ADVST
Costume e Società

«L’amore per la libertà è la stella polare di ogni buon giornalista»

Di Maria Lavinia Toscano

Ho avuto il piacere di intervistare una giornalista conosciuta a livello europeo, Alessandra Tuzza. È stata una grande emozione, perché ritengo che conoscere qualcuno che ce l’ha fatta sia d’aiuto agli aspiranti giornalisti e li aiuti a rendersi conto di quanto lungo ma soddisfacente possa essere il percorso di studi e lavorativo prima di affermarsi a livello professionale.
Ecco che cosa mi ha raccontato:
Perché ha scelto di fare la giornalista? È una passione che ha sempre avuto oppure è una vocazione che è nata vivendo? E, soprattutto, qual è stato il suo percorso di studi?
Ho scelto di fare la giornalista da ragazza, per me era una passione più che una scelta professionale perché, fin da ragazzina, amavo leggere e, soprattutto, approfondire le tematiche della realtà che mi stava intorno. Addirittura, verso i 16/17 anni, ho iniziato un percorso politico che era soprattutto rivolto ad approfondire le tematiche del sottosviluppo e relative al perché le criminalità organizzate avessero scelto proprio la nostra regione per portare avanti determinati percorsi. Questo mi ha incoraggiata a conoscere anche quanti si occupavano di queste tematiche fuori dalla Calabria. Ho avuto la fortuna di fare parte di un’organizzazione giovanile di studenti che mi ha consentito di viaggiare, sin dai 15 anni, su e giù per l’Italia e ha contribuito a farmi appassionare alle tematiche politiche e dello sviluppo in generale. Quindi ho anche imparato a raccontare quanto vivevo nei miei viaggi e, nel momento in cui ritornavo a Siderno, a scuola, dov’ero anche rappresentante d’istituto, facevo dei reportage di quanto avessi vissuto fuori per i miei coetanei e ciò non solo mi consentiva di conquistare seguito politico, ma mi dava anche la soddisfazione di poter creare su questo territorio ciò che avevo imparato fuori e che, spesso, si sviluppava in situazioni di impegno culturale e sociale che qui da noi ancora non avevano preso piede. Finita la scuola mi sono iscritta all’università, in scienze politiche, e ho approfondito le tematiche della comunicazione ma, soprattutto, della sociologia poiché all’epoca scienze politiche si divideva in diversi settori e io avevo scelto il settore politico sociale per poter approfondire quei temi che avevano interessi sia nello sviluppo locale, sia in quello delle società e della comunicazione. Finito il percorso universitario ho iniziato subito a scrivere e, già dalla tesi di laurea, mi sono occupata di progetti d’inserimento dei migranti sul nostro territorio ed ho avuto la fortuna di lavorare, non ancora laureata, per un progetto d’inclusione portato avanti dal Centro Regionale di Intervento per la Cooperazione di Reggio Calabria. Lavorando con i profughi ho iniziato a fare interviste per raccontare la loro vita non solo per la tesi ma anche per alcuni giornali locali. La mia prima esperienza professionale è stata con il giornale locale La Riviera per cui poi ho lavorato e del quale sono diventata direttore, poi ho lavorato per Il Quotidiano, Il Domani Della Calabria e subito dopo ho effettuato un praticantato con L’Avanti, con cui ho conseguito il patentino da giornalista. Ho scelto, per mia testardaggine, di non volermi mai occupare di cronaca, cosa che mi ha tagliato un po’ le gambe sull’attività locale. Ho rifiutato di occuparmi di cronaca giudiziaria per un quotidiano poiché ciò andava contro la mia idea di progresso di questo territorio, conosciuto ovunque solo per i fatti di cronaca nera.
A tal proposito, quale consiglio può dare agli aspiranti giornalisti? Lavorare per la stampa è un lavoro difficile e impegnativo ai giorni nostri?
Un consiglio è quello di essere sempre curiosi e di non fermarsi mai rispetto a quei limiti che le istituzioni o gli ambienti locali possano porre alla nostra comunità, sapersi approcciare alla ricerca, studiare e leggere poiché è necessario per avere la ricchezza terminologica e l’apertura mentale per poter leggere i fenomeni che vogliamo raccontare. La difficoltà è quella di essere riconosciuti a livello economico quando si lavora in un ambito territoriale ristretto, quale quello calabrese, che è sicuramente una realtà critica. Ciò non toglie che ci sono molti ambiti del giornalismo che si possono fare da qui ma che possono avere esiti extraregionali. Io, dal 2005, proprio perché ero alla ricerca di qualcosa che mi potesse dare la possibilità di lavorare sempre nel campo della comunicazione e dello sviluppo, sono impegnata sul fronte della comunicazione europea, cosa che mi consente di confrontarmi con ambiti extraregionali e mi dà un riconoscimento economico per le attività che svolgo, elargito direttamente dalla Commissione Europea avendo io la fortuna di aver diretto una Europe Direct, un centro di formazione della Commissione stessa. È chiaro che a livello locale è difficile trasformare questa passione in un lavoro riconosciuto. Molto rari sono i contratti stipulati con i giovani, tranne quelli di tirocinio o praticantato. È invece possibile guardare oltre, formarsi fuori regione e poi tornare o magari specializzarsi in settori innovativi non molto affollati. Il consiglio è andare sempre oltre, non fermarsi mai e formarsi sempre. Bisogna studiare e studiare molto, molti colleghi in passato non avevano le specializzazioni per approcciarsi a questo settore, se non un titolo base che ha determinato un giornalismo scarso e una penalizzazione della comunicazione nel nostro territorio.
