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Costume e Società

Dalle torri del pensiero

Di Ugo Mollica

Al 20 di aprile, quest’anno, la primavera era ancora impegnata con gli ultimi lavori stagionali di ripristino e sfaccendava tra le colonne del suo tempio che non ha tardato a risplendere per la gioia di tutti noi.
E Il tempo incupito delle cose degli uomini si trascinava forzatamente, come un cavallo che desidera tanto il suo prato, ma ha gli zoccoli inceppati e il morso in disagio.
Intanto, il paurificio quotidiano (scritto e parlato) comprimeva incessantemente sul pensiero e sul cuore una coltre di timore e di dubbio, imperversando impunemente come scempio aggiuntivo.
Ma aprile è sempre stato araldo di cieli sereni e nunzio di gentilezza e di libertà. In quest’ultima veste sa penetrare anche nei sentieri profondi dell’anima, creando impulsi generosi di liberazione dello spirito e bisogno di armonia.
Con questi sentimenti purissimi nel cuore, guardando alla storia, ascoltiamo delle voci, che ci chiedono di santificare finalmente sui medesimi altari della memoria tutti gli olocausti e di unire nell’uguale rimpianto tutte le numerose generazioni, vittime di barbarie umana. Ci chiedono il miracolo di una memoria collettiva matura e sapiente, estesa, obiettiva, capace di accogliere parimenti in un unico slancio di sensibilità tutte le vittime delle atrocità di massa, avvenute in ogni angolo di vita, sotto ogni latitudine, di qualsiasi etnia e condizione.
Si tratta di salire sulla torre più alta del pensiero e di osservare con lo sguardo dell’anima gli infiniti giacimenti di sofferenza (passati, recenti e attuali) distribuiti sulla terra, che non presentano alcuna differenza di orrore, di misfatto e di disumanità.
Nel 2005 Rudolph Rummel, scienziato della politica, professore della Hawaii University, nel libro Stati Assassini, presentava una specie di classifica dei dati criminali di ogni singola dittatura. Numeri impressionanti sullo sterminio di intere popolazioni, provocato da differenze ideologiche (politicidi), da appartenenza a gruppi razziali, etnici e religiosi diversi (genocidi), da desiderio indiscriminato di uccidere (omicidi di massa). Unificando tutti questi crimini in uno stesso nome, Rummel ha coniato il significativo neologismo di democidio. La classifica del professor Rummel ha disposto tutto quanto in bella fila, iniziando dal comunismo sovietico e poi, a seguire, quello cinese, il nazismo tedesco, i kmer rossi cambogiani, i comunisti nordcoreani e quelli di Tito e tantissime altre carneficine di ogni tipo e di ogni colore, concepite mostruosamente dalle dittature per imporre il loro potere.
La scorsa primavera. impaurita dai tabellini quotidiani del Covid-19, che uccide e destabilizza interi e consolidati assetti economici e sociali, ha richiamato anche in Italia i fantasmi della povertà che pensavamo di aver definitivamente allontanato.
Deponiamo, allora, tutte le ottuse e miopi ideologie di partito e osserviamo con mente libera ed equanime e col medesimo disprezzo ogni cantiere di interessi e di criminalità, da quella affaristico-mafiosa a quella politica, in nome di un’indispensabile legge superiore di giustizia, di equità e di amore, da scolpire nella coscienza di ognuno e in tutti i sillabari della terra, come primo battesimo di esistenza e di dignità, per chi indossa l’immagine sacra di persona umana.

Foto: cultura.biografieonline.it

Redazione

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