ADVST
Costume e SocietàLetteratura

Il Codice di Gortina

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri XXIX - Continua l’approfondire alcune delle formule del diritto che regolamentava la vita sociale della più importante città della civiltà cretese. La legge, a Gortina, era amministrata infatti da un codice molto rigido al quale, lo abbiamo già accennato, quello di Zaleuco dovrà davvero moltissimo.

Di Giuseppe Pellegrino

Per il Codice di Gortina, la terra coltivabile ha natura sociale, non essendo ammessa la proprietà individuale (klàros, klèros presso i locresi e gli spartani). La proprietà viene assegnata a un gruppo famigliare o a una famiglia allargata. Il lotto si chiamava klàros e veniva coltivato in concreto da servi presso la famiglia, ossia schiavi adatti ai bisogni della casa detti oikeis o da schiavi addetti alla coltivazione dei campi, detti douloi.
È superfluo ricordare che il regime come precedentemente delineato ha portato a due correnti di opinione: la prima che considera la oikia/klàros come l’usufrutto sulla terra da parte di una famiglia allargata; la seconda, al contrario, come prova di esistenza di proprietà privata gestita a mezzo di servi/schiavi.
L’istituto del klèros è esistito anche presso i locresi e presso gli Spartani ma a Locri, in concreto, ha avuto una sua specificità. La terra appartiene alla polis, che la concede a un gruppo famigliare, che ne è proprietario, con il limite di non poter vendere il bene se non in casi specifici. La terra è proprietà tanto che è bene in successione. In definitiva la terra aveva una funzione sociale, che non era solo quella di mantenimento della comunità ma, indirettamente, un modo per agevolare il pagamento delle tasse o in modo indiretto (liturgia) o in modo diretto (conferimento dei beni o di nomisma).
Si badi bene che la disciplina del klàros, a Gortina, riguardava solo la terra, e non gli immobili nella polis (ovvero le case) che, invece, appartenevano ai singoli, come diretto diritto di proprietà. Essa sarà oggetto di eredità ai suoi discendenti, come la metà dei beni del de cuius. La particolarità stava nel fatto che, nel caso il defunto avesse, oltre la casa, altri beni (kremata), alla successione partecipavano anche le figlie femmine.
Sempre di origine micenea sono i sissizi, presi integralmente dagli spartani. Tale uso, probabilmente, all’inizio della sua storia vigeva anche a Locri, ma presto deve essere stato abbandonato, se non vi trova indizio alcuno nella legislazione locrese, seppure il termine sissizio fosse molto in uso un tempo nel dialetto calabrese.
La maggior parte delle norme contenute nel Codice di Gortina riguardano la famiglia. È bene ricordare che vi sono due codici minori (detti OM e NM), sempre di quella polis, che nella nostra dissertazione non vengono presi in considerazione per la ragione che non sono sufficientemente antichi da essere utili per la trattazione e poi si andrebbe oltre i confini del lavoro. In tutte le tre le opere vengono in risalto solo questioni e rapporti patrimoniali, con l’eccezione della possibilità del padre di riconoscere il figlio nato dopo il divorzio, o le norme riguardanti la patria potestà del padre sui figli.
La famiglia presa in considerazione dal codice è quella tipica (padre, madre, uno o più figli), o quella allargata. In questo caso vengono presi in considerazione anche i collaterali, che costituiscono una schiera di successibili dopo, ovviamente, figli, fratelli e sorelle. Questi collaterali partono dai cugini e poi cugine, fino ad arrivare a parenti di 6º grado (nipoti, pronipoti, in linea diretta e collaterale). Dunque, anche di soggetti che non abbiano diretto legame di sangue con il de cuius.
Secondo lo schema di Alberto Maffi, nelle norme nuove e non retroattive rientrano quelle che riguardano la posizione della donna all’interno della famiglia. Senza entrare nella diatriba se le norme siano antiche o innovative, è bene indicare in generale queste linee guida:

