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Costume e Società

Per chi dorme all’ombra dei papaveri rossi

Di Riccardo Mucci – Liceo Classico Ivo Oliveti di Locri

Comprendere una guerra come quella che stiamo vivendo è difficile. In momenti come questi, gli uomini hanno sempre saputo esprimere le loro emozioni con la musica, uno strumento potentissimo per aprire il cuore a sentimenti più puri e profondi di quelli che oggi dilaniano il mondo con la guerra. Risentire in questo periodo La Guerra di Piero ha tutto un altro effetto e può farci comprendere l’amara verità del conflitto tra Russia e Ucraina: ciò che ci capita, essendo noi lontani dagli scontri armati, è di dimenticarci che non sono solo due nazioni a combattere, ma migliaia e migliaia di persone normalissime.
Il soldato Piero di Fabrizio De André è proprio questo, un uomo comune protagonista di una ballata folk, genere musicale del popolo per antonomasia. Piero attraversa la frontiera “con l’anima in spalle” e “se ne va triste come chi deve”, appesantito dalle vite che si spengono attorno a lui a causa di una guerra che non vorrebbe vivere. Il soldato che De André dipinge e fa vivere in noi con la sua splendida voce è riluttante, più vittima perfino delle persone che lui stesso uccide, circondato da papaveri rossi, simbolo del sangue versato sulla terra che i soldati calcano per massacrarsi a vicenda. Nel verso “vedesti un uomo in fondo alla valle che aveva il tuo stesso identico umore, ma la divisa di un altro colore” ci rendiamo conto di come il soldato nemico sia identico a Piero, se non per la divisa. Questo ci dimostra che non c’è una parte che abbia ragione, in guerra: a morire rimangono sempre persone comuni, che avranno il tempo di “vedere gli occhi di un uomo che muore”. Piero, nella canzone, è nauseato da questo spargimento di sangue al quale è costretto, lontano da casa come sono i soldati russi che oggi combattono per l’egemonia militare ed economica di chi li governa. Eppure l’Europa decide di mandare armi, con le quali i campi si riempiranno – metaforicamente – di un maggior numero di papaveri rossi. Questo atteggiamento è lo stesso della voce narrante della canzone, che incita Piero a sparare al nemico “fino a che tu non lo vedrai esangue cadere a terra a coprire il suo sangue” evidenziando l’aspetto violento dell’atto, come se la vita di Piero dipendesse dalla morte di un uomo dalla divisa diversa, triste come lui nonostante sia un nemico. La paura sul campo, però, deve essere troppa e immaginarsela è impossibile, soprattutto per chi, come me, non ha mai vissuto da vicino una guerra. Non posso biasimare, quindi, i soldati che continuano a uccidersi, attaccati alla vita e intenzionati a sopravvivere. Del resto, “a crepare di Maggio ci vuole tanto, troppo coraggio”. Proprio questo verso riesce a farmi rabbrividire, specialmente con la consapevolezza che il maggio di cui parla Piero nelle sue ultime parole è un modo per intendere la gioventù, periodo in cui è morto. Lo possiamo vedere accasciarsi a terra grazie alle parole di De André, il quale precisa che Piero, tra le mani, stringeva il fucile, per farci capire che il suo cadavere sarà solo quello di un altro combattente, spogliato delle sue idee di pace e ridotto a un numero. Esattamente uno di quei numeri che vediamo al Telegiornale, quelle centinaia di soldati che cadono ogni giorno, che ai nostri occhi sono solo fucili. Chissà quante cose avrebbero voluto dire, cose la cui importanza impallidisce ai nostri occhi rispetto alla propaganda e alla politica di guerra, che si regge sul massacro giornaliero tra esseri umani. Sarebbe importante trovare una soluzione che possa riappacificare Russia e Ucraina ma, purtroppo, non ci sarà vittoria per nessuno: alla fine saranno morti uomini che non avevano motivo di uccidersi e, al tavolo dei negoziati, nessuno penserà a chi dorme sotto l’ombra di mille “papaveri rossi”.

Foto: static.vecteezy.com


Edil Merici

Redazione

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