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Costume e SocietàLetteratura

Il quartiere più bello del mondo

Stasi IX - Conclusi ormai gli accordi commerciali, Francesco Rossi si prende del tempo per sé e si appresta a organizzare la prima spedizione concordata con Klöden e Friedrich, fino a quando non gli arriva un singolare invito da parte dell’affascinante Barbara.

Di Francesco Cesare Strangio

Ad attutire il decadimento del ristorante in cui Rossi, Klöden e Barbara erano entrati, dovuto alla logica della privazione dell’iniziativa privata, vi erano due cameriere di una bellezza angelica e un profumo di carne arrosto che stimolava ulteriormente i succhi gastrici, creando i presupposti per una colossale abbuffata. Prontamente, una delle cameriere andò loro incontro e li accompagnò al tavolo ove presero posto. Rossi lasciò a Barbara e Klöden la scelta del menù.
Durante il pasto i tre continuarono il discorso che avevano iniziato al bar.
Klöden raccomandò Rossi di essere tempestivo nella consegna della merce, onde evitare stati di malumori che avrebbero potuto far vacillare tutta la macchina dell’importazione: «Sarebbe un disastro bloccare un processo di tale portata!»
Rossi rispose con sicurezza: «State tranquillo, l’interesse è di tutti e quindi non dovete nutrire alcun dubbio. State attenti, però, che gli agrumi sono un frutto di natura stagionale e non potranno essere sul mercato per l’intero periodo dell’anno, ma credo di poter risolvere la cosa appoggiandomi ad altri Stati che hanno un ciclo produttivo sfasato rispetto all’Italia… comunque, partiamo dal dato certo.»
A Rossi mancava un punto fondamentale di tutta la trattativa: stipulare un contratto con la DDR, in modo da essere garantito al punto da permettergli di andare direttamente dai grandi produttori per accaparrarsi per tempo la merce necessaria.
La richiesta gli fu subito accolta, tant’è che Klöden gli garantì che entro mezzogiorno del giorno dopo avrebbe avuto in mano i contratti, con tutte le firme necessarie e con la garanzia scritta dalla Banca Centrale.
Ciò significava la certezza matematica dei pagamenti.
Finito di pranzare si avviarono verso l’auto con cui erano arrivati e ripartirono in direzione dell’Alexander Platz.
Una volta giunti all’albergo, Rossi salutò i due e si diresse verso la hall.
Erano poco più che le due e mezzo del pomeriggio e Rossi non sapeva cosa fare, tanto che optò di andare a schiacciare un pisolino antistress.
Dopo circa tre ore, il telefono sul comodino ruppe il silenzio della camera, ponendo fine alla pennichella di Rossi: era Barbara, che lo invitava a cena a casa sua.
Naturalmente Rossi accettò l’invito e si accordarono che sarebbe passata lei a prenderlo verso le 19:30.
All’ora prestabilita Barbara si presentò nella hall dell’albergo. Era arrivata con una macchina di fabbricazione russa che assomigliava più a un carro armato che a un’automobile.
Rossi salì e si complimentò per l’autovettura. Barbara sorrise a lungo, tanto che le vennero le lacrime agli occhi. Rossi la osservava incuriosito.
Barbara gli fece notare che si recava spesso a Bergamo dai parenti, nell’occasione aveva avuto modo di vedere le auto in circolazione; l’unica cosa che le accomunava alla sua erano le ruote, lo sterzo e forse l’intensità delle luci. Per il resto, si poteva tranquillamente dire che la sua auto, se di autovettura si potesse parlare, assomigliava più a un carro medioevale che a un’auto italiana.
Finirono le osservazioni sul mezzo di locomozione con una grande risata, cosa che permise all’uomo di scaricare una parte dello stress accumulato.
La macchina camminava a velocità moderata, cosa permise a Rossi di ammirare l’architettura dei fabbricati che erano rimasti in piedi durante il bombardamento della Seconda Guerra Mondiale. La bruttura degli edifici lo portò a rilevare il decadimento della tipologia di edilizia post-bellica.
Alla periferia di Berlino, lato Est, vi erano una serie di palazzi messi in fila; al quarto blocco Barbara parcheggiò l’auto e disse: «Siamo arrivati nel quartiere più bello del mondo». Alla battuta seguì una risata.
Barbara, vedendo Rossi che guardava i palazzi con particolare curiosità, precisò: «Questi sono edifici di ultima generazione, in definitiva sono sufficientemente confortevoli.»
La donna fece da cicerone nei meandri del quartiere.
Entrarono in un ampio ingresso ove vi era un vano scala a C che racchiudeva un ascensore composto da una struttura chiusa con una porta grigliata colorata di nero.
Una volta dentro all’angusto vano, Barbara posò l’indice della mano destra sul pulsante contrassegnato dal numero otto, e l’ascensore partì velocemente verso l’alto.
Durante la salita, in concomitanza dei vari piani, si accendeva una luce rossa e una campanellina emetteva un secco suono metallico. Una volta arrivati, Barbara uscì per prima per fare strada e Rossi non poté fare a meno di osservarle il fondoschiena; quell’immagine la sostituì mentalmente con un’altra meno stimolante: era un modo per deviare il pensiero e placare gli istinti primordiali.
Gli occhi, come se ubbidissero a un ordine superiore, andavano sempre sul fondoschiena. Rossi si sforzava di spostarli in tutt’altra direzione: doveva, ad ogni costo, mantenere basso il tasso del testosterone.

Foto: tiscali.it

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