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Costume e SocietàLetteratura

L’eroismo di Andronòs

Le cronache di Atlantidea XXV


Edil Merici

Di Luisa Totino

La notte al Castello della Cittadella trascorse relativamente tranquilla. Vera ripensava alle parole di Talòs, di come, da quel momento, la sua vita non sarebbe stata più la stessa e di cosa avrebbe detto sua madre alla notizia di essere figlia della Regina di Atlantidea. Certo non sarebbe stato neanche facile farle comprendere l’esistenza stessa di Atlantidea. Ma c’era qualcosa che, in quel momento, superava tutti i suoi pensieri: Andronòs. Mattia, invece, era ancora elettrizzato per il rito di iniziazione. Da quel momento avrebbe fatto parte di qualcosa di certo, per la prima volta in vita sua. Talòs, dal canto suo, provava un’insolita quiete, dopo aver raccontato la verità a Vera, ma una parte di lui, nello stesso tempo, sapeva che il pericolo era in agguato. La guerra poteva non risparmiare nessuno e Talòs era consapevole che il potere di Gòrgos era cresciuto a dismisura. Era molto preoccupato del possibile esito della battaglia. Bisogna essere adeguatamente preparati e non c’era tempo per esserlo.
Aldàrin si recò da Talòs, sapeva di trovarlo sveglio, e gli disse: «So che sei sveglio, amico, perché gli stessi pensieri ci attanagliano la mente. Hai parlato con Vera?»
E Talòs: «Sì, è stata la cosa più bella di tutta la giornata.»
E Aldàrin: «Bene! Allora l’ha presa bene. Sono contento, e le hai detto anche di Andronòs, che è tuo figlio?»
E Talòs: «No, quello ancora no!»
E Aldàrin: «Un passo alla volta, amico. Ora ci preme la battaglia! Cosa pensi di fare? Gli abitanti di questo posto non sono dei guerrieri, lo sai, vero?»
Talòs, sospirando, rispose: «Lo so, Aldàrin, ma che alternative abbiamo? Spero che Andronòs sia giunto presso il Gran Consiglio di Altinium e abbia spiegato ogni cosa!»
E fu proprio come disse Talòs, o almeno in parte.

