ADVST
Costume e SocietàLetteratura

Il castello

I racconti della buonanotte XIII

Di Bruno Siciliano

⚠️ ATTENZIONE!
Scorri in fondo all’articolo per ascoltare il racconto che segue letto dalla viva voce di Bruno Siciliano!

Il racconto che segue è destinato a un pubblico adulto.

C’è ancora una torre superstite in cima all’antica rocca, l’ultima di quello che fu il glorioso castello medievale della Città. Per quasi sei secoli famiglie di nobili e valorosi cavalieri hanno abitato in quelle mura che adesso sono diventate dimora per le volpi e i rapaci e terreno fertile per le erbacce.
Correva la primavera dell’anno 1220, il castello svettava con le sue cento torri che sfidavano il cielo, mentre gli uomini che lo abitavano incutevano paura a tutti quelli che osavano sfidare o soltanto guardare una di quelle torri.
Sarina, la vecchia magara che abitava a Prestarona nella sua povera capanna, era uscita dal suo abituro a respirare l’aria fresca del mattino. Aveva piovuto tutta la notte e, adesso che il sole era appena sorto, la terra emanava profumi che inebriavano gli animi. I colori no, quelli Sarina non li poteva più vedere da quando aveva vent’anni e abitava al castello.
Mora, alta, orgogliosa e consapevole della propria bellezza, era una delle dame di compagnia della principessa Altamira del Balzo, signora del medievale maniero. I capelli della giovane scendevano morbidi e neri sulle sue spalle: ella li curava scrupolosamente mentre il suo corpo veniva frequentemente cosparso dagli unguenti che la zingara Samira preparava con sapienza anche per la principessa. Una serva si occupava personalmente della giovane Sarina, aveva nome Alina, era una giovane proveniente dai Balcani considerata barbara e selvaggia, ma che Sarina aveva in simpatia per la sua dolcezza e la sua bellezza e, da quando era al castello, la serva, per merito di Sarina, aveva imparato a leggere e a scrivere e a fare anche di calcolo. La nobile Altamira aveva preso in grande favore le due ragazze e difficilmente riusciva a privarsi della loro compagnia. Sarina sapeva suonare il liuto e spesso intratteneva, nelle lunghe sere d’inverno, tutta la nobile compagnia con le sue canzoni, le sue musiche e le sue storie, poi veniva anche il tempo dei giochi e la primavera nel castello era allietata dalle garrule risa delle giovani che si rincorrevano per le stanze e il grande parco che la fortezza accoglieva.
Un sentimento nuovo aveva però pervaso le due giovani che, piuttosto che l’amicizia, piano piano, avevano capito che era l’amore a unire le loro anime. I pensieri dell’una erano diventati, col tempo, i desideri dell’altra.
La nobile Altamira s’era accorta di quel sentimento nuovo che univa le due ma, con la sua innata bontà e la sua matura nobiltà d’animo, aveva lasciato correre, beandosi, anzi, che ci fosse tra di loro quel qualcosa in più che potesse unire la loro pur splendida compagnia.
Fu una sera d’inverno, vicino al camino, negli appartamenti di Sarina, che Alina si avvicinò alla giovane dama, le cinse le spalle e le scostò la scollatura della veste che copriva le candide membra di Sara. I palmi di Alina si riempirono dei piccoli seni di Sara e le due bocche s’incontrarono. Nulla era stato loro insegnato sull’amore, ma fu la passione a essere loro maestra e le due bocche s’incontrarono in un bacio lunghissimo, che sembrava non avere mai fine, ed esse giacquero là accanto al fuoco che scoppiettava nel camino sul grande tappeto di Persia, tra i profumi d’oriente e il rumore della pioggia che picchiettava insistente sui vetri.


