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Porta Materazzelli, “Schicciu da Spana” e Rifugio Giardini

Locride… e dintorni in Mountain Bike XXIV

Di Rocco Lombardo

Dopo aver sconfinato il territorio della Locride ed esserci spinti fino all’estremo lembo meridionale dell’Aspromonte, nel territorio della Calabria Greca, ci spostiamo in quota, saremo infatti nel cuore del Parco Nazionale dell’Aspromonte, accingendoci a percorrere un itinerario inedito e inesplorato, fatto di stradine e sentieri collegati tra loro da percorsi liberi per scoprirne alcune tra le più belle e suggestive radure che l’Aspromonte, nella zona esposta a Sud di Montalto, ci propone come anteprima della parte interna più selvaggia e aspra del massiccio stesso; lungo il percorso ci sarà la possibilità di ammirare le foreste rigogliose dell’Aspromonte, in gran parte miseramente distrutte e devastate dai terribili incendi delle scorse settimane.
Quest’oggi si parte da Porta Materazzelli, 1.825 metri sul livello del mare, tragitto in auto fino a San Luca e, da lì, scaricate le bici, dopo aver percorso una estenuante salita asfaltata, raggiungeremo prima Montalto e quindi la radura di Materazzelle che ci permetterà di scendere fino a Rifugio Canovai, e quindi risalire fino a Rifugio Giardini, un giro ad anello che prevede una suggestiva deviazione sul costone prospiciente le Cascate del Maesano.
Porta Materazzelli (o Materazzelle) è una piccola radura recintata da una staccionata nei pressi un vecchio casello abbandonato posto a circa 2 km da Montalto, lungo la strada che da Polsi porta a Gambarie; sulla destra vi è una sterrata chiusa da una sbarra, che ripercorre il percorso Materazzelli-Canovai indicato da un cartello in legno, già percorso in occasione della tappa alle Cascate Forgiarelle di qualche settimana fa, mentre sulla sinistra imbocca una pista sterrata fino alla sorgente della fontana Bregantini, da dove si innesta un sentiero dentro il bosco che ci condurrà a una prima radura che ci offrirà uno scenografico scorcio panoramico, per poi attraversare una sterrata sconnessa e sdrucciolevole e proseguire nella faggeta, con ampi spazi panoramici e cespugli di tipica macchia mediterranea.
Iniziamo la discesa percorrendo la sterrata che attraversa le fitte foreste di faggio, abete bianco e pino laricio, miracolosamente rimaste illese; si scende per qualche breve tornante e siamo sulla pista principale che delimita il Parco Territoriale per la Biodiversità; superiamo alcuni ruscelli, affluenti del torrente Aposcipo, e seguiamo il sentiero a tratti pietroso e pericoloso in discesa, che corre lungo il crinale che funge da immaginario spartiacque tra i bacini idrografici della fiumara La Verde a sinistra e della fiumara Amendolea a destra; superato monte Pietra Cappella il sentiero declina silenzioso e ombreggiato lungo il costone, fino a raggiungere l’altura di mMonte Pollia, quota 1.596 m slm. La traccia GPS ci indica di proseguire costeggiando il torrente Aposcipo.
Superato il torrente, il sentiero prosegue da un lato a mezzacosta verso il torrente Ferraina e il Casello Forestale Canovai, dall’altro risale progressivamente per alcune centinaia di metri, fino a raggiungere un punto panoramico ove si potrà figurativamente toccare con un dito l’imponente invaso della Diga del Menta, i cui lavori, pur risalendo agli anni ‘80, non sono ancora terminati nonostante lo specchio d’acqua si sia ormai integrato nell’ambiente circostante, incastonato e sospeso in una cornice suggestiva tra le vette aspromontane, una cartolina dal forte impatto scenografico, con la visuale prospettica verso il mare del letto della fiumara Amendolea che contribuisce ulteriormente a rendere magico il panorama.
Dopo aver scollinato, il sentiero scende vertiginosamente fin giù verso la base della Diga del Menta, alla confluenza tra il torrente Giufà e il torrente Menta; questo è un tratto molto scosceso, in cui la traccia del sentiero è appena visibile. Ovviamente non lo percorreremo fino in fondo, sia per l’asperità, sia per l’eccessivo tempo di percorrenza che comporterebbe, peraltro, la risalita con le bici in spalla; il sentiero stretto e tortuoso si mantiene sul lato sinistro del ripido crinale e conduce a un punto panoramico dal quale è possibile osservare i tre salti spettacolari delle Cascate del Maesano, o del Menta  dell’Amendolea.
La vista delle cascate, tre salti imponenti che terminano in altrettante pozze scavate dal millenario e incessante lavorio dell’acqua sulla roccia, è uno spettacolo entusiasmante; spettacolari e suggestive come poche altre, probabilmente sono tra le più conosciute e le più accessibili tra le mete del Parco Nazionale dell’Aspromonte. Vi è infatti, provenendo da Gambarie, una comoda strada percorribile in auto, che conduce nei pressi della Diga e quindi delle Cascate; c’è chi le chiama Cascate del Menta, molti le conoscono come Cascate Maisano, altri ancora Cascate dell’Amendolea, fatto sta che queste cascate non hanno mai avuto un nome, così come gran parte dei numerosi salti d’acqua che arricchiscono di bellezza gli innumerevoli corsi d’acqua d’Aspromonte.

