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Percorsi e suggestioni tra storia e natura: Monte Cucudo

Locride… e dintorni in Mountain Bike XIII

Di Rocco Lombardo

L’unicità della nostra terra è riconducibile sia alla bellezza della costa sia a una montagna suggestiva, aspra e segreta, che offre paesaggi incantevoli e talora selvaggi e inesplorati; l’Aspromonte è infatti una montagna singolare con contenuti naturalistici ancora non del tutto conosciuti, ricca di magnifici e suggestivi paesaggi, di sentieri che affiancano panorami vasti e diversi e che permettono di attraversare zone in cui mare e monti appaiono così vicini da sembrare un tutt’uno.
Percorrendo i vari sentieri, siano essi tracciati o meno, è possibile attraversare boschi e crinali mozzafiato, estendere lo sguardo alle varie bellezze naturali, chi ama la natura non può non rimanere impressionato dai boschi secolari popolati da fittissime faggete.
Una delle cose più belle della Mountain Bike è proprio il contatto ravvicinato con la natura incontaminata: alberi, radici, ruscelli e viottoli, tutte cose che la nostra bici ci permette di raggiungere e vedere da vicino, una contemplazione di tutto quello che la vita frenetica quotidiana purtroppo ci sottrae.
Questo è il senso principale delle nostre escursioni in Mtb che, coinvolgendo i lettori, gli escursionisti, gli amanti delle nostre montagne, ci permettono oggi di rivivere un percorso suggestivo a contatto diretto con il paesaggio di una terra antichissima, per lunghi tratti ancora incontaminata.
Partiamo quindi anche stamane molto presto, per anticipare le ore più calde della giornata, e risaliamo la Strada Provinciale 1 che in 25 chilometri di salita costante asfaltata, attraversa il borgo di Gerace prima per poi condurci, a conclusione di una serie interminabile di tornanti, in vetta al Passo del Mercante, da dove potere imboccare la pista GPS che formerà la parte più interessante dell’escursione odierna; attraversata infatti la dorsale della Melìa ci ritroveremo sul versante tirrenico della montagna, all’imbocco di un sentiero sterrato a ridosso di profondi fossi e valloni, caratterizzati da una particolare biodiversità vegetale, alternando boschi freschissimi di lecci e faggi a zone più brulle circondate da cespugli di tipica macchia mediterranea. Correndo lungo un crinale di cresta tra aghi di pino e tappeti di foglie secche, molto ripido e insidioso in alcuni tratti, ma al contempo molto panoramico, aggireremo la sommità di Monte Cucudo (alias Monte Cuculo), 821 metri sul livello del mare, sino a raggiungerne la vetta; un single-treck tra i più elettrizzanti e adrenalinici di tutto l’Aspromonte, molto ben tracciato e segnalato, conosciuto e apprezzato soprattutto dagli amanti della Mtb, essendo teatro, durante la stagione sportiva, di molte gare, anche a carattere dilettantistico, in quanto consente di esaltare oltre modo le capacità tecnico-agonistiche dei corridori.
Siamo nel territorio di Cittanova e il percorso che porta in vetta a Monte Cucudo è molto battuto non solo dagli sportivi ma è anche (e soprattutto, verrebbe da aggiungere), meta frequentata di pellegrinaggio; infatti, negli anni ’50, il Terz’Ordine Francescano dei Frati Minori Conventuali Cappuccini di Cittanova eresse una grande Croce di Ferro, che domina l’intera Piana di Gioia Tauro a protezione della città, e la zona divenne meta di pellegrinaggio da ogni dove, accrescendo l’importanza di questo monte anche a livello spirituale; sul pianoro, anticamente, era scolpita una Croce Greca esattamente dove oggi troneggia il Crocifisso di Monte Cucudo, teatro, nell’ultima domenica di giugno, di una partecipata e sentita funzione religiosa che attrae sempre molti pellegrini, che numerosi anche dai centri limitrofi giungono fin quassù per assistervi, testimonianza della profonda religiosità caratterizzante la storia e le tradizioni nel cuore dello Zomaro.

