con gli apostoli: li inviava con quello che avevano. Poi li riuniva e li aiutava a discernere su ciò che avevano vissuto. Che sia la realtà a dettarvi il tempo, che permettiate allo Spirito Santo di guidarvi. Egli è il maestro interiore che illumina il nostro operato quando siamo liberi da preconcetti e condizionamenti. S’impara a evangelizzare evangelizzando, come s’impara a pregare pregando, se il nostro cuore è bendisposto.

Nella vostra Associazione sono presenti tutte le età, dai più piccoli, ai giovani, agli adulti, agli anziani, che ne sono membri da lungo tempo. Penso ai nonni e alle nonne che si sono formati nei gruppi di AC. Attraverso di loro molti giovani, forse anche qualcuno di voi, s’è incontrato col Signore e ha conosciuto il suo volto, il Vangelo e la Chiesa. Gli anziani sono il vostro settore orante, contemplativo, ricco di saggezza e di testimonianza. Sono archivio vivente di quel patrimonio di preghiera e di religiosità che ha alimentato e alimenta le nostre comunità. Non solo non li trascurerei ma, mettendomi accanto a loro, raccoglierei le loro preghiere, anche dialettali, con loro gusterei la freschezza e vivacità di una fede popolare, incarnata, che ha saputo dare volto a tanti testimoni della fede.
Siate custodi della bellezza di un mondo che si rinnova nell’incontro con Cristo e il Vangelo e che vive un cristianesimo attivo nel territorio, presente nelle realtà sociali e politiche. La storia dimostra quanto l’AC sia stata presente nel mondo politico, imprenditoriale, professionale. Lo ha fatto per servire la società e il mondo con passione e abnegazione. È insostituibile la vostra presenza nelle parrocchie, ove poter essere impegnati nell’azione caritativa, nelle attività culturali e professionali, nelle problematiche ambientali e sociali, nelle carceri, negli ospedali, nelle cooperative rurali. Non lasciatevi rubare l’indole popolare che vi fa essere un’Associazione che sta tra la gente e in tutti gli ambiti propri della città. Illuminati dallo Spirito, sappiate essere una lampada posta sopra il moggio, che dà luce e colore a tutta la casa. Lasciatevi animare dal lievito dello Spirito, che spinge ad andare avanti, nonostante le difficoltà, le sofferenze, i problemi, i rifiuti e l’indifferenza, le porte chiuse, che potete incontrare sul vostro cammino. Se in voi abita lo Spirito Santo, la vostra vita associativa sarà piena di speranza, anche nei problemi e nelle difficoltà. E supererete il virus della sterilità, che rende insignificanti.
Siate custodi della vostra indole secolare, di una fede che genera nuovi cristiani e diventa missionaria, andando per le strade e nelle periferie, prendendosi cura degli ultimi, dei poveri e dei migranti. Recuperate l’entusiasmo di una volta, il dinamismo missionario che vi ha sempre contraddistinto, l’impegno nella città, senza cui la vostra identità e carisma rischiano di venir meno. Che la vostra aspirazione non sia quella «di far parte del sinedrio delle parrocchie che circonda il parroco, ma la passione per il regno» (Papa Francesco). Camminare nella Chiesa, condividendone l’attività apostolica, vi porta ad essere spesso in prima fila. Ma il vostro ideale non sia quello di essere i primi della classe, i maestri-censori di chi ha un passo più rallentato. Mettete in campo tutto il vostro entusiasmo apostolico per attirare a Cristo gli ultimi della fila, coloro che si dicono poco praticanti.
Il messaggio più prezioso che come AC dovete trasmettere nelle nostre comunità è essere mendicanti del Regno, “trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio”. Quest’indole secolare vi porta a “contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo, esercitando il proprio ufficio sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo a manifestare Cristo agli altri principalmente con la testimonianza della loro stessa vita e col fulgore della loro fede, della loro speranza e carità” (Lumen gentium 31). Riscoprire la ricchezza e profondità di questo testo conciliare vi aiuterà a custodire e valorizzare il vostro carisma laicale che tanto bene fa alla Chiesa.
Sogno un’AC veramente laicale, che mette da parte gli abiti clericali e si pone a servizio del mondo più che delle sacrestie. Sappiate osare di più: non siete più fedeli alla Chiesa, se aspettate a ogni passo che i sacerdoti o il vostro parroco vi dicano che cosa dovete fare.
Comportatevi da adulti nella fede, in modo che nessuno possa opporre riserve alla vostra passione per il Cristo e il Vangelo. È quello di cui ha bisogno la nostra Chiesa oggi. Le parrocchie e i sacerdoti, che possono contare su un’AC viva, che ha la sua dimora fuori del recinto sacro e che non trascura la contemplazione, l’Eucaristia e l’ascolto della Parola, sanno di avere una risorsa in più.
In questo tempo di grazia, possa ciascuno di Voi sperimentare la gioia dell’incontro col Risorto e poter cantare tutti insieme l’Alleluia pasquale. Sentiamoci vicini e lasciamo che il suo amore trasformi la nostra vita. Possiamo ben dire, in questa emergenza sanitaria, che questo tempo “ci porta e ci fa conoscere un nuovo inizio” (Atanasio, Lettere pasquali). È il nuovo che siamo chiamati a discernere, lasciandoci rinnovare dalla vita che risorge. Disponiamoci a vivere il nuovo che sta accadendo qui e ora con cuore pentito e riconciliato, rinnovati dal lievito di Cristo, nostra speranza (cfr. 1 Corinzi 15)!
Chiedo a ciascuno di Voi una preghiera per me, per i sacerdoti, per tutta la nostra chiesa diocesana. Altrettanto farò per tutti voi, che mi siete tanto cari.
Il Signore volga il suo sguardo su ciascuno di noi e ci renda nuovi nelle intenzioni e nelle opere, facendoci gustare la bellezza dell’essere risorti in Cristo. Amen!

Redazione

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