Edil Merici

Da quella sera, quando le tenebre calavano anche sulla nobile città medievale, le due ragazze si appartavano per scambiarsi i baci e le carezze che l’amore costantemente dettava loro.
I giorni trascorsero veloci nell’antico castello, tra le lezioni di latino, i giochi a scacchi con la nobile Altamira e i pranzi succulenti che la fedele cuoca orientale sapeva preparare; ma nell’antico castello venne una sera di primavera in cui, quando le rondini smisero d’intrecciare voli nell’azzurro cielo di Calabria e i neri uccelli della notte cominciarono a solcare gli spazi sulle antiche torri, Alina accolse Sarina nel letto della sua piccola stanza che lei sapeva trasformare tra i baci e le carezze nell’alcova più fastosa che potesse esistere. Le due ragazze si abbracciarono e, ben presto, gli spasimi amorosi arrivarono con i baci più profondi e i gridolini di gioia che le due amanti non sapevano trattenere assieme alle parole innamorate e alle carezze più sapienti. La stanza di Alina era accanto alle stanze delle altre donne incaricate alla servitù dell’antico castello, un corridoio separava le stanze e, da quel corridoio, passò quella notte anche l’Abate Pacifico, incaricato della salute della anime di tutti i castellani, che udì la gioia e le parole delle due amanti, spalancò la porta e vide le due avvinghiate nei loro giochi amorosi e le loro nudità e i loro sessi grondanti d’amore. Il santo abate s’infuriò e chiamò a raccolta i servi e gli armigeri, che separarono le due innamorate coprendole alla meglio per trascinarle nelle segrete in cui, prima che il sole sorgesse, fu decretata la condanna per stregoneria alla giovane Alina mentre, com’era scritto nei vangeli, nei quali si legge che bisogna estirpare l’organo che aveva dato scandalo, fu deciso di strappare a Sarina gli occhi che s’erano posati su una giovane del suo stesso sesso.
Da un atto d’amore era nata la violenza e, mentre il corpo di Alina bruciava su una pira innalzata nello stesso parco del castello che aveva visto i giochi e la spensieratezza delle ragazze, il buio delle segrete avrebbe avvolto per sempre Sarina, scacciata per sempre dal castello dopo che le furono strappati gli occhi.
Sarina, colpevole soltanto di avere amato troppo, curata e fasciata alla meglio fu accompagnata a dorso d’asino in quella che sarebbe stata per il resto della sua vita la sua dimora, una capanna in mezzo alla rigogliosa campagna della nobile cittadina.
Col tempo e l’aiuto dei contadini imparò a riconoscere al tatto e al profumo le erbe che avrebbe usato per curare e sfamarsi e venne anche il tempo in cui mandò al castello un preparato che avrebbe poi salvato la vita alla principessa ammalatasi di un male che i cerusici del castello avevano giudicato incurabile. Sarina cedette ai contadini il suo medicamento da portare alla principessa a un solo prezzo: il segreto su chi avesse preparato il miracoloso farmaco.
La principessa si salvò, poi passarono i giorni, i mesi e gli anni.
Sarina portò impresso per sempre nel suo cuore il disperato amore per Alina, mentre la principessa Altamira il ricordo delle due giovani e il cruccio che la legge degli uomini avesse potuto stroncare nel sangue, nel dolore e nella violenza più atroce un tenerissimo amore.

Foto: turiscalabria.it

Se volete leggere altro del nostro Bruno Siciliano non perdete i suoi romanzi Ricordatevi di Angelica e Morte di un fumatore di pipa, in vendita in esclusiva su Amazon.

Redazione

Redazione è il nome sotto il quale voi lettori avrete la possibilità di trovare quotidianamente aggiornamenti provenienti dagli Uffici Stampa delle Forze dell’Ordine, degli Enti Amministrativi locali e sovraordinati, delle associazioni operanti sul territorio e persino dei professionisti che sceglieranno le pagine del nostro quotidiano online per aiutarvi ad avere maggiore familiarità con gli aspetti più complessi della nostra realtà sociale. Un’interfaccia che vi aiuterà a rimanere costantemente aggiornati su ciò che vi circonda e vi darà gli strumenti per interpretare al meglio il nostro tempo così complesso.

Related Articles

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button