L’impavido Andronòs arrivò, volando in groppa al suo Dasculòs, ad Altinium, salì la scalinata che dava accesso alla grande sala per raggiungere il Gran Consiglio, ma due soldati, piantati davanti al grande portone, non gli permisero di entrare, incrociando le loro lance.
Uno di loro disse: «Non è permesso entrare! Il Gran Consiglio sta prendendo delle importanti decisioni e non vuole essere disturbato!»
E Andronòs: «Io sono il comandante Andronòs dell’esercito della Fratellanza, posso entrare eccome! Ora vi ordino di lasciarmi passare o ve ne pentirete!»
Uno dei due rispose: «Sappiamo bene chi siete, comandante, ma il Gran Consiglio ci ha dato un ordine e sapete bene che la sua decisione è superiore alla vostra! Non costringeteci ad arrestarvi, comandante. Tornate da dove siete venuto!»
Andronòs, arrabbiato e deluso, accettò forzatamente il comando, ma dentro di sé non ne era convinto. Ritornò al suo Dasculòs e prese il volo, ma non se ne andò. Voleva vederci chiaro, si diresse dietro il Palazzo, dove c’era un’enorme quercia e, da dietro la sua chioma frondosa, avrebbe potuto spiare attraverso le vetrate della cupola cosa stesse facendo il Gran Consiglio di così importante. Si posizionò dietro la quercia e guardò dentro e ciò che vide fu terribile. C’erano dei soldati di Gòrgos che tenevano in ostaggio i membri del Gran Consiglio, legati e inginocchiati a terra. Andronòs capì che era stato preceduto, ma chi poteva aver anticipato le mosse? C’era un traditore tra i componenti della Confraternita Fulgente? Mentre Andronòs si arrovellava per trovare una risposta, vide entrare in scena una figura sinistra e inquietante, ma familiare. Sì, era proprio lui, lo stregone Feridal, colui che aveva tradito suo padre e lo aveva consegnato a Gòrgos. Andronòs vide che diceva qualcosa ai presenti, minacciandoli con il suo bastone e non ottenendo risposta. Poi si rivolse agli orrendi soldati, che si misero a cercare nella stanza. Andronòs si chiese cosa potessero mai cercare di così importante. Iniziò a pensare. Gli venne in mente Vera, il suo ruolo di prescelta, le parole di Elis su di lui, al Palankrir. Ed ecco, lo vide nella sua mente, cercavano il Libro dei Remoti. Quell’antico manoscritto conteneva tutto il passato e il futuro di Atlantidea, celato in profezie, il cui oracolo/guida aveva il compito di custodire gelosamente e rivelare solo ai puri di cuore. Nelle mani sbagliate, il Libro poteva sovvertire la sorte di Atlantidea, bloccando la mente dell’oracolo, e questo poteva essere fatto utilizzando una delle rune stregate che solo un grande stregone conosceva. Ecco perché Feridal era lì, per trovare il Libro e rendere inerme l’oracolo, cioè Elis, la figlia di Argonat. Andronòs doveva fare qualcosa e al più presto, altrimenti il tempo futuro di Atlantidea sarebbe andato perduto. Decise, prima di tutto, di radunare l’esercito della Fratellanza. Per fare ciò, però, doveva passare davanti ai soldati che si trovavano al grande portone del palazzo. Nascose, allora, il Dasculòs in un anfratto che conosceva bene, e poi cominciò a strapparsi gli abiti, doveva sembrare un mendicante. Si tinse il viso con un erba trovata nella boscaglia e si coprì con il cappuccio. Poi si procurò un bastone da un ramo d’alber, e s’incamminò zoppicando per essere un mendicante più credibile.
Passò sotto lo sguardo delle guardie che, subito lo notarono e una di loro gli disse: «Chi sei, mendicante? Vedi di andartene, non abbiamo niente per te!»
L’altra guardia aggiunse: «Sei di queste parti? Hai un’aria conosciuta.»
E Andronòs rispose: «No, non sono di queste parti, sono qui di passaggio. Sono solo un povero pellegrino che cerca riparo dove può, con l’aiuto delle persone di buon cuore.»
Il soldato rispose: «Qui ad Altinium non troverai quello che cerchi!»
E Andronòs: «Una cosa non ho mai perso nel mio peregrinare, la speranza!»
E si allontanò da loro, zoppicando e col cuore in gola, per la paura di essere scoperto. Quando fu fuori dalla loro visuale, si tolse il cappuccio e scese le scalinate che portavano nelle stanze dell’esercito della Fratellanza. Entrando nelle camerate trovò i soldati semi incoscienti sulle loro brande, poi, si precipitò nelle stalle dove c’erano i Dasculòs, e li trovò tutti a terra, addormentati. Andronòs non ebbe nessun dubbio, c’era lo zampino di Feridal in tutto quello che era successo. Dove trovare un rimedio per svegliare i soldati? E, all’improvviso, si ricordò che Vera, prima di arrivare presso i Veggenti dell’Ovest, aveva condiviso con lui la luce del sole crescente. La boccetta con una parte del liquido l’aveva sempre tenuta con sé, nella sua sacchetta. La tirò fuori e la fortissima luce che si sprigionò dalla boccetta squarciò l’oscurità che aveva intorpidito i soldati e addormentato i Dasculòs. Tutti si risvegliarono non ricordando quello che era successo. Quando si accorsero che il comandante Andronòs era presente, davanti a loro, si misero subito sull’attenti.
Andronòs disse loro: «State comodi, non è il momento per i convenevoli. La situazione è rischiosa, ma siete tutti dei valorosi soldati. Dobbiamo liberare i membri del Gran Consiglio. Sono tenuti in ostaggio dallo stregone Feridal, che è riuscito a rendervi innocui per potere agire indisturbato. Ora, preparatevi all’azione. Io cercherò di distrarre le guardie al portone, in modo che non lancino l’allarme, mentre voi sfonderete il tetto della stanza del Gran Consiglio. Dovrete, però, proteggervi dai malefici dello Stregone, quindi vi inserirò una sola goccia della luce del sole crescente nell’anello simbolo dell’esercito della Fratellanza. La sua luce vi proteggerà dall’oscurità che vi sarà lanciata.»
Quando i soldati furono pronti e istruiti sul da farsi, presero il volo, uno alla volta, per non destare sospetti, e si nascosero nella boscaglia dietro il palazzo del Gran Consiglio. Andronòs si rimise a fare il mendicante e passò di nuovo davanti alle guardie.
Una di loro disse: «Ancora qui, mendicante? Non hai ancora capito che te ne devi andare?»
Andronòs, allora, rivolgendosi a loro disse: «Non siete molto accoglienti, da queste parti. In questo luogo è scesa l’oscurità, lo sento, anche i vostri cuori ne sono ricolmi. Me ne vado, ma lascerò un segno che allontanerà chiunque voglia sostare qui.»
Le guardie, sentendosi minacciate, scesero le scale, per cercare di prendere il falso mendicante, che intanto aveva girato l’angolo del palazzo. Come giunsero a tiro Andronòs le colpì entrambe con il bastone e caddero a terra tramortite.
Andronòs disse loro: «Mai provocare un povero mendicante, le cattive azioni si pagano.»
Poi lanciò il segnale ai suoi soldati emettendo il verso del gufo. Subito balzarono allo scoperto e si precipitarono sulla cupola di vetro rompendo le vetrate e irrompendo all’interno. Feridal, sorpreso dall’attacco, puntò verso di loro il suo bastone per colpirli con il suo raggio di energia, ma i soldati, su ordine di Andronòs, puntarono i loro anelli contro lo stregone, aprendo il piccolo scomparto dove era inserita la goccia di luce del sole crescente. I diversi fasci di luce si unirono, aumentando il loro potere, i mostruosi soldati di Gòrgos vennero disintegrati e Feridal capì subito il pericolo e scomparve, sotto gli occhi dei presenti, in un turbine di energia. L’esercito della Fratellanza liberò gli ostaggi. Intanto sopraggiunse anche Andronòs, che fu accolto con tutti gli onori dai membri del Gran Consiglio per il gesto eroico compiuto.
Andronòs disse ai presenti: «Il pericolo è momentaneamente scampato, sono giunto a voi per portarvi notizie terribili, la guerra è alle porte di Albatis…»

Continua…


Birra

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