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Costume e Società

Non siamo noi i padroni della Terra

Di Mario Staglianò

Ogni volta che cerchiamo la soluzione a un problema dovremmo vedere se le condizioni che l’hanno creato sono ancora attive e operanti. Questa premessa, che vale per tutti i problemi, è da tenere in particolare considerazione quando parliamo della salvaguardia del nostro pianeta che non potrà essere salvato finché è attivo e operante quel presupposto che concepisce l’uomo come al centro, quando non al vertice, del creato. Questa concezione antropocentrica non è naturale ma culturale e discende dalla concezione giudaico-cristiana che prevede nel Genesi che l’uomo “fatto a immagine e somiglianza di Dio, domini sopra i pesci del mare e gli uccelli del cielo, sugli animali domestici, su tutte le fiere della terra e sopra tutti i rettili che strisciano sulla sua superficie”.
Non è così, per esempio, nella cultura greca, per la quale “la natura è quello sfondo immutabile che nessuno degli dei né degli uomini fece” (Eraclito).E perciò Platone, nelle Leggi, può dire:

Anche quel piccolo frammento che tu rappresenti, o uomo meschino, ha sempre il suo intimo rapporto col cosmo e un orientamento a esso, anche se non sembra che tu ti accorga che ogni vita sorge per il Tutto e per la felice condizione dell’universa armonia. Non per te, infatti, questa vita si svolge, ma tu piuttosto vieni generato per la vita cosmica.

È chiaro che in una simile cultura un dominio incontrollato dell’uomo sulla Natura è impensabile. E a riconoscerlo è lo stesso Prometeo che, dopo aver donato all’uomo la tecnica, nel Prometeo incatenato di Eschilo afferma che “la tecnica è di gran lunga più debole della Necessità che vincola le leggi di natura”.
Si può obiettare che la tecnica a disposizione degli antichi Greci era incommensurabilmente inferiore alla tecnica di cui noi oggi disponiamo. Ma come si spiega che la tecnica è nata in Occidente, cresciuta nella cultura cristiana dove, ai suoi albori, è perfino vista come strumento di redenzione come affermava Francesco Bacone, uno dei fondatori della scienza moderna, secondo il quale in seguito al peccato originale l’uomo decadde dal suo stato di innocenza e di dominio delle cose create? Secondo Bacone entrambe le cose si possono, almeno in parte, recuperare in questa vita; la prima mediante la religione e la seconda mediante le tecniche e la scienza. E qui ritorna il motivo giudaico-cristiano del dominio sulla natura. Con Renato Cartesio ritorna anche il tema del primato dell’uomo sul creato perché, con il calcolo matematico che presiede la scienza e la tecnica, l’uomo può diventare padrone e possessore del mondo. Questa concezione regola anche la morale kantiana fondata sulla sola ragione secondo la quale l’uomo va sempre trattato come un fine e mai come un mezzo.
Ma oggi, nell’età della tecnica in ogni suo aspetto dispiegata, l’aria, l’acqua, la flora, la fauna, l’atmosfera, la biosfera sono mezzi o altrettanti fini da salvaguardare? La domanda è retorica ma, purtroppo, l’uomo non ha ancora formulato un’etica che si faccia carico degli enti di natura perché si è limitato a formulare etiche che si propongono di regolare i conflitti tra gli uomini, senza nessuna cura della Terra. In questo motivo, citando Martin Heidegger, possiamo dire di essere passati dall’uso della terra alla sua usura. Finché non rinunceremo a considerare l’uomo al vertice del creato nulla potrà cambiare e difficilmente potremo evitare la profezia di Günther Anders secondo la quale l’umanità, che tratta il mondo come un mondo da buttare via, finirà per trattare se stessa come un’umanità da buttar via.

Foto: italiaatavola.net

Redazione

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