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Locri: questo pomeriggio alla Planteria la Festa della Repubblica… delle piante


Edil Merici

Dallo Staff di Planteria Orti Urbani di Locri

Nel suo libro La nazione delle piante, il botanico Stefano Mancuso suggerisce che le democrazie umane possano avere qualcosa da imparare dagli alberi e dai fiori del mondo.
Mancuso è direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale dell’Università di Firenze e leader nello studio emergente di quella che lui chiama intelligenza delle piante. Alcuni biologi sostengono che, poiché le piante non hanno neuroni, la neurobiologia vegetale è un ossimoro. La liquidano come un gran parlare di nulla, come la famosa, ma alla fine sfatata, opera del 1973 La vita segreta delle piante, che aveva fatto suonare Wolfgang Amadeus Mozart per le felci, ma che oggi è vista come un tentativo confuso e velleitario di dotare le piante di una sentire che semplicemente non hanno.
Eppure, le ricerche di Mancuso e di altri hanno dimostrato che le piante comunicano, percepiscono e rispondono l’una all’altra e all’ambiente circostante, e possono persino mostrare qualcosa di simile alla memoria. Le piante possono anche non avere un cervello ma, come Mancuso ha sostenuto in libri popolari come Brilliant Green (di cui è stato coautore con la giornalista Alessandra Viola nel 2015), non sono affatto inferiori agli animali in quanto a sofisticazione biologica o ingegno evolutivo. In questo libro, Mancuso sostiene che dovremmo considerare la vita vegetale non solo come uno sfondo per i nostri campeggi, una decorazione per il nostro giardino o persino uno strumento per la cattura del carbonio, ma come una risorsa per la nostra politica. Ci invita a condurre un improbabile esperimento di pensiero: Se le piante potessero scrivere una costituzione, cosa direbbe? Il libro si apre con un discorso immaginario di un rappresentante della Nazione delle Piante alle nostre Nazioni Unite. L’oratore – Mancuso non ne specifica la specie – chiede di prestare attenzione alla saggezza della comunità che rappresenta l’80% della biomassa mondiale (l’umanità pesa solo per lo 0,0000001%) e ha membri che sono sopravvissuti ininterrottamente per 350 milioni di anni. Mancuso si offre come interprete delle piante e ci guida attraverso gli otto articoli della loro costituzione.
Gran parte dello statuto non sorprenderà chi ha passato un po’ di tempo a pensare alla conservazione dell’ambiente o chi ha un giardino. Prendiamo l’articolo uno: “La Terra è la casa comune della vita. La sovranità spetta a ogni essere vivente”. Abbiamo affidato il destino del mondo a quelli che Mancuso chiama i Signori del Pianeta, un piccolo gruppo all’interno di una “singola specie molto presuntuosa” come i senatori degli Stati Uniti. Il libro diventa più radicale nell’articolo tre, dove Mancuso introduce la sua proposta politica chiave: “La Nazione delle Piante non riconoscerà le gerarchie animali, che sono fondate su centri di comando e funzioni centralizzate, e promuoverà democrazie vegetali diffuse e decentralizzate”. Le gerarchie riproducono l’organizzazione naturale dell’anatomia animale, con i suoi organi specializzati e il sistema nervoso centrale.
Sono utili per alcune cose, spiega Mancuso, soprattutto per la velocità. Un sistema nervoso centrale può coordinare movimenti rapidi, così come un potente amministratore delegato può costringere un’azienda ad adattarsi alle mutevoli condizioni del mercato. Ma se un organo importante come il cervello viene danneggiato, l’intero organismo fallisce. Le piante, invece, “vedono, sentono, respirano e pensano con tutto il corpo”. Rilevano la luce attraverso le foglie e le condizioni del suolo attraverso una complessa rete di radici. Di conseguenza, non privilegiano la concentrazione ma la distribuzione come principio organizzativo. Proprio come le singole piante, le foreste o i campi di fiori selvatici prendono decisioni basate su ciò che l’ambiente può supportare e non su ciò che un potere sovrano desidera ottenere.
La Nazione delle Piante non si limita a rovesciare le gerarchie, ma cancella anche i confini. Le linee sulla mappa, ci ricorda Mancuso, sono la più immaginaria delle finzioni politiche ed ecologiche. Riprendendo una delle linee contrarie preferite (e l’idea centrale del suo ultimo libro, L’incredibile viaggio delle piante), Mancuso sostiene che la maggior parte delle cosiddette specie invasive sono tutt’altro che innaturali: sono solo risposte intelligenti alle mutevoli condizioni di un mondo che cambia. Ma, soprattutto, il libero movimento delle specie e delle comunità verso i luoghi in cui possono prosperare dovrebbe servire da modello per gli esseri umani. “Le persone dovrebbero sempre essere in grado di migrare”, scrive Mancuso, “certamente quando rimanere in un luogo significa compromettere le proprie possibilità di sopravvivenza”.
Questo breve libro è pieno di affermazioni audaci, e Mancuso le fa con la sicurezza – o l’ingenuità – di chi (come l’autore ammette liberamente) non ha alcuna esperienza professionale in campo giuridico o politico. Mancuso non ha il tempo di considerare le obiezioni e nemmeno di affrontare la storia travagliata dell’adattamento dei principi naturali alla politica umana, dal darwinismo sociale all’ecofascismo, che indugia sotto la superficie allegra di quest’opera ben intenzionata. A volte l’autore si avvicina alla filosofia, citando, ad esempio, il concetto di banalità del male di Hannah Arendt quando discute degli errori morali causati dalla gerarchia.
Mancuso scrive nella vecchia tradizione delle favole di Esopo: ci invita a vedere i problemi umani attraverso la lente delle creature non umane. È un libro giocoso, che non chiede di essere preso molto sul serio che, come la maggior parte dei giochi di fantasia, parla di una realtà scomoda: dobbiamo ripensare al modo in cui viviamo insieme sulla terra e a chi e cosa includere nella nostra politica.
La nazione delle piante è abbastanza piccolo da stare in una tasca della giacca o da essere infilato in uno zaino, ed è meglio leggerlo su una panchina del parco o sotto il gelso del giardino di Planteria, dove  questo pomeriggio, alle ore 18, ci riuniremo a leggerlo ad alta voce, dimenticando le questioni pratiche e ascoltando insieme le piante.


Varacalli

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