Uno spiraglio in mezzo al buio
Di Francesca Zappia, 2ªA-ES Liceo Mazzini di Locri
Attualmente, riflettendo su tutto ciò che realmente vedo, credo di non aver mai pensato, in passato, alla possibilità che ci accadesse una cosa del genere. Tante volte mi ritrovo a ricordare gli anni delle scuole medie, quei giorni in cui guardavo la mia professoressa preferita, quella di Storia, mentre ci raccontava di tutte le disgrazie e le catastrofi successe in passato, di tutte le epidemie che erano giunte a scombussolare le popolazioni e l’umanità e, seduta a quel banco, tranquilla com’ero insieme ai miei compagni, non mi sarei minimante sognata di cominciare, all’improvviso, ad avere paura di perdere tutta quella che era la nostra normalità. Quando l’anno scorso iniziavano a circolare le notizie del Covid-19, ricordo di non essermi sorpresa particolarmente. Noi giovani stavamo già tentando di costruirci un’identità, di costruirci un’indipendenza e, ingenui come eravamo, non ci accorgevamo che avevamo tutto a nostra disposizione. Penso che tutti, nell’ultimo anno, abbiamo provato la stessa sensazione: sentirci chiusi in una stanza e circondati dalle solite cose che abbiamo usato ogni giorno. Ma, guardando di fronte a noi, vediamo una finestra chiusa che si affaccia sul mondo esterno, vediamo il sole che brilla sulle case e sugli alberi, forse sentiamo il cane del vicino che abbaia correndo per il suo giardino e poi ci giriamo verso la porta che ci troviamo alle spalle. C’è uno spiraglio aperto che a giorni si chiude di più, a giorni invece si apre, e noi sentiamo di avvicinarci all’uscita… Ma per quella che era la normalità dobbiamo aspettare che la porta si apra del tutto, che ci mostri il sole che illumina dalla finestra il corridoio di casa nostra; e in quell’esatto momento sapremo che prima abbiamo perso, che tanti si sono visti crollare, ma che siamo anche riusciti a farcela raggiungendo le nostre piccole vittorie, guardando noi stessi e il mondo con occhi diversi, reggendoci sulle nostre gambe.
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