Il toponimo Maesano è quello più diffuso ma si riferisce ad una località poco più a sud, mentre cascate dell’Amendolea è un’indicazione corretta ma generica. Gli abitanti della montagna le chiamano schicciu da Spana, come riferito e confermato da una carta del 1874, conservata presso l’Archivio di Stato di Reggio Calabria, secondo cui l’interpretazione del termine deriverebbe dal greco spanòs (rado, senza vegetazione), come appunto la zona di brulli costoni che contraddistingue il sito. Il sentiero per chi volesse raggiungerle, ha inizio come detto dalla sommità della diga sul torrente Menta, scende a valle dapprima offrendo lo spettacolo delle cascate da lontano per poi giungere ai piedi delle stesse, in un susseguirsi continuo di vedute spettacolari. Oltre a tale percorso di andata e ritorno, il più battuto e noto, c’è anche un secondo percorso che, per il suo sviluppo all’interno del corso d’acqua tra gole e altre cascate, è dedicato agli amanti del torrentismo.
Aggirato un costone risaliamo tra le felci incrociando alcuni escursionisti reduci dal suggestivo Cammino di Compostela, con cui ci tratteniamo per condividere indicazioni e curiosità del percorso, arriviamo quindi a una specie di insellatura su cui sale, dal versante opposto, la pineta; pieghiamo a destra andando a individuare la prosecuzione del sentiero, un malandato e sbiadito segnavia del Club Alpino Italiano presso un grande macigno ci conferma che siamo sulla strada giusta. Il sentiero, dopo un paio di impluvi rovinati, confluisce nel tornante percorso all’andata, che percorreremo per il recupero della traccia che ci consentirà di proseguire il nostro giro ad anello.
Entrando all’ombra della pineta, oltrepassiamo un tratto caratterizzato da massi affioranti e pericolosi per la stabilità delle nostre bici, e raggiungiamo il punto in cui la pista si tramuta in un sentiero più largo, dove finalmente incrociamo alcuni cartelli che indicano la direzione per le cascate Forgiarelle e il rifugio Canovai: il silenzio che ci avvolge è totale, l’unico rumore, che va e viene, è quello degli alberi scossi dal vento, o l’eco di qualche rapace che volteggia in cielo se escludiamo il battito cardiaco e l’ansimo del fiato, resi cadenzati e pesanti dalla fatica della salita sterrata e sconnessa che affrontiamo lavorando molto su pedivelle e cambio.
Il territorio, ancorchè violentato e deturpato in buona parte dall’ignoranza umana, rispecchia una natura rigogliosa e lussureggiante, che la nostra umanità e il sistema di vita della moderna società ha completamente dimenticato; continuiamo su uno stretto viottolo alla cui destra c’è il dirupo, tra pini, faggi e pioppi molto fitti e per fortuna rimasti miracolosamente illesi, tralasciamo il ramo di destra che conduce in direzione delle cascate Forgiarelle e proseguiamo in falso piano verso rifugio Canovai, su cui ci siamo soffermati in occasione del percorso dedicato alle cascate Forgiarelle e Palmarello, che si trova nel cuore dell’Aspromonte, a 1.320 metri in località Ferraina, nel territorio del comune di Samo.Ci concediamo una breve sosta ristoro e relativo rifornimento d’acqua e procediamo, per circa 1 km, costeggiando il torrente Ferraina fino a giungere nei pressi di un ponte, da qui il sentiero inizia a salire fino a un bivio con le varie indicazioni: a destra verso Croce di Dio sia Lodato, al centro verso la Valle Infernale e a sinistra verso Pollia, Cerasia, Montalto; prendiamo a destra e, in circa 4 km di salita, resa particolarmente faticosa dal fondo sabbioso, raggiungiamo una pista sulla destra che ci condurrà su un cucuzzolo di massi solitari da cui il panorama spazia sino al mare; lasciamo la bici e, scendendo con attenzione per una cinquantina di metri lungo un pendio franoso, ammiriamo estasiati le cascate Forgiarelle, formate dal torrente Ferraina sul versante opposto della vallata.
Dopo un breve tratto con le bici in spalla per riprendere il sentiero lasciato poco prima, da qui in poi proseguiamo sul percorso denominato Giardini-Ferraghena che, in costante e faticosa salita, attraversa fitte foreste di faggio alternate ad ampie radure in cui il sole ormai alto si fa sentire; seguendo le indicazioni dei pochi cartelli CAI incontreremo finalmente il Rifugio Giardini, un piccolo avamposto montano in cui possiamo rifiatare e riposare pochi minuti; dopo la breve sosta riprendiamo, in salita (165 m di dislivello), un tratto del sentiero denominato Anello di Montalto, fino nei pressi di una bellissima e incantevole radura a quota 1.790 m slm, con panorama mozzafiato, in cui ci concediamo qualche foto di gruppo, prenderemo infine la direzione a sinistra verso Materazzelli, un’ultima appendice in salita indicata con segnale CAI bianco-rosso fino all’affaccio verso Puntone l’Albara e, più avanti, nell’ampia e gradevole radura verdeggiante da cui ha avuto inizio il nostro giro ad anello. Prima di raggiungere l’auto, affrontando l’ultimo tratto per lo più asfaltato in vertigionosa e adrenalinica discesa, in compagnia dei compagni di avventura Giuseppe Piccolo, Giuseppe Pileggi e Antonio Maccarone, diamo fondo alle riserve culinarie, sdraiati ed esausti al caldo sole di questo angolo di paradiso.

Redazione

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