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Costume e SocietàLetteratura

L’incontro con la zingarella

La tela del ragno


Edil Merici

Di Francesco Cesare Strangio

In un tardo pomeriggio d’estate, all’orizzonte, fece capolino uno di quei tramonti che raramente privilegiano gli occhi. Aquilino, una volta infilate le brache, calzò un paio di scarpe da tennis, salì in auto e partì dalla città di Salerno per recarsi al suo paese d’origine ove tutt’ora si trova sopra a una collina alle cui spalle troneggiano gli Appennini e sulla destra domina l’orizzonte la cima del Pollino.
Aquilino aveva assunto il deplorevole status del nullafacente, quella condizione d’inefficienza lo metteva in silente agitazione.
Nell’abituale tragitto, immerso nei pensieri, camminava a passo lento fra le strette vie del vecchio borgo: osservava la gente seduta sulle panche di pietra a ridosso dei vecchi aristocratici palazzi che davano la sensazione di essere lì da sempre, incuranti del trascorrere del tempo. I compaesani, degni figli del pettegolezzo, erano lì intenti a tagliare e cucire il complesso vestito dei difetti altrui.
Poco più avanti vi era la bottega dell’unico calzolaio del paese, da cui proveniva un forte odore di cuoio e di colla. Dietro al vecchio bancone di legno, un uomo piegato dagli anni cuciva la tomaia alla suola di una scarpa. Nel vederlo intento nel proprio lavoro, Aquilino si avvicinò al bancone, lo salutò e le chiese:
«Compare mastro Peppe, come va il lavoro?»
Giuseppe smise di cucire e rivolse lo sguardo in direzione di Aquilino; dopo un attimo di esitazione per coordinare le idee, rispose:
«Caro don Aquilino, come volete che vada? Oggi la gente le scarpe preferisce comprarle nuove anziché ripararle. Voi dove andate?»
«Faccio quattro passi per sgranchire le gambe… a furia di non fare nulla, sto mettendo su un po’ di pancetta».
Finita la conversazione, Aquilino prese commiato e mosse in direzione della piazza dove di solito la gente si intratteneva a disquisire dei fatti del giorno.
Al centro della piazza c’era il solito gruppetto di persone. Come sempre, tra loro, vi era il saggio che aveva frequentato l’università. Ogni qual volta che i suoi ragionamenti venivano contrariati, manifestava, con veemenza, il proprio disappunto. Tutti lo assecondavano lasciandogli intendere che era un grande. Dopo un po’ il saggio, oramai stanco di sentire quelli che considerava intellettualmente di basso rango, andava via e la gente rimasta prendeva a commentare sul come avesse conseguito la laurea. I maldicenti, fra una risata e l’altra, asserivano, con illuminata certezza, che la laurea in ingegneria l’avesse conseguita comprandosi le materie all’università La Sapienza di Roma. Aquilino osservava i maldicenti con biasimo ma, allo stesso tempo nutriva una certa invidia per la serenità che traspariva dai loro volti.
A una certa distanza, entro il limite che permetteva agli occhi di cogliere le varie sfumature dei colori delle vesti, un gruppo di bambine gironzolava tra la gente per chiedere l’elemosina. Fra loro vi era una che si distingueva per i capelli color delle spighe del grano maturo. Il gruppetto attirò l’attenzione di Aquilino, che ne seguì i movimenti: si muovevano con l’energia che le veniva dalla spensieratezza della fanciullezza: danzavano saltellando come i cerbiatti nei verdi spazi della foresta. Finito di chiedere la questua alle persone che sostavano nella piazza e ai vari bottegai, il gruppetto delle zingarelle mosse verso di loro.
Aquilino notò che la bambina dai capelli color dell’oro era quella che beneficiava di più della generosità della gente. Le bambine, giunte a pochi passi dal gruppo di Aquilino, si fermarono un attimo a osservarli. Aquilino ebbe la sensazione che li stessero studiando per capire l’attimo in cui iniziare a chiedere quello per cui andavano in giro per il paese. I colori sgargianti delle loro vesti inducevano alla distrazione, quindi le persone divenivano più disponibili emotivamente. Allungarono le loro manine e tutti regalarono loro delle monetine che avevano in tasca. Aquilino porse alla bimba bionda due foglietti da mille lire. Alla vista il volto della piccola s’illuminò e Aquilino le concesse un sorriso mentre con la mano le accarezzò il capo. Assolto il proprio compito, le piccole creature mossero i lori agili passi verso i restanti negozietti le cui vetrine si affacciavano sulla piazza di forma rettangolare il cui lato lungo era rivolto verso il monte Pollino. Nella memoria di Aquilino iniziarono lentamente a prendere forma alcune immagini drammatiche di un tragico evento risalente a sei anni prima. Un lampo di luce squarciò le tenebre del cosciente, tanto che prese forma il volto di una mamma disperata cui era stata sottratta la bambina che dormiva nella carrozzina, mentre lei era intenta a fare la spesa nel supermercato. Il grido straziante di quella madre lo accompagnò per lungo tempo.
La vista della zingarella bionda fu come l’apparizione di un fantasma venuto dal passato, proponendogli quei terribili momenti. Mentre Aquilino muoveva il passo verso casa, spinto da una forza irrefrenabile, cambiò idea e fece ritorno verso gli amici che sostavano nello stesso posto in cui li aveva lasciati a discutere del più e del meno.

Continua…

Foto: italiachiamaitalia.it


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