Qual è stato l’articolo, la commissione o il lavoro più significativo per lei?
Sicuramente nell’ultimo periodo sono state le riunioni annuali dei comunicatori europei, che avvengono a Bruxelles, io ho avuto la fortuna di fare spesso il reporter sia nelle riunioni al Parlamento sia alla Commissione e, soprattutto, tre anni fa ho rappresentato l’Italia nelle politiche d’immigrazione a Vienna, nel campo dell’avanzamento e dello sviluppo dell’immigrazione. Questo mi è stato chiesto dal comitato economico e sociale dell’Unione Europea. È una delle attività che più mi hanno qualificato e dato soddisfazione a livello professionale, anche se non dimentico le interviste ai migranti all’inizio della mia carriera, che mi hanno regalato soddisfazioni a livello emotivo e mi hanno formata a livello empatico e morale.
Se dovesse scegliere tra l’esperienza in Italia o in Europa, quale sceglierebbe?
La più importante è stata in Calabria, quando ho potuto confrontare le realtà dei profughi nel nostro territorio con uno dei primi progetti di accoglienza a Badolato, un borgo che stava morendo, nel quale con l’integrazione si è potuto invece rilanciare il turismo. Il progetto è durato dal 1998 al 2001. Attività completamente inclusiva, diversa dal puro campo di accoglienza o di detenzione. Sviluppo del territorio portato avanti da giovani e profughi con associazioni di giovani abitanti del luogo, artigiani o ristoratori. Tutto ciò ha portato Badolato a sembrare, per un periodo, un borgo del nord Europa e ha destare l’attenzione di giornalisti e registi conosciuti a livello mondiale.
Tornando alla celebrazione dell’inizio dell’anno scolastico e al convegno a cui abbiamo partecipato, cosa augura ai giovani d’oggi? Qual è, secondo lei, il modo migliore per far avvicinare i giovani alla giustizia e al rispetto delle regole? Cosa pensa sia opportuno cambiare nelle nostre scuole, nei nostri comuni, nelle nostre realtà per sconfiggere le ingiustizie?
Sicuramente bisogna insegnare ai giovani a non prendere esempio da ciò che hanno fatto gli adulti per ridurre il territorio così com’è oggi. Bisogna incoraggiare i ragazzi a portare avanti le loro idee di cambiamento, le loro ambizioni senza mai bloccarsi ai limiti che impone il vivere in un ambiente periferico, non avere paura di dire la propria e perseguire la libertà di stampa, perché solo dicendo qualcosa di diverso da ciò che dice la massa si può cambiare la cultura del luogo. Ciò non avviene in poco tempo, ma solo partendo dai giovani si può andare avanti e riscattarsi. Per me è fondamentale ciò che c’è stato a Locri, il confronto con una vittima di mafia che non ha avuto il normale coraggio di qualche ragazza a cui hanno tolto il padre non chiudendosi da sola nell’amore della propria famiglia ma perseguendo per 30 anni la verità che aveva portato all’omicidio del padre, divenendo esempio di coraggio per i giovani nelle scuole, narrando ovunque la tremenda situazione, difficile da raccontare, ma in grado di influenzare la gente. È una speranza di cambiamento, la scuola si deve aprire a queste testimonianze, utilizzare la teoria per far imparare ai giovani come andare oltre le subculture che li rappresentano.
Collegandoci a questo tema, dove trova un giornalista il coraggio di scrivere argomenti riguardanti le mafie o la criminalità? La figlia del giornalista Alfano ricordava il coraggio del padre che sfortunatamente, gli è costato la vita. Come superare questo vincolo?
Sicuramente si deve essere innamorati del proprio lavoro e dare il proprio apporto al cambiamento nella società in cui si vive. Il cronista penso sia il giornalista per antonomasia, il giornalista che si mette in gioco con tutto sé stesso e non è solo un conoscitore della realtà, ma deve anche scavare in quella che è la realtà per apportare un cambiamento. Quando ci sono fenomeni criminali nel territorio è difficile, ma l’amore verso la narrazione e la libertà di stampa è fondamentale. Recentemente stati premiati con il Nobel per la Libertà di Stampa due giornalisti che hanno rischiato di essere uccisi o imprigionati per la loro attività, che ancora oggi è in atto. Penso che questo sia una grande conquista per tutti noi giornalisti e per coloro che amano la comunicazione. Fare giornalismo, fare cronaca, non è facile, ricordo ancora la giornalista che tre anni fa venne uccisa a Malta pur occupandosi solamente di cronaca politica. La nostra storia è costellata i giornalisti torturati, imprigionati o uccisi ma, nonostante ciò, l’amore per la libertà, per la parola e per il cambiamento è così forte che non ci si ferma rispetto a nulla. È proprio questo a farci superare quel vincolo: l’amore per il cambiamento e per lo sviluppo delle civiltà.

Redazione

Redazione è il nome sotto il quale voi lettori avrete la possibilità di trovare quotidianamente aggiornamenti provenienti dagli Uffici Stampa delle Forze dell’Ordine, degli Enti Amministrativi locali e sovraordinati, delle associazioni operanti sul territorio e persino dei professionisti che sceglieranno le pagine del nostro quotidiano online per aiutarvi ad avere maggiore familiarità con gli aspetti più complessi della nostra realtà sociale. Un’interfaccia che vi aiuterà a rimanere costantemente aggiornati su ciò che vi circonda e vi darà gli strumenti per interpretare al meglio il nostro tempo così complesso.

Related Articles

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button