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Costume e SocietàLetteratura

Il baratto


Edil Merici

Di Giuseppe Pellegrino

È noto che per baratto si intende, in economia, un’operazione di scambio bilaterale o multilaterale di beni o servizi fra due o più soggetti economici (individui, imprese, enti, governi e via discorrendo) senza uso di moneta. Tale istituto, nell’ambito del diritto, viene conosciuto come permuta. Sicuramente quello del baratto è un sistema antico, ma non si creda per questo poco raffinato. In una società complessa come quella attuale è impossibile pensare a uno scambio multilaterale con un simile sistema. Ma in una popolazione che, all’origine, non superava le 5.000/6.000 unità, questo era auspicabile, oltre che fattibile. Il motivo sta nel fatto che questa forma di scambio di beni torna in auge nei momenti di crisi e viene adattata alle nuove povertà.
È notizia recente una convenzione tra una società che permette di aprire una piattaforma di negozio virtuale e un’altra che ha un sito che permette il baratto. La prima è una piattaforma on line di e-commerce, senza commissione di vendita con 90.000 utenti, la seconda è una piattaforma italiana per il baratto multimediale on line. In una vetrina virtuale si espongono i prodotti usando una moneta, sempre virtuale, dal valore unitario di un euro, con cui vengono quantificate le transazioni. Il tutto senza alcuna liquidità o credito bancario. È il baratto del XXI secolo con l’uso della rete Internet, ma in concreto è baratto di merci contro merci o di merci contro prestazioni, non diverso nella sostanza da quello descritto per Babilonia.Va chiarita in primo luogo la modalità della corresponsione di beni di consumo o di altro ai fini delle tasse. Come va chiarito chi erano i soggetti obbligati al pagamento. Intanto, si premette che l’Erario a Locri era gestito dal Tempio di Zeus, tema che approfondiremo in seguito ma che, per ora, è sufficiente sapere fosse una pratica comune a molti popoli.
A Babilonia è stato trovato il primo metallo utilizzato come mezzo di pagamento, il cui valore fisso era legato a quello dell’argento. I templi assunsero la funzione di vere e proprie banche di deposito in il popolo poteva portare l’eccedenza di prodotti e di metallo; i sacerdoti contabili operavano una sorta di apertura di credito, segnata su delle tavolette di terracotta, veri e propri titoli al portatore in cui veniva stabilita una quantità astratta di valore corrispondente alla merce depositata. Successivamente, quando le persone volevano un altro tipo di prodotto depositato nel tempio, si seguiva il procedimento inverso.
Dunque, questa funzione, a Locri, la svolgeva il Tempio di Zeus per come provato dalle tabelle rinvenute.
Se vi è un precedente nel Codice di Hammurabi per le leggi scritte, in esso vi è anche l’indicazione dell’applicazione delle pene secondo legge, commisurate ai prodotti, alla merce o ai servizi. Non è da escludere che Zaleuco abbia potuto trarre ispirazione, in quanto è da escludere che per ogni violazione di legge si applicasse la legge del laccio.Quando a Locri si usava la pena dell’ammenda per reprimere un fatto illecito (come per la violazione del divieto di piangere i morti o la violazione di chiedere, tornati da un lungo viaggio, se vi fossero novità a Locri) era quasi sicuramente con riferimento al peso di beni in natura, essendo complicato prevedere (soprattutto per chi non risiedeva a Locri) la pena in agnelli, capre, maiali et similia.Quanto ai beni che potevano essere depositati presso l’Erario non può escludersi la possibilità di deposito di metallo o di attrezzi di lavoro. Non diversamente da quanto accertato per altre civiltà mediterranee contemporanee a quelle di Locri.
