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L’architettura di Maria SS dell’Addolorata di Gioiosa Ionica

Di Silvia Turello

La chiesa di Maria Santissima dell’Addolorata di Gioiosa Ionica è raggiungibile imboccando la via Cavour, nel centro storico. Subito colpisce la facciata intonacata di bianco, con semicolonne corinzie e linee barocche, che la rendono decisamente diversa dalle altre chiese della città.
Un grande atrio in legno laccato color pesca è inserito sotto il ballatoio che sorregge l’organo. Persino questo elemento presenta una decorazione policroma: un bellissimo rosone intagliato nel legno in uno sfondo turchino.
L’interno, a croce latina, ha una sola navata, ed è abbellito dagli stucchi policromi realizzati da Francesco Gangemi di Seminara. La cupola del transetto è affrescata, mentre l’altare maggiore è in marmo.
L’imponente chiesa, oggi sussidiaria della parrocchia di Santa Caterina, conserva:

  • le Reliquie della Croce, di San Francesco di Paola e di San Domenico;
  • le statue, nelle cappelle laterali, di Santa Lucia, San Cosimo e Damiano, San Francesco da Paola: tutte e tre opera di Rocco Murizzi;
  • i due superbi angeli che, creati pure da Rocco Murizzi per adornare la capanna di un presepe, vista la loro bellezza, sono stati sistemati in prossimità dell’ingresso, e da lì sembra vogliano spiccare il volo verso la volta della chiesa;
  • il monumentale organo a 22 registri e 1400 canne, costruito nella seconda metà del 1800 dalla ditta veronese Gaetano Zanfretta (l’organo, portato a compimento il 26 maggio 1904, fu collaudato il 30 maggio dello stesso anno. Per la grande occasione il parroco, Don Nicola Rodinò, regalò alla chiesa un bellissimo San Francesco uscito dalle mani dello scultore Rocco Murizzi);
  • l’inestimabile Ostensorio in oro e argento costruito dall’artista Francesco Ieraci da Polistena (nel 1933) e benedetto da Pio XI. Il capolavoro, che pesa ben 13 chili e 400 grammi è stato interamente costruito con l’oro, l’argento e i fondi offerti dai fedeli del tempo (specie dall’orefice Teodoro Maiolo, che regalò circa 7 chili d’argento);

 La pavimentazione si presenta in graniglia di cemento, con mattonelle di varia fantasia e colore che variano dall’ingresso all’altare e nella zona centrale. In graniglia è anche la pavimentazione nel corridoio sul retro dell’altare, che termina all’ingresso del campanile, ma le mattonelle sono in tinta unita scura. L’altare si presenta invece pavimentato in marmo, gradini compresi, con lastre bianche e nere. È l’unica parte della chiesa che non si presenta pavimentata in graniglia, sollevata ovviamente rispetto alla pavimentazione.
Presso l’altare, una balaustra in ferro battuto, anch’essa decorata con motivi simili alle altre decorazioni della chiesa, è collocata alla fine dei due gradini, con tanto di cancelletto.
In marmo policromo sono invece le colonnine delle cappelle sull’altare e laterali, mentre tutto il resto delle decorazioni è in stucco policromo.

La copertura

 La struttura di copertura è ispezionabile attraverso un foro nel muro da cui si può arrivare tramite la scala a chiocciola in pietra che porta sul campanile, fatto forse in un secondo tempo per facilitarne i lavori di manutenzione. Risulta ispezionabile solo in parte: si possono notare, anzitutto, due capriate, una con sei saette radiocentriche, di cui una di esse che si aggancia alla seconda capriata, di impianto classico rispetto alla prima, con due sole saette. Sopra i travicelli sono poggiati i coppi. Procedendo in fondo alla struttura di copertura, ci si trova di fronte a un muro, quello divisorio tra la struttura di copertura sull’altare e quella della cupola, che però lascia scoperto e al massimo protetto da uno strato di plexiglas l’oblò in vetro sulla sommità, con un altro foro sicuramente fatto in un secondo momento. Dall’interno di questo foro si può accedere alla calotta della cupola, il cui muro è rivestito internamente da caroselli di terracotta.

I caroselli (o caruselli)

Questi elementi in laterizio, dalla forma cava e fabbricati a metà tra l’artigianale e il semindustriale, venivano prodotti richiamando antiche tradizioni e furono adoperato nel periodo della ricostruzione del terremoto del 1908 per rendere le costruzioni resistenti ma leggere.
Il termine carosello deriva dal dialetto calabrese, e deriva dalla somiglianza della forma dei salvadanai di ceramica. Il carosello è un vaso cavo fittile, in laterizio, impiegato in edilizia per la costruzione di volte, solai, pareti, rampe di scale e tramezzature. È facile trovare questi elementi nelle vecchie case a Gioiosa Ionica.
I fori venivano realizzati per accelerare il processo di cottura e renderla omogenea e, in cantiere, tale tecnica conferiva una migliore adesione con la malta. L’uso dei caroselli era legato al desiderio di non voler sovraccaricare le strutture preesistenti, sfruttandone la leggerezza abbinandoli alla malta di gesso che, per le loro caratteristiche, conferivano alle strutture elevata resistenza meccanica.
Nonostante la chiesa abbia accusato gli assestamenti del terreno e la mancanza di manutenzione che hanno portato alla perdita di porzioni di stucchi e alcune lesioni, e altre problematiche che attendono di essere eseguite e risolte, rimane comunque una delle migliori conservate nel centro storico di Gioiosa Ionica e un importante edificio di culto dalla sua costruzione. Attualmente aperta al culto, conserva ancora le sue importanti opere d’arte e il suo fascino tardobarocco e vagamente Liberty, una commistione di stili che rendono più che mai azzeccato il soprannome di chiesa merlettata al quale accennavamo nel precedente appuntamento.

Redazione

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