Il sentiero, come detto, si inerpica tra boschi e rocce, terrazzamenti e passaggi strettissimi, lungo un crinale molto impegnativo, sia per l’asperità del fondo sterrato e sconnesso, sia per la particolare attenzione da porre nell’affrontare alcuni passaggi decisamente pericolosi e impervi; arrivati in vetta la visuale è eccezionale, un paesaggio di straordinaria bellezza che si perde a vista d’occhio sull’intera vallata della piana, da Capo Vaticano e Monte Poro a Monte Sant’Elia dalla Costa Viola alle isole Eolie come un grande anfiteatro naturale che, grazie al lavoro di alcuni volontari, sta acquisendo sempre maggiore valenza; estasiati dal panorama, catarticamente ci riposiamo ai piedi del Crocifisso prima di affrontare la discesa verso Cittanova, assolutamente al cardiopalma in alcuni tornanti, in quanto non solo stretti e sconnessi, come facilmente presumibile, ma estremamente accidentati e vorticosi tra arbusti, rovi e cespugli che rendono ancor più arduo districarsi tecnicamente in un sentiero irto di insidie. La pista si stringe, fino ad arrivare in località Cicciuni, tra boschi di castagno e querce, e quindi attraverso un’antica mulattiera nei pressi dell’acqua della conceria, un luogo dove in un passato recente venivano trattate le pelli degli animali in località Fosso Forio alle porte di Cittanova, da qui si attraversa il paese dirigendosi verso la Villa Comunale, riconosciuta dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali Monumento Nazionale di interesse storico-naturalistico; breve sosta per rifornirci di acqua e si riprende la Strada Provinciale 1 verso lo Zomaro in senso inverso.
Ripresa quindi la SP1, percorrendo il tratto tirrenico della strada frequentata gli antichi Locresi sulla Piana di Gioia Tauro, che ha rappresentato per secoli la strada più breve per raggiungere la Dorsale tabulare, attraversiamo il Passo del Mercante, storicamente ritenuta zona di transito e sbocco naturale per congiungere in breve tempo i due mari Ionio e Tirreno; in epoca antichissima fu appunto la più importante arteria di collegamento tra Locri Epizephiri e le sue tre colonie sulla Piana: Medma, Hipponion e Metauron; una pietra stadiale magno greca, ritrovata nei pressi di Santa Maria della Catena a Cittanova, è stata ricollocata sul luogo originario allo sbocco della via del Passo del Mercante, posta a un trivio, indicava sulle tre facce la distanza e la direzione delle tre colonie locresi, raggiungibili unicamente via terra.
Percorsi alcuni tornanti ci concediamo una breve sosta per ammirare il paesaggio e per rifiatare e assorbire le pendenze ripide (fino al 15-18%) dell’impegnativa scalata al passo di valico, si riprende la strada tenendoci parallelamente sulla cresta della montagna fino alla località Pagghiara, dove anticamente i carbonai dimoravano durante le varie fasi del loro lavoro, da qui in poi costeggeremo la faggeta che segna l’inizio del Passo del Mercante, parallelamente alla mulattiera denominata dell’Omo Morto, toponasticamente riconducibile alla connotazione storica quale posto di guardia di rilevante importanza strategica e militare, che va a ricongiungersi con il crinale percorso all’andata per raggiungere la cima di Monte Cuculo.
Arrivati al quadrivio del Passo del Mercante, dopo avere percorso il tratto più impegnativo dell’itinerario, ci tocca piacevolmente ripercorrere in senso inverso e, soprattutto, in discesa, gli ultimi venticinque chilometri che ci separano dal punto di partenza, a conclusione di un giro complessivo di circa 70 chilometri, con un dislivello importante, rapportato anche alle calde temperature del periodo, di circa 1.700 metri, con alcune rampe fino al 20%, ma con l’assoluta soddisfazione di aver coperto un tracciato prevalentemente in salita insieme ai compagni di viaggio Giuseppe Piccolo, Sammy Accursi e Giuseppe Pileggi, valicando la dorsale e saggiando le rispettive capacità tecniche nel single-treck di Monte Cucudo.

Redazione

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