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Costume e SocietàLetteratura

Il sigillo della Regina

Le cronache di Atlantidea I

di Luisa Totino

Era un tramonto estivo da non perdere, di quelli che smorzano il fiato, che con i suoi colori caldi e avvolgenti riesce ad abbracciare i pensieri più reconditi, le emozioni più lontane, i sogni più audaci. Vera, come ogni sera, alla stessa ora, si recava sulla spiaggia, sedeva di fronte alle onde, a guardarsi negli occhi con il mare, pronto ad accogliere quel cielo, sanguigno e fiero, che da millenni tingeva la volta della terra calabra. Ma quella sera non sarebbe stata come le altre, quell’incanto fu interrotto da qualcuno che la chiamò a gran voce.
«Vera! Vera!»
Vera si volse e vide suo padre dal finestrino dell’auto che le faceva cenno con insistenza di venirsene. Vera balzò in piedi e si diresse correndo verso suo padre, in testa un groviglio di pensieri e paura. Quando raggiunse l’auto chiese affannata: «Cosa è successo pa’?»
E il padre, guardandola con preoccupazione e decisione, le disse: «La nonna, Vera, si è sentita male all’improvviso! Sali! Andiamo, presto!»
Vera salì sull’auto con il cuore in gola e il panico dappertutto, un brivido la percorse dai piedi alla testa. Sua nonna Lena l’aveva cresciuta, l’aveva plasmata con la saggezza della sua età e le morali delle sue favole. Ora, all’improvviso, il suo faro stava crollando, i colori caldi del tramonto divennero di colpo freddi e distaccati. Arrivati a casa Vera si precipitò nella stanza di sua nonna, c’era il medico a misurarle la pressione e sua madre, seduta accanto al letto. Il viso della nonna era ceruleo, emanava una fioca luce di vita che non faceva presagire niente di buono, ma lo stesso riuscì a vedere la nipote arrivare e sospirò di sollievo, e le disse: «Vera, sei qui, vieni a sederti vicino a me.»
Ma il medico, il dottor Versanti, uomo molto meticoloso e prudente, rispose rivolgendosi alla madre di Vera: «La signora ha bisogno di riposare, non può parlare con nessuno.»
Ma nonna Lena, con voce flebile, disse al dottore: «Dottore, rivolgetevi a me, non a mia figlia, non sono ancora morta. Devo parlare con mia nipote Vera, da sola, concedetemi quest’ultimo desiderio, tanto non cambierebbe la mia situazione.»
Si guardarono tutti negli occhi; intanto era sopraggiunto anche il padre di Vera. Alla fine la madre di Vera acconsentì a lasciare da sole la nonna e la nipote. Quando furono usciti Vera si sedette sul letto accanto a nonna Lena, le sembrò per un attimo di tornare bambina, in attesa di ascoltare una nuova favola in un mondo antico e incantato. La nonna volle sollevarsi un po’ per poter parlare meglio e disse a Vera: «Va in quel cassetto, il primo, aprilo. Sotto i miei indumenti troverai un cofanetto: portalo qui, presto! Non ho molto tempo!»
Vera andò subito alla cassettiera di fronte al letto e prese il cofanetto, rimase colpita dagli strani simboli che c’erano incisi sopra, ma non disse niente e lo portò alla nonna. Quando fu accanto a lei, glielo consegnò, la nonna lo aprì e prese un’antica pergamena chiusa da una fibbia dorata con l’effigie di un volto di donna con in testa una corona di corallo rosso, i lineamenti erano così raffinati e perfetti, così eterei, di un’epoca molto lontana. Il suo sguardo era altero, ma allo stesso tempo rassicurante, i suoi occhi profondi come il mare.
«Nonna, chi è quella donna?» chiese Vera.
E nonna Lena le rispose: «Vera, quella che sto per narrarti, non è una delle solite favole che ascoltavi da bambina, questa è la più straordinaria delle storie, ed è tutto vero!»

Vera assunse un’espressione di paura e curiosità allo stesso tempo, il cuore le batteva a mille, ma voleva ascoltare quella storia a tutti i costi. La nonna cominciò la sua narrazione:
«Cara Vera, questa storia ha inizio mille e mille anni fa, prima di ogni grande civiltà, quando gli uomini e gli dei vivevano in pace e avevano costruito un mondo basato sulla collaborazione e il rispetto, il suo nome Atlantidea
Vera sbarrò gli occhi e replicò alla nonna: «Atlantide, nonna, volevi dire Atlantide!»
E la nonna le rispose: «No Vera, il nome di quella terra straordinaria era Atlantidea
Vera la interruppe subito: «Ma, nonna, i racconti di Platone… e come fai a sapere queste cose? Tu non sei andata a scuola…»
Con il sorriso appena accennato la nonna rispose a Vera: «Mia cara Vera, gli uomini hanno sempre avuto la cattiva abitudine di trasformare la realtà, per custodirla meglio o per paura di far conoscere certe cose, come in questo caso. Come faccio a sapere queste cose? La vera conoscenza non è solo quella scritta sui libri, ma quella che si tramanda con il cuore, con la cura di custodirla e narrarla. Le leggende, i miti, le gesta eroiche, le alleanze, i conflitti, i dissapori, le lotte per il potere, le cadute, tutto questo può salvarsi se tramandato nella maniera giusta. Mia nonna lo fece con me e sua nonna prima di lei, e ora io lo faccio con te, e questo fin dai tempi della Grande Mutazione. Ma lascia che continui a narrarti la storia…»
Appena detto questo, nonna Lena tossì molto forte e il suo respiro si fece più affaticato.
«Non ho molto tempo.»
Vera subito mise un altro cuscino dietro la schiena di sua nonna.
«Grazie Vera, hai l’altruismo di una vera regina. Devi sapere che Atlantidea era fiorente e ricca, prospera dei suoi raccolti, perché benedetta dal cielo e dalle acque. C’erano I Celesti, le divinità del cielo; Gli Acquatici, le divinità dei mari, dei fiumi e dei laghi; I Terreni, le divinità della terra e delle montagne. Insieme ai Gran Maestri, i rappresentanti degli uomini, formavano il Gran Consiglio di Altinium, la città roccaforte. Fu il Gran Consiglio a eleggere la prima regina di Atlantidea, la bellissima Altea, benevola e magnanima con tutti. Alcuni affermavano che era figlia del dio del mare Essione, altri che fosse figlia di un celeste e di un’umana i cui nomi si persero nel tempo.»
La nonna finì appena la frase che cominciò a tossire e a respirare molto male. Vera fece per andare a chiamare il medico, ma la nonna la trattenne per un braccio e la fece avvicinare al viso per poterle ancora dire qualcosa: «Vera… Tàlos… Devi trovare Tàlos… lui ti spiegherà ogni cosa. Devi andare con la pergamena ai resti del Tempio di Persefone e passare attraverso la colonna, la regina ti aiuterà, perché tu se l’ultima discendente…»
Nonna Lena non riuscì a finire la frase, che spirò. Vera, disperata, pianse sul corpo inerme della nonna.
«Nonna! Non mi lasciare! Non andartene! Ti prego!»
Alle urla strazianti di Vera entrarono gli altri nella stanza e il dolore rapì a tutti il cuore. Il cofanetto rimase aperto sul letto, la pergamena accanto a esso, una lacrima di Vera cadde sull’effigie della donna. Improvvisamente la corona di corallo rosso s’illuminò, ma nel dolore del momento nessuno se ne accorse…

Continua…

Redazione

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