Con questo termine si indicano oggetti di uso comune di materiale metallico che vennero nei tempi antichi anche utilizzati come merce di scambio. Tale funzione diventerà in seguito primaria e rimarrà la forma dell’oggetto che però non verrà più utilizzato per la sua funzione originaria. Esempio evidente di tale fenomeno sono le asce bipenni trovate nel centro Europa, prive di lama, dallo spessore assai ridotto e dal diametro del foro troppo piccolo per inserirvi un manico, erano praticamente inservibili come attrezzi e utilizzati esclusivamente come mezzi di scambio.
Nell’area mediterranea la funzione di moneta utensile viene ricoperta dagli obeloi (spiedi per la carne di diverse dimensioni e portata utilizzati anche per sacrifici religiosi, dai lebeti (contenitori metallici usati in cucina e in ambito religioso), e dai tripodi, grandi treppiedi utilizzati per sorreggere vasi anfore. Al riguardo si racconta che nell’antica Grecia, al giudice che entrava in tribunale si consegnava, quale simbolo della sua carica, il bastone giuridico che veniva restituito appena emessa la sentenza. A ricompensa della sua prestazione egli riceveva poi uno o più spiedi di ferro (proprio di quelli usati per infilarvi l’arrosto). Munito di questi ultimi, il Magistrato si recava dal sacerdote che, secondo il numero degli spiedi ottenuti, gli assegnava uno o più pezzi di carne. Nei poemi omerici questi oggetti sono indicati come premi dei giochi con funzione monetaria, lo stesso Erodoto ci racconta di avere visto personalmente gli obeloi dedicati da Rhodopis al santuario di Apollo a Delfi e li descrive abbastanza lunghi da infilzarci un bue. Queste forme premonetali sono inoltre ampliamente documentate da ritrovamenti archeologici in vari siti, come ad esempio centottanta obeloi dal peso di 72,5 kg cadauno offerti da Fidone, nell’Heraion della sua città, nel Peloponeso, rinvenuti da archeologi francesi durante scavi ottocenteschi e ora conservati presso il museo numismatico di Atene.
Il fatto che tali oggetti fossero molto spesso ricordati come offerte votive in molte iscrizioni storiche induce gli studiosi a ritenere che essi nacquero originariamente come strumento di sacrificio con funzione religiosa, per poi passare progressivamente a strumento di scambio.
Altro esempio di moneta utensile, che testimonia l’utilizzo del bronzo fuso nel Mar Nero, sono rappresentati dalle punte di freccia prodotte nella prima metà del VI secolo a.C. nei pressi di Berezan, nella Tracia (Mar Nero) utilizzate nei rapporti di scambio all’interno dei territori occupati dai medesimi mentre nella vicina Olbìa si assunse la forma del delfino.
La Cina era certamente lontana, ma meno di quanto si creda se l’India sembra già conosciuta ai tempi di Zaleuco e sicuramente vi soggiornò poco tempo dopo il nostro Pitagora. Ora, in Cina, a partire dal VII secolo a.C., si maneggiavano denari di bronzo a forma di coltelli a lama ricurva ritrovati specialmente nelle zone costiere in cui nella pesca venivano effettivamente utilizzati coltelli simili, mentre nel quinto secolo, soprattutto nelle zone agricole interne, apparvero monete simili a vanghe. L’unità di peso a cui si riferiscono è basata sullo shu (0,56 grammi), 24 shu formavano un liang. Esistono tre tipologie di questi vanghe; la prima priva di incisioni dal peso di 3 liang, la seconda, denominata ch’ien, compare verso il 400 a.C. presentando varie incisioni tra cui il peso, ma non l’autorità emittente. La terza tipologia presenta una forma più elaborata ed è prodotta in esemplari da mezzo a un liang.
Lo storico Eforo, ma anche da altre fonti più tarde, per come riportato da Diodoro Siculo, attribuiscono a Fidone, re di Argo l’invenzione della moneta. Si dice che il re avrebbe introdotto tale innovazione nell’isola di Aegina dopo aver donato al tempio di Era (moglie di Zeus) gli spiedi utilizzati precedentemente come mezzo di scambio. Non è però chiaro se Fidone coniò effettivamente delle monete o si limitò a introdurre nuovi sistemi di pesi e misure (Sistema aeginetico).
Quello che conta è che il riferimento a Zeus, anche quando veniva chiamata in causa Era, in materia di Deposito-Erario, è sistematico presso l’antica Grecia.

Foto: lamoneta.it


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