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Il forte vento che fece correre le lancette dell’orologio

Stasi XXXVIII - Francesco Rossi torna finalmente in Italia accompagnato dalla sua splendida fidanzata, ma il tempo vola e gli affari reclamano attenzioni che non possono più essere rimandate!

Di Francesco Cesare Strangio

Mirko salutò per primo Francesco Rossi, allungandogli la mano; nel farlo gli disse, in italiano: «Tratta bene mia sorella…», poi abbracciò a lungo Stefica e si mise a piangere.
Uscì e la sorella andò al balcone, seguendolo con lo sguardo fino a che scomparve dietro l’angolo della quinta strada.
Alle dodici e trenta partiva il treno per Ljubljana. Dopo aver fatto i bagagli, i due futuri coniugi si recarono all’ufficio di Stevo per salutarlo e questi avvertì Maria dicendole che stavano per passare i due per salutarla.
Si salutarono con Stevo e presero la strada per andare da Maria.
Rimasero un po’ con l’amica, che confidò che Stevo, il giorno prima, le aveva accennato qualcosa relativo al matrimonio.
Quella mattina, le lancette dell’orologio correvano come spinte dalla forza di un forte vento, tanto che erano in procinto di toccare l’undicesima ora del giorno. Era rimasto poco tempo, dovevano fare in fretta se non volevano perdere l’appuntamento con il treno.
Alla stazione di Zagabria arrivarono puntuali.
Rossi salutò i genitori di Stefica, ringraziandoli per la loro generosità e per il grande dono che gli avevano fatto.
Poi si avviò verso il treno, lasciando ai sentimenti più intimi i genitori e la figlia. Quando iniziarono a chiudere le porte, si avvicinarono e Stefica salì sopra: alla chiusura della porta la madre fece una faccia come se stesse per finire il mondo. In lacrime salutarono quel treno che stava portando via la loro la figlia.
Rossi per un attimo ebbe come un rimorso nel vedere quella scena. La sua consolazione era che una vita migliore stava aspettando Stefica.
Al suo arrivo, quella volta non c’era Gaetano, non l’aveva avvertito. Gli voleva fare una sorpresa la mattina dopo. Stefica restò meravigliata dalla bellezza di quella città. Quando presero il taxi davanti alla stazione, il tassista fissò la donna come se non ne avesse mai vista una.
«Corso Buenos Aires numero 150/b», disse Rossi al tassista.
Quando entrarono, la donna vide subito che si trattava di un ottimo alloggio con vista sul corso, ma notò anche che mancava la mano di una donna.
Si mise al telefono e, dopo vari tentativi, riuscì a mettersi in contatto con i suoi famigliari e li tranquillizzò.
Di solito Rossi, la mattina, si recava in ufficio verso le otto. Quella mattina anticipò di mezz’ora, recandosi in compagnia della donna, che lasciò nella sala d’attesa, raccomandandole di non dire a nessuno chi fosse realmente.
Come sempre Gaetano arrivò alle otto precise. Alla vista della donna rimase come inebetito.
Salutò la donna e andò verso l’ufficio, dove c’era Rossi ad aspettarlo.
La prima cosa che disse fu: «Bastardo… ecco cos’era la sorpresa!»
Capì subito di chi si trattava.
Rossi prese a ridere a più non posso, alzandosi andò verso la porta della sala d’attesa e invitò Stefica a entrare.
«Madonna, ragazzi!» fu la sola cosa che riuscì a pronunciare Gaetano.
Rossi lo presentò come suo corregionale, socio e migliore amico.
La donna fece un inchino per poi allungare la mano.
«Roba dell’altro mondo!», esclamò nuovamente Gaetano.
Superato l’impatto iniziale, incominciarono a parlare dei tempi per la consegna che dovevano fare.
«Tutto confermato! – rispose il socio. – Mercoledì partiranno i tir per andare a Zagabria.»
«Bene! Così andiamo a incassare il titolo e il giorno dopo si parte per Cipro.»
Lo informò che l’uomo della nomenclatura a dicembre gli doveva fare da testimone al suo matrimonio con Stefica.
Gaetano esclamò: «Spero che m’inviti! O no?»
Fece seguito una risata.
Gaetano chiamò l’amico al dovere che compete a chi si fa fidanzato ufficialmente.
Rossi si rese subito conto che li doveva portare al bar.
«Quale bar! – esclamò Gaetano. – Devi andare a prender due casse di champagne e offrire da bere a tutti i soci dell’azienda. Così sarebbe finito il mondo!» esclamò Gaetano.
«Andando al bar – continuò, – te la cacceresti a buon mercato, incurante della manchevolezza.»
Rossi seguì il consiglio del socio. Stefica si divertì un mondo nel vedere tutta quella baraonda.
L’amministratore chiamò il bar di fronte e fece portare due casse di champagne Brüt di Louiss.
Presero tutti parte ai festeggiamenti e puntualmente si congratularono con i futuri sposi.
Alle ore sei di mercoledì i tir partirono in direzione della frontiera con la Jugoslavia. Quando arrivarono alla dogana, ancora il funzionario della SGS non era arrivato.
Dopo una mezz’oretta videro arrivare un signore che zoppicava dalla gamba destra a conseguenza delle artrosi al ginocchio «Mi sembra si avere cane che mi morde l’osso della gamba, maledetti dolori!» quelle parole accompagnarono il funzionario per tutta l’operazione di controllo dei prodotti previsti dal contratto.
Di tanto in tanto, tirava dalla tasca della giacca una bottiglietta di cognac e mandava giù un sorso.
Quando finirono, si avviò verso l’ufficio, ove rilasciò a Gaetano il certificato sulla regolarità della merce. Preso il documento, partì velocemente in direzione di Milano.
Al suo arrivo la banca era già chiusa.
All’indomani Rossi fu il primo a entrare in banca con il certificato di svincolo della somma riportata sulla lettera di credito.

Foto: messinatoday.it

Redazione

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