Di Francesco Salerno
Trasportare i reperti rinvenuti nel magazzino sino all’università di Boston era stato frustrante. Mille moduli da compilare, trasporti autorizzati, scartoffie infinite. In una parola: burocrazia.
Due giorni di patemi d’animo, ma alla fine ce l’avevano fatta. Il manufatto e i rotoli erano in laboratorio.
Gabriel e Mikey avevano eseguito ogni esame di persona. Raggi X, datazione, analisi chimiche. Nulla era stato lasciato al caso. Eppure, per il manufatto, era stato impossibile classificarlo.
In tanti anni di mestiere, Gabriel non aveva mai visto nulla del genere. Era stato fabbricato usando una pietra nera a lucida, di dubbia provenienza. La datazione degli isotopi del materiale aveva stabilito che doveva essere stato scolpito almeno trecentomila anni prima. Cosa impossibile visto che, a quella data, non era conosciuta nessuna cultura umana in grado di lavorare in quel modo la pietra.
L’intero corpo dell’oggetto, simile a un cilindro, era inoltre ricoperto di strani glifi.
Mikey aveva ipotizzato potesse trattarsi di un’arcaica forma di scrittura cuneiforme, simile a quelle delle civiltà del Medio Oriente. Ma i segni non corrispondevano a nulla che fosse mai stato visto.
Come se non bastasse, altro enigma erano i papiri.
I primi due erano di epoca egizia, a giudicare dai geroglifici. Tuttavia, era impossibile decifrarli a causa del pessimo stato di conservazione. Erano, difatti, poco più che inutili. Il terzo, al contrario, lasciò a bocca aperta i due studiosi. Rinchiuso in un elaborato porta pergamena d’oro, il testo era in francese antico.
Una scoperta, questa, già di per sé straordinaria. Non vi era, infatti, alcun motivo per cui testi tanto distanti cronologicamente tra loro fossero insieme. Il loro studio venne però interrotto dal telefono interno dell’università. Quando Mickey rispose era la segreteria.
«Scusi il disturbo, professore, ma qui c’è una strana donna che chiede di lei.»
Mickey rispose che non conosceva strane donne e che comunque al momento era molto preso. Poi, mise giù e tornò a studiare insieme a Gabriel il testo.
Quando iniziarono a tradurlo, i due ricercatori sgranarono ancor di più gli occhi.
La pergamena recava in calce un sigillo inequivocabile.
Due cavalieri a cavallo con la scritta sigillum militum. Era il sigillo dell’Ordine dei Cavalieri Templari.
Gabriel si lasciò scappare un’esclamazione di puro stupore quando, poco sotto il sigillo, lesse il nome del firmatario della pergamena: Jacques de Molay, Gran maestro dell’Ordine dei Templari, 13 ottobre 1307.
Foto: scrinium.org