  1. la dote che il padre dà alla sposa non deve superare la sua quota parte in caso di successione. Dal che si arguirebbe che prima il padre non potesse fare doni alla figlia; ma c’è chi sostiene il contrario, ossia che sia stato imposto un limite nuovo ai beni della donna;
  2. vi sono norme che limitano il potere di disposizione del marito sui beni della moglie e, di conseguenza, anche del figlio sui beni della madre. Si tratta di norme che limitano la kyreia del marito o del figlio, deceduto il padre, sui beni della madre. Detti beni sono stati conferiti dal padre e rientrano nella piena disponibilità della donna;
  3. viene prevista la facoltà del padre di dare in dono beni di sua proprietà alla figlia; qualcuno insiste che tale potere si estenderebbe anche ai beni della moglie, ma sarebbe in contrasto con la limitazione di cui al nº 2);
  4. la norma di cui al nº 3 trova un rafforzamento nel fatto che, morto il padre, sarà il fratello a fare il dono nunziale, ma prelevando il dono dai beni del padre, così che vi sia una trasmissione simbolica dei poteri del padre al figlio, che agisce sempre nel nome e nello spirito del padre;
  5. il Codice di Gortina prevede la possibilità dell’adozione. Fuori da tutte le diatribe, l’adozione era possibile solo per il padre e non anche la moglie; l’adottato doveva essere un cittadino a pieno titolo.

Particolare rilievo riveste l’amministrazione della Giustizia per come prevista dal Codice.
La funzione giudicante appare svolta da un unico giudice, denominato δικαστής (dikastés,colui che amministra la giustizia, dunque il giudice), assistito da un μνήμη (mnéme, mente, e il verbo relativo indica il tenere a memoria e anche memorizzare, dunque una sorta di cancelliere). Le giurisdizioni sono per materia e non era prevista una fase istruttoria e una dibattimentale, ma la gestione del processo apparterrebbe a un unico magistrato. La decisione del giudice può avere due configurazioni diverse che si chiamavano dikazen e krinen. Il primo sfocia in un giudizio vincolato dalla legge; il secondo è libero e più conforme al giudizio equitativo (libero convincimento del giudice).
Il giudizio del magistrato è vincolato (dikazen) allorché viene presentata una prova testimoniale diretta. Maffi prende in considerazione la possibilità che in un processo possano verificarsi tre possibilità:

  1. entrambe le parti presentano testimoni;
  2. una sola parte presenta testimoni;
  3. nessuna delle parti presenta un testimone.

La soluzione è logica: nel caso in cui una sola parte presenta un teste darà luogo a un giudizio vincolato; nelle altre due ipotesi a un giudizio secondo il libero convincimento del giudice.
Particolare rilievo assume la possibilità che vengano sentiti testi per avvalorare la tesi dell’attore. Ma quello che ha maggior rilievo è la possibilità finale che vengano discusse le tesi contrapposte; il che rappresenta un’assoluta novità del Codice di Gortina.
Da quel che abbiamo del Codice di Gortina non vengono prese in considerazione altre ipotesi di prova che al tempo sarebbero impossibili. Non è pensabile poter ricorrere a una consulenza né a prove di tipo documentale. Anche se sembra ipotizzabile il deferimento di una sorta di giuramento decisorio da ciascuna parte o da entrambi le parti. Ovviamente, la decisione è vincolata nel caso del deferimento di un solo giuramento, libera nell’altro caso.

Foto di storicang.it

Redazione

Redazione è il nome sotto il quale voi lettori avrete la possibilità di trovare quotidianamente aggiornamenti provenienti dagli Uffici Stampa delle Forze dell’Ordine, degli Enti Amministrativi locali e sovraordinati, delle associazioni operanti sul territorio e persino dei professionisti che sceglieranno le pagine del nostro quotidiano online per aiutarvi ad avere maggiore familiarità con gli aspetti più complessi della nostra realtà sociale. Un’interfaccia che vi aiuterà a rimanere costantemente aggiornati su ciò che vi circonda e vi darà gli strumenti per interpretare al meglio il nostro tempo così complesso.

Related Articles

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button