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Attualità

Ciò che non deve accadere alla scuola calabrese

Di Domenico Denaro – Segretario Generale FLC CGIL Calabria

Fra poco più di due mesi, in Calabria, come nel resto del Paese, ricomincerà un nuovo anno scolastico. Per molti si tratta di ordinaria amministrazione. Una ricorrenza normale, scontata, di certo non una novità anche se la ripartenza in sé specialmente qui da noi, comporta un avvio con premesse e, soprattutto promesse, mancate, perché mai realizzate.
Problemi irrisolti, situazioni mai affrontate, questioni rinviate all’infinito e che alla fine servono solo a generare un estenuante, noioso e retorico dibattito sull’importanza dell’istruzione come leva per lo sviluppo e garanzia per le future generazioni.
Quest’anno, però, a differenza di ciò che è stato nel passato, un elemento di novità, anzi, anche più di uno, ce l’abbiamo. Nulla di positivo naturalmente, piuttosto sono elementi che rendono ancora più drammatica una situazione che è ormai ai limiti della sopportazione, diventata per molti rassegnazione, senso di impotenza, abbandono, oltraggio alla dignità di un’intera comunità educante che, certamente, non merita un trattamento così biasimevole e ai limiti della disonorabilità.
La prima questione è quella legata alla situazione della pandemia. A ciò che è successo e che non è stato fatto; al completo abbandono istituzionale, al caos, ai proclami, gli spot, gli editti della Regione Calabria, mentre un’intera comunità fatta da persone in carne e ossa, con un senso di responsabilità verso i doveri costituzionali e con il morale a terra per il senso di completa solitudine e abbandono, ha portato avanti, come un macigno sulle spalle, un lavoro immenso, incommensurabile: sono i Docenti, il personale Amministrativo, Tecnico e Ausiliario, i Dirigenti Scolastici, i garantiti dallo Stato, direbbe qualcuno.
Ebbene, se non fosse stato per loro, e solo per loro, molti ragazzi si sarebbero persi per strada; abbandonati a un destino ignoto e inquieto in cui neanche gli affetti famigliari ne avrebbero compensato la dimensione della gravità. Questo è un dato, inconfutabile e incontrovertibile. Gli studenti lo sanno, le famiglie lo sanno, per queste ragioni il loro grazie non passa attraverso le promesse mancate su futuristici a fantascientifici interventi sul sistema dei trasporti, l’edilizia, il diritto allo studio (sarebbe stata sufficiente limitarsi all’approvazione di una legge regionale ferma al 1985!) e le varie ed eventuali fatte in campagna elettorale, ma va dritto al cuore degli insegnanti: di quelli che hanno avuto cura dei più piccoli, dei più indifesi, dei bisognosi, di tutti coloro che sono stati pure amici, consiglieri importanti dei tanti ragazzi spaesati e persi dentro la pandemia; di quelli intransigenti, irremovibili nel difendere una valutazione del merito viziata e distorta da elementi completamente estranei e indipendenti dal sistema educativo, dal rapporto profondo e unico fra studente e docente.
È a loro che dobbiamo delle risposte.
A loro – e qui passiamo alla seconda questione – e ai funzionari e dipendenti onesti degli Uffici Scolastici della Regione, servitori dello stato che in questi mesi drammatici hanno garantito, anche loro in completa solitudine, la gestione di un’attività amministrativa presa di mira, monitorata, indagata, osservata costantemente come un atto dovuto, perché lesa e macchiata da comportamenti ignobili.
Ci è stato chiesto di collaborare, contribuire a salvaguardare e difendere l’immagine di un’amministrazione pubblica profondamente offesa dal turpiloquio mediatico che si è scatenato in questi mesi di disorientamento e incredulità per gli eventi che hanno inciso pesantemente sulla vita di chi, ogni giorno, si reca in ufficio con il badge in mano e che sembra debba servire, più che per marcare il tempo, per l’ingresso in un’altra dimensione. Una realtà parallela a quella reale, sospesa e dove il tempo, invece, sembra essersi fermato e non vuole più ripartire.
Abbiamo manifestato la nostra solidarietà a chi ha subito atti di sciacallaggio e processi sommari, ai sentenziatori d’ufficio, seminatori di odio e panico.
Lo abbiamo fatto perché crediamo nella giustizia e ad essa abbiamo consegnato la nostra fiducia fino al completo svolgimento delle indagini che hanno interessato l’USR.
Ma tutto questo non può e non deve giustificare un’assenza imbarazzante e ingiustificabile del Ministero nel garantire l’ordinario funzionamento dell’USR e di tutte le sue Articolazioni Territoriali.
È dal mese di aprile, da quel tragico evento che ha sconvolto la vita del Capo Dipartimento nominata per gestire una fase delicatissima che tutta la scuola calabrese stava attraversando, che non abbiamo avuto più risposte. Una paralisi, un corto circuito che rischia di mandare in blackout il lavoro che con grande fatica e senso di responsabilità sta facendo chi oggi si trova in prima fila.
Il tempo delle attese è finito, non possiamo più giustificare ulteriori e inutili ritardi. Chiediamo e pretendiamo rispetto allo stesso modo di come lo esercitiamo, con grande senso di responsabilità e maturità. Vogliamo sapere dagli alti funzionari, quelli che non scendono mai dalle vette che hanno conquistato e che continuano a vedere il mondo soltanto dall’alto, che cosa sta succedendo e cosa accadrà all’USR della Calabria. Vogliamo sapere, in maniera ufficiale, non attraverso le talpe, le voci di corridoio o i canali paralleli, se quest’ufficio ha ancora un Direttore Generale in carica, se è stato commissariato, militarizzato, se si intende farlo o cosa.
Vogliamo rompere questo muro di silenzio, questo timore a pronunciarsi, questi se e questi  vedremo questi continui e inutili rimbalzi che, alla fine, mandano la palla dappertutto tranne dove deve realmente andare.
L’USR ha bisogno di una guida e ne ha bisogno al più presto. L’autogoverno non più essere praticato. Ha esaurito la sua funzione. Sia chiaro, non perché non abbia affrontato o non stia affrontando una gestione ammnistrativa che ne possa garantire il funzionamento, soprattutto in funzione della ripresa dell’avvio del prossimo anno scolastico. Il punto non è questo. Le operazioni propedeutiche si faranno, come si sono sempre fatte. La questione vera è un’altra, e cioè le dinamiche che una situazione come quella che l’USR e le Articolazioni Territoriali stanno vivendo, generano. Riceviamo giornalmente diverse segnalazioni, alcune accompagnate da vere e proprie denunce, di comportamenti al limite dell’alienazione mentale. Soprattutto fra alcuni dirigenti scolastici in preda a un delirio di onnipotenza senza precedenti. Minacce, ritorsioni, abusi d’ufficio continui e millantazioni con qualsiasi forme di potere. È da qui che bisognerebbe partire, dal ripristino di un clima equilibrato che distingua ruoli, funzioni e poteri fra tutte le parti che contraddistinguono la comunità educante. Ecco, questo è il rischio maggiore, questo è quello che, in questo momento, la scuola Calabrese non può permettersi: la degenerazione del pilastro più importante che regge la società. Questo è quello che non deve accadere.

Foto: wesud.it

Redazione

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