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Costume e SocietàLetteratura

Le finanze pubbliche dell’antica Atene

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri XXXVI - Il discorso sull’antica Atene procede analizzando brevemente quale fosse il funzionamento dell’erario pubblico, che presentava delle caratteristiche singolari, in grado di rendere ancora più unica la città.

Di Giuseppe Pellegrino

Nel periodo tardo dell’esperienza di Atene, che è quello in cui si hanno le maggiori informazioni (IV – III secolo a.C.), si calcola che le entrate dell’Erario fossero tra i 130 e i 400 talenti annuali.
Soggetti da tassare erano non solo i cittadini, ma anche i santuari, che possedevano terre e bestiame. La stessa polis era proprietaria di terreni che periodicamente venivano messi all’asta al migliore offerente ma, più spesso, affittati per una durata di dieci anni. Gli affitti erano pagati annualmente nel Buleterio agli apodektaibi,che era un Collegio di magistrati finanziari composto in rappresentanza delle singole tribù (philai), che originariamente erano nella misura di 4, con a capo un phylobasileus e scelti per sorteggio. Dopo Clistene, l’Attica fu divisa in 10 tribù. Tali tribù, in collaborazione con il Consiglio dei Cinquecento, sovrintendevano a tutte le entrate della polis, che poi li distribuiva ai vari collegi di magistrati competenti a spendere il danaro pubblico.
Apparteneva alla Pòlis anche la ricchezza mineraria, che veniva affittata per dieci anni a terzi.
Vi era anche una sorta di dazio doganale nella misura del 2% per importazioni ed esportazioni. In concreto, però, tale funzione veniva demandata ai privati che la gestivano in consorzio e che partecipavano a una sorta di asta alla presenza del Consiglio e dei poletai, ma anche in presenza del Fondo militare e del Collegio per il Fondo per gli Spettacoli. Si aggiunga una tassa sui meteci e le multe dei Tribunali, che non erano di poco conto (l’accusatore, se abbandonava la causa, doveva pagare ben 1.000 dracme).
La tassa sul patrimonio (eisphora) veniva pagata annualmente sia dai cittadini che dai meteci. Cittadini più abbienti anticipavano la tassa (pro-eisphora) anche per gli altri contribuenti e poi si facevano rimborsare ed era, in buona sostanza, una liturgia.
Gli ateniesi non avevano un tesoro centrale, per cui le tasse riscosse nel Buleterio alla presenza del Consiglio e degli apodektai, venivano quasi immediatamente assegnate ai fondi dei collegi dei magistrati in base ai merismos, che era una legge che stabiliva delle dotazioni.
Una trattazione separata va fatta per le riforme di Pisistrato, che tratteremo di seguito. E, come vedremo, tale riforma, rispetto a quanto detto in materia di finanza, ha qualcosa di rivoluzionario e moderno.

Foto: simmachia.eu

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